Attilio Folliero, Caracas
15/05/2008 - Aggiornato 02/06/2008
E'
come dire: "ci stiamo incamminando nuovamente verso la schiavitù".
Tra i primi provvedimenti del nuovo governo Berlusconi vi è la detassazione
degli straordinari. Tutti d’accordo e felici, nessuna voce critica. Il
provvedimento è passato come aiuto alle famiglie di operai ed impigati! Di
conseguenza nessun sindacato, nessun partito di sinistra o pseudo sinistra ha
avuto niente da ridire; nessun lavoratore ha alzato la voce e nessuno sembra
ricordarsi della storia dell’umanità, delle lotte per vincere la schiavitù.
Circa
23 secoli fa, Aristotele giustificava la schiavitù e definiva lo schiavo come
“essere che per natura non appartiene a se stesso ma a un altro ...” (Politica
1254 a). Per Aristotele lo schiavo è uno strumento, anzi appartiene al genere
degli strumenti animati (al quale appartengono anche gli animali domestici) e
la sua differenza specifica è che parla. Quanto all'utilità la differenza è
minima: entrambi prestano aiuto con le forze fisiche per le necessità della
vita, sia gli schivi sia gli animali domestici. Per Aristotele è evidente che
taluni sono per natura liberi, altri schiavi, e che per costoro è giusto essere
schiavi.
Ci
sono voluta secoli di lotte per scardinare questo principio. Ma dalla schiavitù
intesa nel senso di Aristotele, con la rivoluzione industriale si arriva ad un
altro tipo di schiavitù: i proletari, coloro che non avevano niente, se non la
prole, o meglio la capacità di fare figli, pur non essendo più schiavi,
proprietà di un altro essere umano, sono costretti a vendere la propria forza
lavoro al datore di lavoro in cambio di un salario. Legalmente non erano più
schiavi, ma per sopravvivere erano liberamente costretti a lavorare dall’alba
al tramonto, fino a 15/16 ore ed oltre, tutti i giorni. Di qui le lotte per la
riduzione dell’orario di lavoro, il riconoscimento del riposo settimanale, del
lavoro notturno e festivo, l’abolizione del lavoro minorile, la parità fra
uomini e donne…
In
Italia e nei principali paesi sviluppati si arriva, solamente grazie alle
lotte, alla giornata lavorativa di otto ore ed al riconoscimento di tutti quei
diritti sopra accennati. In alcuni settori si va anche oltre, riuscendo a
spuntare le 36 ore settimanali (pubblico impiego).
Il
progresso e lo sviluppo tecnologico dovrebbero contribuire a liberare l’uomo
dalla schiavitù del lavoro, ma di fatto ciò non avviene, perché nell’attuale
sistema economico, fondato su una rigida divisione di classe, gli interessi di
ciascuna classe sono fortemente contrapposti e quella più forte (il capitale)
riesce a sottomettere la più debole, costringendo i loro membri a lavorare
quanto più possibile.
I
sindacati, le associazioni che tutelano i lavoratori ed i cosiddetti partiti di
sinistra dovrebbero lottare non solo per la riduzione dell’orario di lavoro, ma
anche per l’abolizione del ricorso allo “straordinario”. Se legalmente si
stabilisce la giornata lavorativa in otto ore, ma poi altrettanto “legalmente”
si creano i meccanismi per vanificare questo limite, siamo di fronte ad un
ritorno alla schiavitù, sia pure legalizzata ed accettata.
Quando
si creano meccanismi (un maggiore introito, lavorando di più) per fare in modo che
l’operaio, l’impiegato, l’uomo lavori ben oltre le otto ore, ossia 10 ore, a
volte 12 ed oltre siamo semplicemente di fronte al ritorno della schiavitù e a
niente vale il principio della retribuzione.
Il
primo provvedimento del governo Berlusconi è un grande imbroglio per i l
lavoratori: con la scusa di detassare gli utili derivanti dallo straordinario
(quindi più soldi per i lavoratori, oltre che per il capitalista),
semplicemente si sta legalizzando la schiavitù. Il lavoratore con questo
strumento sarà legalmente e liberamente incentivato a lavorare di più: in
cambio del misero stipendio aggiuntivo venderà ulteriormente la propria libertà
al datore di lavoro, convertendosi sempre più in uno schiavo. Di fatto, anche
se retribuito, un lavoratore che passa la maggior parte del tempo al lavoro è
uno schiavo.
“Lavoro
di più quindi ho più soldi” questo lo slogan. Ma a che serve avere più soldi,
se poi perdo il bene più prezioso, ossia la libertà? Senza ovviamente
dimenticare che alla fine, avere più doldi da spendere significa ulteriori
guadagni per il capitalista: ti tolgono la libertà, facendoti lavorare di più,
in cambio di un aumento dello stipendio che si traduce in maggiore capacità di
acquisto, quindi ulteriori guadagni per il capitale.
In
Italia, il governo Berlusconi col suo provvedimento sulla detassazione degli
straordinari sta semplicemente legalizzando la schiavitù col consenso di tutti,
compreso quello degli stessi lavoratori che ridotti al massimo grado di
incoscienza ormai accettano in silenzio qualsiasi provvedimento che li
penalizza.
Lo
straordinario dovrebbe essere un ricorso eccezionale, da utilizzarsi in
situzioni impreviste ed imprevedibili, ma ormai è una regola ovunque diffusa.
In Italia siamo al paradosso: invece di lottare per la riduzione della giornata
lavorativa e l’introduzione del principo della divisione della giornata in 4
segmenti di sei ore cadauno (lavoro, riposo, svago e tempo libero, formazione),
diventa difficile mantenere i diritti acquisiti con l’accettazione palese o
tacita da parte di tutti, lavoratori compresi.
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Tante speculazioni, ma la realtà resta sempre quella della condizione di schiavitù.
ResponderEliminarLa differenza consiste nel fatto che lo schiavo di questi tempi deve essere ripagato con salario, nei tempi passati gli davano qualcosa da mangiare e lo legavano alla catena.
Questa condizione non credo cambierà di molto poichè le leggi dell' economia impongono il profitto ad ogni costo e per far ciò si inventeranno altre forme di schiavitù
Forse non abbiamo ancora capito che gli umani sono fondamentalmente schiavi di se stessi