viernes, 13 de noviembre de 2015

Europa: Inconsistenza e subalternità della "sinistra neoliberista"

Tito Pulsinelli, 20/10/2015

Fonte: Selvas

Quel che ancora viene definita "sinistra" è tale solo perchè è una delle due ali del volatile predatore neoliberista. In realtà è un'unghia incarnata nel sistema reale di potere, nella fase finale in cui l'elite globalista tenta di annettersi quel che rimane della biodiversità naturale e umana.

L'ala mancina, in staffetta con la "concorrenza" dell'altro lato del marciapiede, dapprima subì e poi fece propria l'ultima ideologia totalitaria in circolazione, mantenuta in ibernazione. In nome del liberismo ha sacrificato lo Stato-sociale, ha cancellato i diritti collettivi per sostituirli con quelli individuali, ha privilegiato la banca sul lavoro e le ragioni dei grossisti del denaro contro i diritti sociali delle maggioranze e delle genti.


Con cieco furore applaude o opera per  l'azzeramento dell'identità di classe e di quella nazionale. Attenta contro le condizioni di riproduzione della socialità primaria  basata sulla famiglia, e ora porta la stoccata persino contro l'identità soggettiva: nè maschi, nè femmine, ma genere indifferenziato.

Tra le macerie mentali della "sinistra" liberista vegeta un demone redivivo: l'Europa -vale a dire il transumante ceto politico auto-eletto che vaga tra Bruxelles e Francoforte- è una meta comunque superiore, sempre positiva. Poco importa che sia diventata la clava brandita da un regime oscurantista, o che la Commissione+BCE sia l'espressione organica degli obiettivi di Goldman Sachs.

Molti croupiers che tirano i fili della finanza-casinò provengono da quel bassifondo. Così pure molti dei  plenipotenziari economici "comunitari", attinti preferibilmente nei Paesi luterani nordici, satelliti della Germania. Per tacere dei notabili dei governi designati illegalmente dopo teatrali golpes mediatici, provenienti preferibilmente dalle scuderie finanzirie dell'asse Washington-Tel Aviv.

Gli "Europa-comunque", costi quel che costi, di fatto sono passacarte che traducono agli idiomi nazionali i desiderata dei restauratori dell'usura. Riassumubili così: più ignoranza, meno salute, guerra tra poveri, più mortalità (civile e bellica). Il vassallaggio agli USA ha superato pure la prova maschia delle prefabbricate ondate forzate di sfollati dai teatri di invasione afgano e iraqeno, e dalle guerre civili trapiantate in Libia e Siria. Cornuti e mazziati, e continueranno a versare risorse sostanziose all'industria militare USA per girarli alla NATO!

Un polo europeo, equidistante, complementario, capace di guardare non solo all'Atlantico ma anche il resto dell'orizzonte, è indispensabile per il nuovo equilibrio geopolitico emergente. Necessario per riavviare una vera economia produttiva, in cui il lavoro e le imprese nazionali siano protagonisti. Senza di esso non si salva la pace, e agli anglosassoni riuscirà di combattere un'altra guerra in territorio continentale.  Mentre sul futuro europeo permane  una nube nera: incombe la mannaia degli infami trattati di libero commercio trans-atlantico.Questo, non altro, è il pericolo maggiore da sventare, e ciò impone di sommare forze e articolare il rigetto in spazi più ampi.

Contro il nemico principale comune è giocoforza accantonare le differenze immaginarie e schierarsi: con l'estremismo liberista guerrafondaio o con il campo pluralista tradizionalista. Con l'espansionismo unidimensionale pseudo-modenista o con la pluripolarità di chi gli resiste. Il colpetto al cerchio unipolare e la mazzata alla botte popolare-cari alla signora Merkel- non sono idonei per una nuova rotta europea che -ora più che mai-  non è un sinonimo di Unione Europea (UE). Subalternità che conferma l'incapacità della Germania ad un ruolo egemonico che non sia interno alla sola dimensione economica. Ancora uno sforzo per essere europeisti per davvero!

L'euro è diventato il  feticcio cui rendono culto solo i conservatori e difensori dello status quo. Molte monete e molta acqua passarono sopra e sotto i ponti della storia, e la vita, i popoli e le identità perdurano più a lungo dei millenarismi o degli universalismi raffazzonati "alla liberista".

In Argentina non sarebbero accadute ribellioni sociali massive, e quindi non esisterebbe oggi il post-neoliberismo reale, se i nuovi gruppi dirigenti e le genti si fossero bloccati di fronte alla parità cambiaria peso-dollaro allora vigente. In Ecuador comanderebbero ancora quelli che abolirono la moneta nazionale rimpiazzandola con il dollaro. Tuttora vigente, ma questo non ha impedito la nazionalizzazione effettiva del petrolio, sospendere il pagamento. rinegoziare e ridurre il debito estero.

Con i Tsypras e gli sbiaditi epigoni, era impossibile stabilire il principio aureo che l'ammontare dei rimborsi sul debito non può mai superare il tasso di crescita effettivo nazionale. Anche i sicari della Troika conoscono e apprezzano la genetica subalternità degli "Europa comunque". Infatti decretarono senza scomporsi la serrata ad oltranza delle banche greche, per debellare ogni velleità scaturita dal referendum e mettere manette e museruola a Syriza. Si tratta di un crimine pianificato a freddo, Bombe finanziarie peggiori di quelle lanciate dagli aerei sulla popolazione civile delle nazioni da punire.

La Grecia dimostra che persino le maggioranze elettorali sono insufficienti per frenare e risalire la china o correggere politiche apertamente favorevoli a una sola parte. Soprattutto quando è stata lasciata nell'isolamento e senza alcun sostegno veridico. Sola e -per di più- nelle mani di un governo mentalmente "Bruxelles-dipendente", che ha preferito ignorare olimpicamente il sostegno scaturito da un referendum. Nel futuro imminente, rischiano di provocare meno impatto altre vicende elettorali in cui sinistra-liberista o sovranisti (Francia),  per poter governare saranno obbligati a conformare coalizioni parlamentari spurie, vale a dire diluirsi nella palude.

La lezione principale estraibile dal post-neoliberismo sudamericano è che scaturì da cicli di lotta dilaganti, sovranazionali, contro politiche specifiche del FMI (privatizzazione del gas, dell'acqua, telefonia, scuola, contro l'abolizione dei sussidi ecc.). Le forze sociali dell'equità e della sovranità avversavano tutti i partiti, ritenendoli indistintamente complici del medesimo disegno criminoso globalista, Al calore di una offensiva trasversale e di base, si formarono reti d'azione anti-liberiste. Caddero molti governi tra Buenos Aires, La Paz e Quito, vari presidenti fuggirono.

Solamente dopo un decennio di scossoni tellurici che incrinarono le istituzioni oligarchiche, queste alleanze sociali approdarono alla formazione di nuovi movimenti politici. La battaglia elettorale fu una conseguenza naturale -non preambolo, non manovrette di corridoio-- di una strategia in cui i movimenti sociali sono tuttora l'asse portante. Divenuti governo, sono una delle ganasce della morsa per resistere le destabilizzazioni interne o quelle "dirittoumaniste" fomentate dall'esterno.

Prima lottare e vincere, poi si passa all'incasso e si va al voto.
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