viernes, 15 de julio de 2016

UE: troppi nemici, nessun onore

Tito Pulsinelli, Selvas, 12/07/2016

Che senso ha un "polo europeo" se è passivo e subalterno? 

L'elite britannica è avanti di un decennio rispetto ai yesman che mantengono sotto occupazione le istituzioni sovranazionali europee, concepite dall'origine come risorse appartenenti a Goldman Sachs, Wall Street e Pentagono. A Londra guardano avanti, oltre l'UE, oltre il Regno Unito ed agiscono di già come forza che ha varcato la soglia dell'unipolarismo. Ripartono puntando sulla fortezza finanziaria della City, con le mani libere, consapevoli del suo potere storico. Ha già sottoscritto con la Cina il patto sul nuovo yuan basato sull'oro e sull'economia reale. Cosa per nulla gradita a Washington, che ha inasprito le relazioni bilaterali. Il siluro contro Blair significa distanziamento dal passato più compromettente.

Il velleitario Juncker, capo dei "commissari", inutile manifesto ambulante dell'arroganza, è incapace di nascondere il vuoto con i soliti bluff. Minaccia le dieci piaghe d'Egitto contro i popoli d'oltre Manica, dimentico che costoro possiedono una rilevante -14%?- quota di minoranza del banco centrale europeo (BCE).

L'UE si infrange su due scogli ormai impossibili da aggirare: l'estremismo liberista all'interno e l'unipolarismo atlantista sul proscenio internazionale. In altre parole, boccheggia l'opzione preferenziale per i banchieri, perchè accelera l'eutanasia della residuale democrazia. Scricchiola l'integralismo che fa dell'economia -al pari della chimica o della fisica- una scienza univoca e imperativa.

La promozione del potere de facto del tribalismo finanziario, ha oltrepassato la barriera della subalternità all'ex prima economia del mondo, e si appresta a facilitare una inerte sussunzione. Entra in crisi un "patto di sangue" tra gruppi dirigenti  globalisti, siglato in nome d'un destino comune, oggi  obsoleto. Questi "ubermenschen", autoconvinti d'una propria irresistibile superiorità innata, stanno legittimando anche la militarizzazione accelerata delle relazioni internazionali. Più che la ratio prevale il masochismo.

Che senso ha un "blocco europeo" se non ha diritto a una moneta vera? Senza una politica internazionale autonoma e coerente? E con una di forza militare dissuasiva agli ordini di generali oltreAtlantici? Fedeltà a un'alleanza, passività strategica, è cosa assai diversa dall'attuale complicità nelle avventure fallimentari in Afganistan, Irak, Libia, Yemen, Siria, Ucraina. Per tacere sull'autogol irresponsabile contro la Yugoslavia che ha dato alla NATO l'avallo a poter bombardare anche le capitali dell'Europa.


Puttaneggiare con politiche che si riducono ad esportare il proprio debito, moltiplicare e aggravare i problemi, piuttosto che contribuire a risolverli, è un'attitudine autolesionista. Fiancheggiare e facilitare le destabilizzazioni, embarghi, boicottaggi, è miope servilismo. Svezzare la delinquenza politica o pseudoreligiosa per ricavarne "terroristi buoni"  per l'innesco di guerre civili contro Stati plurinazionali, multietnici e multireligiosi non dà diritto a lagnarsi delle conseguenze. Gli "ubermenschen" neliberisti insistono a definire migrazioni economiche dei veri e propri esodi programmati a tavolino. Però gli USA, al riparo dei due oceani, rimangono irraggiungibili agli esodi prefabbricati. 

Wolfgang Schäuble, kaiser politico delle finanze germaniche, si spinge ben oltre l'ideologia in voga tendente a negare ogni differenza etnica, culturale o di genere. Per lui, la crisi demografica del vecchio continente, afflitto da un "depotenziomento" di natura imprecisata, giustifica l'importazione di manodopera disperata. Si sa, l'economia deve dirigere tutto. A Berlino, sembra che abbiano modernizzato la fede nell'eugenetica, un tempo cara solo alle aristocrazie. In ogni caso, per il turgido vigore del capitale, hanno diritto di decidere solo Wolfgang e i suoi epigoni. Non i popoli, non gli elettori, non i disoccupati.

L'eclisse delle ideologie fondate sulla razza, sulla classe, sull'espansione territoriale, non ha risparmiato neppure quella ancorata sull'apologia dell'individualismo, approdata con il neoliberismo all'atomizzazione sociale e al dispotismo economico. Gli USA, non nazione, non Stato federale, non democrazia rappresentativa, è stato ridotto dall'oligarchia finanziaria a sua piattafiorma territoriale e centro operativo.  Comandano i signori del denaro fittizio: il potere politico è da sempre succube di quello finanziario. La plebe  è vittima di una parossistica gerarchizzazione sociale e dell'invariata politica di selezione e differenziazione razziale. Non ha mai sottoscritto nessuno trattato internazionale, però pretende che tutti gli altri li rispettino alla lettera-

L'UE è un progetto geopolitico made in USA che fa il paio con il concetto di "atlantismo", però l'asse principale si è spostato all'est. L'Europa è pluralismo umanista, antitesi del triplice  fondamentalismo paleocristiano, massonico e sionista  imperante nell'ex colonia britannica. Gli "Stati Uniti d'Europa", come enclave territoriale ed economica con capitale a Washington, è ormai fuori della portata degli "ubermenschen" globalisti. C'è spaccatura nei vertici di Washington, e la frammentazione attraversa settori vitali.

Sono noti i pronunciamientos di vari generali  nordamericani d'alto rango, più discrete le discrepanze tra gli espansionisti globalisti e chi cerca un nuovo equilibrio con gli altri poli egemonici. Si danno colpi bassi i difensori del "dollarocentrismo" ad oltranza e i fautori di un`egemonia relativa basata su più segni monetari. E' finita la rendita di posizione strappata a Bretton Woods e non basta una NATO -sia purte in salsa  "baltica"- per continuare a dominare il mondo come ai tempi di Yalta. Più giù, ci sono i 400 sindaci di altrettante città con più di trentamila abitanti, che invocano di risolvere finalmente i poblemi interni. Meno "esportazioni di democrazia" e più progetti civili, meno spese militari e più investimenti sul territorio. Mentre sullo sfondo rintocca la campana delle latenti e incipienti ribellioni etniche...

L'unipolarismo sta cedendo il passo al nuovo sistema multicentrico. Il mondo multipolare ha bisogno di un "polo europeo" sovrano e plurale. All'Europa è indispensabile il multipolarismo, se vuole recuperare la sua funzione storica, lo sviluppo con equità, coesione sociale e coperazione pacifica. Deve sbarazzarsi di un gruppo dirigente che -come il lussemburghese Juncker- non vede che l'arcobaleno multipolare raccoglie il 45% della popolazione del pianeta, il 25% del PIB mondiale e il 64% del territorio d'Eurasia. Questo è il nuovo e irrerersibile asse gravitazionale

Tollerare chi irride i referendum è una vergogna senza giustificazione. Quelli che per garantirsi risultati favorevoli, vorrebbero restringere con pretesti anagrafici o catastali l'esercizio del voto, sono gli stessi cinici che ieri predicavano sull'essenza della democrazia come possibilità di cambiare opinione.
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