Attilio
Folliero e Cecilia Laya, Caracas 12/11/2008 - Attualizzato 15/11/2008
L’indice più evidente per misurare le crisi
ricorrenti del capitalismo è quello delle borse. In particolare l’indice
borsistico più importante è il Dow Jones
della Borsa di New York, i cui dati sono disponibili dal 1895. Si tratta dunque
di un indice che abbraccia oltre un secolo di storia del capitalismo, in cui ha
predominato essenzialmente l’economia statunitense.
In questi 113 anni, dal 1895 ad oggi, vi sono state
nuemerose e ricorrenti crisi, che trovano riscontro nella caduta dell’indice
Dow Jones.
La prima grave crisi si ebbe nei primi anni del
secolo: fra il 1901 ed il 1903, quando l’indice perse il 33%. Ma tutto il primo
decennio del secolo XX è un periodo di forte instabilità e crisi economica. La
prima guerra mondiale è la conseguenza diretta di questa crisi.
Il primo dopoguerra, tranne una breve parentesi nel
1920 è un periodo di forte crescita economica che culmina con la grande crisi
del 1929 e che analizzeremo più dettaglitamente in seguito. Anche questa crisi
culminerà in una guerra, la seconda guerra mondiale.
Nel secondo dopoguerra vi sono anni di una
significativa discesa dell’indice Dow Jones (attorno al 10%) nel 1957, 1962,
1966 e 1969, ma una vera importante crisi la troviamo nel 1973. La crisi
economica del 1973 è legata alla crisi energetica, dovuta principalmente ad
un’improvvisa e inaspettata interruzione del flusso dell’approvvigionamento di
petrolio dai paesi dell’Opec. Tale crisi ebbe un’appendice nel 1979. Si trattò
di una importante crisi di ristrutturazione che condusse all’affermazione di
nuovi settori del capitalismo.
Gli anni ottanta e novanta sono anni di forte
crescita economica, riscontrabile appunto in un forte aumento dell’Indice Dow
Jones che passa dagli 875 punti della fine del 1981 a 11.497,12 della fine del
1999, con un tasso di crescita annua di circa il 16%.
Dopo una interruzione di tre anni (2000-2002),
l’indice torna a salire vertiginosamente, fino a raggiungere la massima
chiusura giornaliera il 9 di ottobre del 2007, quando arriva a 14.164,53 punti.
Si è trattato di una poderosa crescita economica
fondata, negli USA, essenzialmente su un modello di vita basato sul consumismo
sfrenato, che andava ben oltre qualsiasi possibilità e che fu reso possibile
grazie ad un forte indebitamento; indebitamento a livello statale, impresariale
e familiare. Il consumismo basato sul debito senza limite prima o poi doveva
necesariamente raggiungere il punto massimo, il punto di non ritorno. La crisi
era fortemente prevedibile e da un momento all’altro doveva necessariamente
scoppiare. E’ arrivata prorompente e in tutta la sua gravità in questo autunno
del 2008.
Non si tratta
di una una delle solite crisi di ristrutturazione del capitale, che nei decenni
precedenti hanno avuto grandi e gravi ripercussioni. Pur trattandosi di una
crisi di ristrutturazione anzi di ricollocazione del capitale, questa segnerà
il tracollo o quanto meno il forte ridimensionamento della potenza USA a favore
di nuovi capitalismi emergenti.
Al termine di questa crisi la mappa del capitalismo
mondiale assumerà decisamente un nuovo volto: dal predominio dell’unica
superpotenza, gli USA, con l’appoggio dell’Europa occdentale e del Giappone (i
7 grandi) si passerà ad un mondo multipolare in cui cesserà definitivamente il
predominio dell’occidente, avviato verso il suo tramonto. Nuovi mercati
emergenti predomineranno la scena economica mondiale.
La prima grande potenza capitalistica fu l’Inghilterra,
che lasciò il predominio economico mondiale agli USA a seguito della grande
crisi del 1873.
Tabella
PIL Mondiale,
USA e Gran Bretagna dal 1820 al 2006
Dati in milioni
di dollari 1990 Geary-Khamis
Anno
|
PIL mondiale
|
PIL USA
|
%
PIL USA su PIL Mondiale
|
PIL
Regno Unito
|
%
PIL Regno Unito
su PIL Mondiale
|
1820
|
694.493
|
12.548
|
1,81%
|
36.232
|
5,22%
|
1870
|
1.110.952
|
98.374
|
8,85%
|
100.180
|
9,02%
|
1900
|
1.973.682
|
312.499
|
15,83%
|
184.861
|
9,37%
|
1913
|
2.733.366
|
517.383
|
18,93%
|
224.618
|
8,22%
|
1940
|
4.502.584
|
929.737
|
20,65%
|
330.638
|
7,34%
|
1950
|
5.336.686
|
1.455.916
|
27,28%
|
347.850
|
6,52%
|
1951
|
5.651.080
|
1.566.784
|
27,73%
|
358.234
|
6,34%
|
1960
|
8.434.828
|
2.046.727
|
24,27%
|
452.768
|
5,37%
|
1970
|
13.771.750
|
3.081.900
|
22,38%
|
599.016
|
4,35%
|
1980
|
20.042.400
|
4.230.558
|
21,11%
|
728.224
|
3,63%
|
1990
|
27.136.041
|
5.803.200
|
21,39%
|
944.610
|
3,48%
|
2000
|
36.692.661
|
8.032.209
|
21,89%
|
1.211.453
|
3,30%
|
2006
|
47.329.381
|
9.266.364
|
19,58%
|
1.394.821
|
2,95%
|
La tabella di sopra propone un confronto tra
Prodotto Interno Lordo (PIL) degli Stati Uniti e quello della Gran Bretagna in
realazione al PIL mondiale. I dati sono equivalenti a dollari del 1990. Si vede
chiaramente che alla vigilia della grande crisi del 1873, la Gran Bretagna era
il paese con il più alto PIL al mondo: il 9,02% del PIL mondiale era prodotto
in Gran Bretagna, superiore al 8,85% prodotto negli USA.
Nel 1900, benchè percentualmente il suo PIL
aumenta, sia pure di poco, la Gran Bretagna aveva perso il primato a favore
degli USA, che ormai producevano il 15,83% del PIL mondiale. La Gran Bretagna
segue il suo inesorabile declino ed oggi il suo PIL rappresenta meno del 3% del
PIL mondiale. Gli USA invece seguono crescendo, fino a raggiungere nel 1951 il
tetto massimo: producono il 27,73% del PIL mondiale. Anche per gli USA iniza
successivamente una lento, ma insesorabile declino. Praticamente, alla vigilia
della crisi odierna meno del 20% del PIL mondiale è prodotto negli USA e
sicuramente tale dato tenderà a scendere sempre piu velocemente con
l’accentuarsi della crisi. Il destino degli USA sembra segnato.
Nei circa duecento anni di stroria del capitalismo
si sono avute tre grandi crisi, con cadenza ogni 60/80 anni. La crisi del 1873
segnò il ridimensionamento della superpotenza inglese e l’ascesa degli USA. La
crisi del 1929 condurrà all’affermazione degli Stati Uniti come superpotenza
economica. La crisi che stiamo vivendo in questi giorni, la crisi del 2008,
segnerà il ridimensionamento degli USA e dell’occidente in generale e condurrà
all’affermarsi di un mondo multipolare incentrato su varie potenze con le
relative zone d’influenza: la Cina, l’India, la Russia, Paesi Arabi, America
Latina Unita, USA ed America del Nord, Giappone e Comunità Europea, che se
vuole sopravvivere deve distanziarsi sempre più dagli USA ed accettare
compromessi con le nuove potenze vicine (Russia, Paesi Arabi e lontano
oriente).
In sostanza la crisi iniziata nel 2008 rappresenta
per gli USA ciò che ha rappresentato la crisi del 1873 per l’Inghilterra.
Analizzando più nei dettagli, attraverso gli indici
del Dow jones, la crisi di oggi sembra avere forti similitudini con quella del
1929.
La crisi di oggi è stata preceduta dal raggiungimento
di un indice massimo a 14.164,53 punti, il 9 ottobre del 2007; il 27 di ottobre
del 2008, dopo 384 giorni tocca un minimo di 8.175,77 punti, ossia perde il
42,28% del suo valore.
Precedentemente alla crisi del 1929, l’indice Dow
Jones aveva toccato il massimo a 381,17, il 3 settembre 1929; dopo 384 giorni,
il 22 di settembre del 1930 l’indice era a 222,78, ossia era sceso del 41,55%;
impresionante la coincidenza di dati con l’attuale crisi.
Nella crisi del 1929, la caduta prosegue fino all’8
luglio del 1932, quando dopo 1.039 giorni dal suo massimo antecedente la crisi,
il Dow Jones tocca il fondo a 41,22 punti, ossia durante la crisi perde
l’89,19% del suo valore.
Ovviamente non sappiamo come evolverà questa crisi,
ma tutto lascia presagire che continuerà a lungo ed è anche possibile che possa
ripetersi lo schema occorso durante la crisi del 1929.
Per la cronaca, la crisi del 1929 fu cosi
devastante che sfociò nella seconda guerra mondiale ed occorsero 9.212 giorni,
ossia 25 anni, 2 mesi e 20 giorni prima che l’indice Dow Jones tornasse ai
livelli massimi anteriori la crisi (3 di settembre del 1929); infatti,
solamente il 23 di novembre del 1954 l’indice Dow Jones tornò ai livelli
anteriori la crisi del 1929, ossia arriva a 382,74 punti.
Ancora una coincidenza fra le due crisi. Oggi stiamo
assistendo a giornate di forte caduta, che si alternano a giornate di forte
crescita, ossia una forte volatilità. Quando ci sono queste giornate di grandi
rialzi l’ottimismo generale prevalente sembra pensare alla fine della crisi.
Il 13 ottobre ed il 28 di ottobre scorsi, l’indice
Dow Jones ottiene due dei più grandi rialzi di tutta la storia della borsa,
rispettivamente 11,08% (il quinto rialzo più alto della storia) e 10,88%. (il
sesto rialzo più alto della storia). Altra coincidenza con la crisi del 1929:
il 6 ottobre 1931 l’inidice Dow Jones cresce del 14,87% (il secondo rialzo più
alto della storia) ed il 30 ottobre del 1929 aumenta del 12,34% (il terzo
rialzo più alto della storia); ossia anche allora, esattamente come oggi, la
borsa in piena crisi, quando mancava ancora molto per toccare il fondo, conobbe
giornate di grande crescita.
La presenza di rialzi giornalieri, anche elevati, non
significa che la crisi sia passata.
Attilio Folliero e Cecilia Laya
_________________
Para un blog es muy importante que el lector haga el esfuerzo de clicar en los botones sociales "Me gusta", "Tweet”, “G+”, etc. que están por debajo o a lado. Gracias.
Per un blog è molto importante che il lettore faccia lo sforzo di cliccare sui tasti social "Mi piace", "Tweet", “G+”, etc. che trovate qui sotto o a lato. Grazie
No hay comentarios :
Publicar un comentario