sábado, 29 de septiembre de 2001

Il Venezuela di Hugo Chávez. Intervista all’economista Cecilia Laya sulla situazione del Venezuela

Attilio Folliero, Roma, 29/09/2001

Cecilia Laya a Piazza del Popolo, a Roma
L’economista venezuelana Cecilia Laya è in Italia, per una visita privata. Ne approfittiamo per intervistarla sulla situazione politica del suo paese, il Venezuela tra le mete principali dell’emigrazione italiana negli anni cinquanta e sessanta ed oggi quasi sconosciuto a noi italiani. 

L’incontro si svolge a Roma, durante il corteo di Rifondazione Comunista contro la guerra. La venezuelana partecipa al corteo ed è positivamente impressionata dagli slogan tipo “Un altro mondo è possibile” e “Hasta la victoria siempre”, slogan che - confessa la venezuelana - sono molto sentiti nel suo paese. Anche la presenza di un rappresentante dell’OLP accanto a Fausto Bertinotti, segretario del partito, in testa al corteo, è motivo di stupore. L’intervista, però è tutta incentrata sulla situazione venezuelana.

Cecilia Laya alla "Manifestazione contro la guerra" di Rifondazione Comunista (Roma 29/09/2001)

Attilio Folliero: Prima di tutto vorrei chiederle un breve sunto della storia recente del Venezuela, che sappiamo essere stato sconvolto nel 1989 da una rivolta popolare, scoppiata a Caracas e duramente repressa dall’esercito. La repressione costò la vita a qualche migliaio di persone; poi, nel 1992 una ribellione militare da parte di un militare di nome Hugo Chávez, che prima finisce in carcere, e poi, nel 1998 è eletto Presidente della Repubblica. Ci può illustrare meglio questi avvenimenti?

Cecilia Laya: Per capire la storia recente del Venezuela e gli avvenimenti che ha illustrato è necessario andare più indietro negli anni. Pochi giorni fa, esattamente il 20 settembre, è morto in Spagna Marcos Pérez Jiménez, dove era rifugiato dal 1958. Per capire gli avvenimenti odierni del Venezuela è necessario partire proprio dalla caduta della dittatura di Marcos Pérez Jiménez, avvenuta il 23 gennaio del 1958. Quando cade quest’ultima dittatura, il paese sembrava avviarsi verso la democrazia. Nel 1959 Romulo Betancourt è eletto Presidente della Repubblica, in elezioni apparentemente libere e democratiche; nel 1961 è approvata la nuova costituzione democratica, con la quale sorge ufficialmente la cosiddetta “Quarta Repubblica”. Questa Quarta Repubblica durerà fino allo scorso anno, quando entra in vigore la nuova costituzione voluta da Hugo Chávez; con questa nuova costituzione si entra ufficialmente nella Quinta Repubblica. La Quarta Repubblica è un ennesimo periodo oscuro della storia venezuelana, alla cui base c’è il cosiddetto Patto di “Punto Fijo”.

AF: Che cos’è il “Patto di Punto Fijo”?

CL: Il Patto di “Punto Fijo” fu un accordo tra i partiti venezuelani “Azione democratica”, “COPEI” e “Unione repubblicana Democratica”, partiti espressione della oligarchia dominante, siglato nel 1958, pochi mesi dopo la caduta della dittatura (Ndr: per l’esattezza l'accordo è del 31/10/1958).

AF: Un nome curioso! Che significò questo accordo per il Venezuela?

CL: Il curioso nome deriva dal luogo a Caracas, in cui fu firmato l’accordo, ossia la casa di uno dei firmatari, tale Rafael Caldera, futuro Presidente della Repubblica, che si chiamava appunto “Residenza Funto Fijo”. Di là del nome, con quest’accordo si sancì la spartizione del potere da parte dei due principali partiti: Azione Democratica e Copei; di fatto si alternarono al potere per i successivi quarant’anni, fino all’avvento di Chávez. In politica estera significò appoggio incondizionato agli Stati Uniti ed alle multinazionali delle materie prime, su tutte il petrolio. I firmatari consegnarono le risorse del paese alle multinazionali ed agli USA, in cambio ricevettero appoggio incondizionato per mantenersi al potere. Ogni sorta di opposizione democratica fu stroncata e l’opposizione fu costretta ad imbracciare le armi e passare alla clandestinità; sorse in questo periodo la guerriglia e la figura dei “desaparecidos”. Venezuela fu il primo paese dell’America Latina a conoscere la sparizione, l’eliminazione fisica dell’avversario politico. Sul piano sociale, mentre i proventi delle enormi ricchezze del paese finivano nelle tasche di una ristretta oligarchia, la maggioranza del popolo era sempre più spinta verso la miseria. Il giorno in cui il potere politico implementa gli strumenti di politica economica, dettati dal FMI, il Fondo Monetario Internazionale, la situazione esplode. Pur trovandoci di fronte ad uno dei paesi più ricchi di risorse al mondo, svendute alle multinazionali a prezzi irrisori, il Venezuela si vede costretto a chiedere prestiti al FMI. Il Fondo Monetario Internazionale presta soldi, ma a cambio chiede l’implementazione di politiche neoliberali tendenti a liberalizzare i prezzi di tutti i servizi, anche di quelli pubblici ed essenziali, rimanendone esclusi solo pochissimi prodotti dell’alimentazione primaria, che comunque subiscono aumenti enormi, anche del 100%; a privatizzare tutte le attività economiche, anche dei servizi pubblici essenziali, come la sanità, l’educazione e le varie utenze, elettricità e telefonia. L’adozione di queste politiche selvagge e lo smantellamento totale di qualsiasi servizio assistenziale non poteva che portare ad una esplosione sociale.

AF: Il Caracazo del 1989?

CL: Esatto. Il 27 febbraio del 1989 il popolo esplode. Il popolo non aveva nessun’altra possibilità; l’esasperazione era arrivata ad un punto tale che la rivolta e l’assalto ai negozi per potersi sfamare era inevitabile.

AF: La repressione da parte del potere fu brutale. Vero? Chi è Italo del Valle Alliegro?

CL: La repressione fu brutale; l’esercito intervenne a reprimere e fece una strage. Ancora oggi a distanza di tanti anni non è possibile sapere il numero esatto dei morti, ma è certo che non furono il paio di centinaia delle cifre ufficiali. Probabilmente furono migliaia. L’alto numero di morti si spiega anche col fatto che l’esercito entrò nei quartieri più popolari e poveri di Caracas, tipo El Valle, Coche o Petare, sparando casa per casa. In quanto ad Italo del Valle Alliegro era il Ministro della Difesa dell’epoca, di origine italiana e senza ombra di dubbio uno dei principali responsabili di questo massacro, assieme al Presidente di allora Carlos Andrei Pérez, al capo dell’esercito, Jose Maria Troconis Peraza; senza dimenticare il Ministro Moisés Naím, il creatore del “pacchetto economico”.

AF: Quanto tempo dura la rivolta popolare?

CL: La rivolta popolare è stroncata rapidamente dalla repressione durissima dell’esercito e delle forze di polizia; nei primi giorni di marzo torna la calma a Caracas; la rivolta vera e propria dura due giorni, il 27 e 28 febbraio, e limitatamente ad alcune zone della città prosegue anche il primo marzo.

AF: C’è stato qualcuno che ha pagato, ossia qualcuno dei responsabili ha pagato col carcere, è finito in galera?

CL: Nessuno! Nessuno è stato incriminato; nessuno è finito in galera.

AF: Nel 1992 c’è la ribellione militare di Hugo Chávez. Perché Chávez si ribella?

CL: Va detto che nel 1992 ci furono due ribellioni civico-militari, quella del 4 febbraio di Hugo Chávez e quella del 27 novembre capeggiata da Hernán Grüber Odremán e Luis Enrique Cabrera. Il tentativo di Chávez è conseguenza della dura repressione attuata dal governo di Carlos Andres Pérez contro la popolazione inerme, che semplicemente protestava perché aveva fame. Fu il tentativo di liberarsi di un governo che si era macchiato di sangue e non dava risposte concrete ai problemi della maggioranza della popolazione; al governo non importava assolutamente niente della grave situazione di povertà in cui versava la maggioranza del popolo; al governo interessava solo pagare i debiti contratti col FMI e favorire le classi alte. Il popolo non esisteva. La ribellione di Chávez fallisce e finisce in carcere. Hugo Chávez, però, entra a pieno titolo nelle simpatie del popolo, essendo la prima volta che un militare parla a favore dei poveri e cerca di rovesciare il governo per vendicare la repressione del 27 febbraio (Caracazo). Una frase in particolare, pronunciata da Chávez mentre catturato, è portato in carcere, e trasmessa da tutte le televisioni venezuelane, lo rende famoso e popolare: “Il nostro tentativo non è riuscito, per adesso … “, una frase che arriva al popolo come segnale di speranza per il futuro. Per adesso è andata cosi, per adesso abbiamo fallito, ma ci saranno altre opportunità. Automaticamente, nell’immaginario collettivo, Hugo Chávez diventa il punto di riferimento per futuri cambiamenti e la speranza di un intero popolo.

AF: La seconda ribellione militare, quella del 27 novembre, nasce dalle stesse motivazioni?

CL: Indubbiamente anche la seconda ribellione civico-militare nasce dalle stesse motivazioni del tentativo di Chávez, ossia cercare di sostituire un governo altamente repressivo e che stava portando il paese alla deriva. A queste motivazioni si uniscono altre, dovute alla mancata risoluzione, per via istituzionale, della crisi apertasi con la ribellione di Chávez, la mancanza di volontà del governo di cambiare politica e la mancata attuazione di riforme in seno alla Forza Armata. Anche questo tentativo fallisce ed i responsabili pagano col carcere.

AF: Come prosegue la storia del Venezuela dopo le due ribellioni militari del 1992? E come evolve la situazione economica del paese?

CL: Le due ribellioni falliscono, quindi non riescono a buttare giù dal potere il presidente Carlos Andres Pérez, però lasciano il segno nella società venezuelana, che incomincia a riflettere. Nel frattempo la società venezuelana va incontro, nel 1994, ad un’altra grave crisi, la peggior crisi bancaria della sua storia.

AF: Il fallimento del Banco Latino?

CL: Non solo fallisce il Banco Latino che all’epoca era la banca più importante del Venezuela per numero di correntisti, per raccolta di denaro; fallisce la metà ed oltre delle banche del paese, assieme a numerose altre istituzioni finanziarie, come assicurazioni, finanziare, borse.

AF: Il presidente del Banco Latino, Pedro Tinoco era anche presidente del Banco Centrale? Il Banco Latino fu fondato con capitali italiani? Perché fallisce? Perché la crisi del 1994?

CL: Andiamo per ordine. Il Banco Latino venne fondato a principio degli anni cinquanta (Ndr: per l'esattezza nel 1950) per iniziativa di un gruppo di banche francesi e la Banca Commerciale Italiana e si chiamava originariamente “Banca Francese e italiana per l’America del sud”. Pedro Tinoco, che era stato in precedenza ministro nel primo governo di Rafael Caldera, assunse la presidenza del banco nel 1974 e sotto la sua gestione cambia denominazione in Banco Latino. Il Banco Latino fallisce appunto nel 1994 ed è stato liquidato appena lo scorso anno, nel 2000. Sotto la sua gestione, i vecchi azionisti fondatori vendono le ultime quote in loro possesso; la gestione diventa sempre più politicizzata e vicina agli ambienti di governo. Del Consiglio di Amministrazione faceva parte anche il fratello del Presidente della Repubblica, oltre ad altri grandi oligarchi. La banca si espande grazie alle commesse pubbliche. Dopo aver gestito il Banco Latino per una quindicina di anni, nel 1989 Pedro Tinoco è chiamato dal Presidente Carlos Andres Perez a dirigere la Banca Centrale (BCV), che inutile a dire, questo personaggio gestisce nell’esclusivo interesse dei privati, dei banchieri ed in particolare della sua banca. Durante la presidenza del BCV, il Banco Latino diventa la principale banca del Venezuela per depositi bancari.

AF: Il Banco Latino era diventata la principale banca del paese eppure fallisce. Come mai?

CL: Il Banco Latino sotto Tinoco viene gestito con criteri clientelari ed operazioni al limite della legalità e continua ad operare in modo illegale grazie alle coperture politiche di cui gode. La crisi scoppia materialmente per carenza di liquidità: i banchieri, tutti i banchieri del paese, quindi anche quelli del Banco Latino non solo utilizzavano i soldi dei correntisti per operazioni rischiose, ma li trasferivano all’estero. In sostanza avevano “rubato” i soldi dei correntisti. Ovviamente non si sa quanti soldi siano stati trasferiti illegalmente all’estero, ma è possibile che la cifra oscilli tra i 100.000 e 200.000 milioni di dollari. Questi banchieri, che meglio sarebbe chiamare ladri, delinquenti non solo rubarono i soldi dei correntisti, ma in virtù delle connessioni politiche ottennero migliaia di milioni di dollari in aiuti statali; ottennero più di 10.000 milioni di dollari. Ovviamente rubarono e portarono all’estero anche questi altri soldi. Possiamo dire che si è riusciti a scoperchiare la illegale situazione delle principali banche del paese grazie alla ribellione militare di Chávez.

AF: In che senso?

CL: La ribellione di Chávez, anche se fallisce, determina l’inizio del cambio, l'inizio di una nuova era. Il Presidente dell’epoca, Carlos Andres Perez, che non viene buttato giù né dalla prima ribellione militare di Chávez nel febbraio del 1992, né dalla seconda ribellione del novembre dello stesso anno, cade per volontà del suo stesso partito, che lo fa destituire, accusandolo di furto e truffa! Nel turbolento periodo della transizione, dopo la destituzione di Carlos Andres Perez i dirigenti del Banco Latino perdono la protezione politica di cui avevano goduto fino a quel momento. Nell'elezione presidenziale seguita alla destituzione del Presidente Carlos Andres Pérez i banchieri e quindi anche i banchieri del Banco Latino appoggiano ovviamente un candidato dell’oligarchia che però viene sconfitto da Rafael Caldera. Caldera era già stato Presidente della Repubblica fra il 1969 ed il 1974 e pur appartenendo alla vecchia oligarchia aveva deciso di correre da solo, puntando tutto sulla promessa di liberare, attraverso un indulto, Chávez e tutti i militari coinvolti nelle due ribellioni militari. Rafael Caldera, grazie a questa promessa, viene eletto Presidente nel dicembre del 1993 ed il Banco Latino perde definitivamente tutti gli appoggi di cui aveva goduto. Nel gennaio del 1994 le autorità addette alla supervisione delle banche possono finalmente intervenire e scoperchiare il marcio che regnava nel Banco Latino e nel sistema bancario venezuelano. In conclusione con la crisi bancaria falliscono il 60% delle banche venezuelane, tra cui anche la principale, il Banco Latino.

AF: I responsabili della crisi, i banchieri che si sono appropriati dei soldi dei correntisti sono finiti in carcere?

CL: Nessuno è finito in carcere! Tutti i banchieri coinvolti sono scappati all’estero; qualcuno alla fine è stato anche condannato, senza però fare un solo giorno di carcere.

Fine prima parte. Continua

Intervista raccolta a Roma il 29/09/2001   
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