martes, 18 de marzo de 2014

Golpe Ucraina: Crimea con la Russia, implosione nazionale

Tito Pulsinelli, Selvas, 17/03/2014

Limiti del trionfalismo USA, miopia dell'entità-UE


Tito Pulsinelli La Russia si è assicurata la Crimea e gli Stati Uniti hanno messo sullo scanno presidenziale un uomo di paglia che non controlla l'Ucraina. Ha innescato una reazione a catena in cui la frammentazione territoriale modificherà frontiere, economia e geopolitica. Odessa e Donetsk, la zona orientale e meridionale, con le miniere, complessi siderurgici, industrie e agroalimentari (qui)-nocciolo duro dell'economia nazionale- non potranno sfuggire all'attrazione gravitazionale esercitata dalla Crimea. Non si tratta solo di una questione di identità culturale, religiosa o linguistica -che comunque non è poca cosa- ma dei legami con la Russia come mercato naturale e storico delle esportazioni ucraniane. E' questione di una recente appartenenza all'universo che ha Mosca come epicentro, vista come un'opzione preferibile alle forche caudine prospettate dalla UE e alle incertezze del suo neoliberismo predatore.

Il golpe prolungato della Casa Bianca, una volta in più dimostra che forzare illegalmente il “regime change”, con l'obligatoria alleanza con la feccia politica (1) e con le oligarchie più retrive, non garantisce il controllo pieno di una nazione. La prevedibilità dovuta alla reiterata e meccanica applicazione del manuale operativo "ingerenzista", con l'aggiunta dell'uso più intensivo dell'arsenale mediatico, è insufficiente. Stride con la lucidità del Cremlino che si assicura senza colpo ferire quel che gli stava più a cuore. Risalta l'inerzia opaca e la subordinazione della vassalla dirigenza dell'UE. Svanisce il miraggio di “invadere un mercato” di 40 milioni di persone, poche settimane dopo aver fatto la voce grossa contro Yanukovich, con velleitari diktat a un presidente legittimo.



Oggi, il traballante fantoccio occidentale Arseniy Yatsenyuk (qui), che non regna nè governa, è sorretto da un contingente di mercenari Blackwater e dalla minaccia di sanzioni anti-russe, agitate come uno spauracchio, incoerente o autolesionista. Nessuno ha scordato che gli USA e UE, furono promotori attivi del separatismo imposto dalla NATO che smembrò la Yugoslavia. Come la metteranno con gli applausi del 17 febbraio del 2008 al separatismo del Kosovo che proclamò unilateralemente la sua independenza dalla Serbia? Dopo il Sud Sudan, stanno impugnando un'arma spuntata che farà cilecca. Hanno perso ogni credibilità.



Sanzioni contro Mosca


La Russia può replicare all'arma economica con un'ampio ventaglio di risposte, proporzionali e simmetriche. L'esclusione dal G7 è cosa trascurabile poichè da tempo sono ex-7-grandi, vista l'assenza della Cina o la presenza dell'Italia, del Regno Unito e Francia in  picchiata. Putin esige da Kiev il pagamento della fattura arretrata del gas (1,2 miliardi di dollari) o immediata sospensione parziale delle forniture ai golpisti,  che stanno violando i diritti civili e umani dei russofoni e russofili.


In nessun caso permetterà l'istallazione di basi della NATO o USA senza intervenire sulle forniture dell'oleodotto che alimenta l'Europa meridionale. Ai fantocci di Kiev e agli oligarchi sionisti istallati come governatori delle “zone ricche” russofone, verrebbe a mancare un gettito fiscale considerevole.



Putin aveva offerto all'Ucraina 12 miliardi di dollari, l'UE solo vaghe promesse a futuro e un immediato restyling oneroso dell'economia. Dopo l'arrivo negli USA dei lingotti della riserva monetaria, Obama elargisce 1 miliardo che in realtà esce dalle casse del FMI. Viene accompagnato dalla lista della spesa, vale a dire i comparti da svendere alle banche e multinazionali anglosassoni. In pratica, hanno investito molto di più per demolire l'Ucraina e affondare un governo a fine mandato. Appena 24 ore dopo la firma di un accordo che prevedeva l'anticipazione delle elezioni, c'è stato il finale con il tiro libero dei cecchini  sui manifestanti e poliziotti (qui) e (qui)





Il cinismo di Washington è senza frontiere, consapevole che il danno maggiore ricadrebbe sull'UE con la perdita delle esportazioni all'immenso mercato russo, vitali in tempi di crisi. A parte Berlino, rifornita direttamente dalla costa russa con l'oleodotto North Stream che attraversa il mar Baltico, nel resto d'Europa sarebbe a rischio la stabilità energetica. Si dovranno trovare in fretta nuovi fornitori che rimpiazzino i 5 milioni di barili e il 40% del gas provenienti dalla Russia. L'ingovernabilità della Libia “democratizzata” dalla NATO, alle prese con una guerra civile permanente, e il Mediterraneo solcato sempre più da navi da guerra, non garantiscono la continuità delle forniture.



Contro-sanzioni




Gli occidentali non hanno i soldi per una guerra alla Russia, in ogni caso l'UE non può permettere di farsi coinvolgere ulteriormente in velleitarie sanzioni, stavolta antirusse. La Georgia fu abbandonata al suo destino dopo l'improvvida guerra contro l'Ossetia e Abkazia, fermata in secco dai russi.

 Il Cremlino dimostra che dispone di due mosse in più sullo scacchiere rispetto al prevedibile copione del Pentagono e vassalli. La subordinata UE sembra giocare a mosca cieca. Il 6 marzo, la banca centrale russa rimpatriò immediatamente varie decine di miliardi di dollari depositati nelle banche nordamericane o li spostò verso i paradisi fiscali (2).  Fino allo scorso settembre, i depositi della Russia nelle banche di 44 paesi occidentali ammontava a 160 miliardi di dollari, mentre 24 paesi hanno depositi per 242 miliardi nel sistema bancario russo (3). La Francia ben 50 miliardi e gli USA 35 miliardi. Chi danneggia chi?

Rinuncia al dollaro a favore d'altre monete e creazione di un proprio sistema di pagamenti, è lo scenario ventilato da Sergei Glaziev, consigliere del presidente Putin. Nell'immediato, Master Card, Visa e tutte le carte di credito verrebbero estromesse dalla Federazione Russa. Sarà un propellente per una nuova moneta comune all'area del BRICS, o per un paniere costituito da monete nazionali e materie prime. Se il sostegno al governo de facto di Kiev porta a vie di fatto di tipo finanziario e commerciale, si rinsalderà la complementarietà del BRICS e dei suoi stretti alleati (Iran, Venezuela). Con provvedimenti convergenti verso la s-dollarizzazione del petrolio e accorciare i tempi del varo della Opec del gas. In ogni caso, vi sarà la moltiplicazione degli scambi in valuta nazionale, già in corso. 


Fallisce Bis a Caracas

E' da ricordare che mentre i cecchini spianavano la strada al golpista Yatsenyuk, simultaneamente i suoi sponsor innescarono la destabilizzazione del Venezuela, con l'obiettivo di estromettere il presidente Maduro, eletto appena un anno fa. Washington toglie la museruola all'estremismo di destra più radicale e ultraminoritario, infarcito con narco-paramilitares colombiani, e vende al mondo una "rivolta dei quartieri residenziali" (qui) come una "guerra civile in sviluppo" da evitare ad ogni costo. La mossa del Pentagono fallisce, così pure i tentativi di trovare fiancheggiatori per l'ingerenza in Venezuela. L'Unasur e 29 su 32 paesi latino-americani appoggiano il Venezuela. Gli USA sono soli. Vengono allo scoperto le sue consuetudinarie manovre illegali, che stavolta mostrano un certo affanno per contrastare il declino egemonico, però con mezzi inappropriate e narrative obsolete.




(1) Oscurantismo dei Fratelli Musulmani in Egitto, alqaedisti in Siria, nazisti in Ucrania, destra razzista e neocoloniale in Venezuela


(2) giornale economico francese Challenge, 7 marzo 2014


(3) Agenzia Bloomberg,7 mars 2014
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