lunes, 10 de mayo de 2010

Sudamerica: Venezuela seconda economia della regione

Attilio Folliero e Cecilia Laya, Caracas 10/05/2010 - Aggiornato 13/05/2010 e 21/05/2010


E’ ufficiale: nel 2009 il PIL del Venezuela ha superato quello dell’Argentina. Secondo i dati, recentemente pubblicati dal Fondo Monetario Internazionale (1), nel 2009 il PIL del Venezuela è stato di 337,30 miliardi di dollari, contro i 310,07 miliardi del PIL dell’Argentina. 

E’ la prima volta che il Venezuela supera l’Argentina ed è la prima volta che si ritrova ad essere la seconda economia dell’America del sud. Di seguito proponiamo il grafico dell'andamento del PIL dell'Argentina e del Venezuela negli ultimi 30 anni (1980-2009).


La crescita del Venezuela in questi ultimi anni è stata poderosa, se si pensa che solamente nel 1996 era la quinta economia della regione dopo Brasile, Argentina, Colombia e Cile. Nella tabella seguente riportiamo per i vari stati che conformano l'America del Sud, oggi riuniti nell'UNASUR, i dati del PIL, del PIL Pro capite, della popolazione nel 1996 e nel 2009 e le rispettive variazioni percentuali intercorse nel periodo.


Come si osserva, il Venezuela è lo stato della regione che cresce in maniera più sostenuta, sia per quanto riguarda il PIL (+378%), che il PIL Pro capite (+273%). Inoltre, cresce il peso della sua economia nella regione: nel 1996 l'economia venezuelana rappresentava il 4,75% della economia totale della regione; oggi è arrivata ad 11,77%. Il Brasile rimane la prima economia della regione, anche se diminuisce leggermente il suo peso all'interno della regione.


Se consideriamo il PIL pro capite, i venezuelani sono di gran lunga i più ricchi dell’America del sud con 11.789 dollari annui a testa; seguono i cileni con 9.525 dollari, gli uruguaiani con 9.425, i brasiliani con 8.220 e gli argentini con 7.725 dollari. I più poveri sono in assoluto i boliviani con solamente 1.723 dollari di PIL Pro capite annuo.


Dunque, per la prima volta il PIL del Venezuela è superiore a quello dell’Argentina. Ricordiamo che l’Argentina, per i primi cinquant’anni del XX secolo è stato il paese più ricco dell’America del Sud, anzi di tutta l’America Latina. Nel 1950 è superata, per PIL, dal Brasile; nel 1959 è superata dal Messico ed oggi, per la prima volta è superata anche dal Venezuela, che diventa così la seconda economia della regione.

Il Venezuela, fino alla scoperta del petrolio, è sempre stato un paese più povero rispetto a Uruguay, Argentina e Cile, di gran lunga i paesi più ricchi dell’America del Sud. Ancora nel 1920, il reddito pro capite di questi tre paesi era praticamente il triplo di quello del Venezuela. Ma già nel 1930 la differenza è quasi del tutto annullata ed a partire dal 1938 il Venezuela diventa il paese col PIL pro capite più alto dell’America del Sud.

Il petrolio ha letteralmente trasformato il paese, a partire dal 1914, anno in cui si è cominciato a sfruttarlo. Nel 1929, solamente quindici anni dopo, il Venezuela diventa il secondo produttore mondiale dopo gli USA e primo paese esportatore. Per oltre 40 anni, fino agli inizi degli anni settanta, il Venezuela è il primo paese esportatore di petrolio al mondo. Il grande impulso allo sviluppo del paese arriva con la seconda guerra mondiale, durante la quale fornisce il 60% della domanda petrolifera delle forze alleate.

Grazie al petrolio, dunque nel secondo dopoguerra il Venezuela diventa uno dei paesi col più alto PIL pro capite del mondo. Nel biennio 1948-1949 il Venezuela ha il terzo PIL pro capite al mondo, a ridosso di Usa e Svizzera. Per tutto il corso degli anni cinquanta e sessanta è tra i primi dieci paesi del mondo sempre per quanto riguarda il PIL pro capite.

Negli anni settanta, con la nazionalizzazione dell’industria petrolifera, avvenuta il primo gennaio del 1976 e la creazione di PDVSA, l’impresa petrolifera nazionale, si genera una situazione paradossale: agli enormi ingressi petroliferi non corrisponde un adeguamento dell’apparato produttivo e per conseguenza si genera una grande inflazione, che porta ad una ingente fuga di capitali. Tutta l’economia del paese ruota attorno al petrolio, ma quando nel corso degli anni ottanta cadono i prezzi di questa materia prima, i governi di turno si ritrovano con grossi problemi finanziari e cominciano a ricorrere al debito estero. Nel 1983 il governo, presieduto da Luis Herrera Campis, per far fronte alla enorme fuga di capitali decide di instaurare nel paese uno stretto controllo cambiario, accompagnato da una forte svalutazione (100%) della moneta locale rispetto al dollaro (il famoso venerdì nero del 18/02/1983).

La situazione del paese precipita. Il ricorso al debito estero ed al FMI determina l’implementazione, nel 1989, di una rigida politica neoliberale da parte del presidente Carlos Andres Perez. Il “pacchettazzo” neoliberale si caratterizza per la liberalizzazione dei prezzi di tutti i beni e servizi, compresi quelli di prima necessità; riduzione dei salari; smantellamento di tutto lo stato assistenziale e privatizzazione di tutto quanto è possibile privatizzare, compresi sanità ed istruzione, oltre alle principali imprese del paese. Anche PDVSA, la più importante impresa del paese, con la cosiddetta politica di apertura petrolifera, si avvia verso la privatizzazione.

La povertà nel paese aumenta rapidamente ed alla fine degli anni ottanta, l’80% della popolazione venezuelana vive in povertà ed oltre il 40% in povertà estrema. L’esplosione sociale era inevitabile: il 27 febbraio del 1989 a Caracas e nelle principali città del paese scoppiano le proteste popolari, che vengono immediatamente represse dalle forze di polizia e dai militari. Il bilancio è drammatico con un numero imprecisato di morti, che però assomma a varie migliaia.

Il malcontento si propaga anche alle forze militari, in particolare alla truppa ed ai sottufficiali, che per ordine dall’alto sono stati costretti a compiere il massacro del 27 e 28 febbraio 1989. Il malcontento all’interno della truppa sfocia nella ribellione del 4 febbraio del 1992, quando un gruppo di militari capeggiati da Hugo Chávez tenta di rovesciare il presidente Carlos Andres Perez. Il tentativo fallisce ed i militari ribelli finiscono in carcere. A novembre dello stesso anno, vi è una nuova ribellione militare, che ugualmente fallisce. La società è ormai scossa ed il paese appoggia i militari ribelli, che nel frattempo sono condannati ad un lungo periodo di detenzione.

La situazione economica del paese continua a precipitare e la crisi bancaria del 1994 da il colpo di grazia al sistema ed al governo, che alla fine cade sotto il peso della corruzione. L’intera classe politica è spazzata via ed il nuovo presidente, Rafael Caldera, viene eletto sulla base della promessa di concedere l’indulto ai militari ribelli.

Il neoeletto presidente mantiene la promessa elettorale ed i militari ribelli escono dal carcere. Hugo Chávez, il tenente colonnello a capo della prima rivolta militare, cosciente di godere di un grande appoggio popolare decide di fondare un Movimento politico e si presenta alle successive elezioni presidenziali del 1998. Vince ed il 2 febbraio del 1999 diventa presidente. Con l’avvento di Chávez alla presidenza, la storia del Venezuela cambia radicalmente, fino a diventare oggi, secondo i dati pubblicati dal FMI a fine aprile, la seconda economia della regione, dopo il Brasile.

In questo decennio (1999-2009) le politiche del nuovo governo hanno imposto una maggiore presenza dello stato nella sfera economica ed i principi basilari della nuova politica sono l'accesso gratuito per tutti alla sanità ed alla istruzione educazione. In sostanza le politiche del nuovo governo tendono ad assicurare una maggiore e più equa redistribuzione della ingente ricchezza nazionale fra tutte le classi sociali.

Sono queste le politiche che stanno determinando il successo del paese, che si avvia al ruolo di potenza regionale. Il Venezuela principale riserva di prodotti energetici della regione, oltre che di numerose altre materia prime di cui è ricco il sottosuolo, sul piano internazionale è fortemente impegnato in una politica di integrazione, cosciente che l’unione di tutti i paesi della regione (con la speranza di coinvolgere tutti i paesi dell’emisfero, dal Messico alla Patagonia) possa determinare benefici per tutti. 

Nota 

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