Vedasi anche: Denuncia di brogli elettorali dei Simpatizzanti dell'Unione e degli Italiani residenti in Venezuela
Il 9 e 10 aprile si sono svolte le elezioni politiche italiane. Per la prima volta hanno partecipato anche gli italiani residenti all'estero che hanno espresso il proprio voto per corrispondenza. L'importaza del voto degli italiani all'estero. La necessità di una riforma della legge istitutiva del voto all'estero e soprattutto una urgente riforma strutturale dei consolati. La vittoria dell'Unione. L'anomalia Sud America e la dimostrazione matematica che se l'Unione (o la lista civica Associazioni italiane in Sud America) si fosse presentata divisa nelle varie componenti, avrebbe guadagnato due seggi invece di uno.
Il voto degli italiani all'estero nell'analisi dei risultati
La novità del voto all'estero
Il voto degli italiani all'estero ha rappresentato l'elemento di novità di queste elezioni politiche del 2006 ed inoltre, ha avuto un'importanza decisiva nella vittoria dello schieramento di centro-sinistra di Romano Prodi, soprattutto per quanto riguarda il Senato. È pertanto necessario soffermarsi un attimo e fare delle analisi più approfondite.
Prima di passare all'analisi vera e propria dei risultati è imprescindibile una premessa. Indubbiamente, il voto all'estero, così come è stato disegnato proprio non va. Per due ragioni sostanziali: l'inaffidabilità del voto per corrispondenza e la mancata assicurazione del diritto di voto a tutti gli italiani.
Abbiamo assistito, ovunque, a tanti imbrogli e tentativi di sviare la legge al fine di ottenere favori da parte di questo o quel candidato. In particolare, in Venezuela, circoscrizione Sud America, ci sono stati almeno un paio di candidati che ritenendosi più furbi degli altri, corrompendo qualche funzionario dell'ufficio postale addetto alla spedizione delle schede elettorali, è riuscito a far recapitare al destinatario, assieme al plico spedito dal Consolato, la propria pubblicità elettorale e addirittura il candidato della Lega Nord, tale De Stefano, come si evince dalle foto allegate, che mostrano i plichi ricevuti da due distinti elettori, evidentemente ritenendosi il più furbo ti tutti, è riuscito a far spillare al plico inviato dal consolato il suo volantino elettorale. Centinaia, forse migliaia, di elettori in Venezuela hanno ricevuto il plico elettorale con annesso suggerimento di voto! È come dire che l'elettore italiano, al momento di andare in cabina riceve dal presidente di seggio, assieme alla scheda elettorale anche la proposta per votare un determinato candidato!
Ma non sono finiti qua gli imbrogli denunciati. A Puerto La Cruz, sempre in Venezuela, un elettore, non essendo in casa al momento della consegna del plico ha trovato, come da prassi, la cartolina rilasciata dal postino con l'invito a recarsi a ritirare il plico presso l'ufficio postale indicato. Al momento del ritiro, presso l'ufficio postale indicato, ha scoperto che il suo, assieme a quello di un'altra mezza dozzina dozzina di elettori era già stato ritirato da una persona spacciatasi per funzionario del Consolato. La mezza dozzina di schede votate da questo sedicente funzionario ovviamente, non sono state recuperate, per cui questo italiano ha potuto esprimere una mezza dozzina di volte (a quanto è dato sapere) il voto. Tale italiano, comunque, grazie alle pronte indagini interne svolte dall'ufficio postale in questione è stato identificato e denunciato alle autorità consolari.
Sono solo alcuni casi, che insinuano numerosi dubbi sulla validità del voto all'estero per corrispondenza. A questo punto è lecito pensare che qualche nostro parlamentare, magari eletto con una mangiata di voti in più, sia stato eletto con qualche imbroglio. Il problema è che di fronte a tali dubbi, al cittadino viene a mancare la fiducia nei parlamentari e nelle istituzioni.
La necessaria riforma strutturale dei consolati
Accanto agli imbrogli documentati c'è l'altro problema, ancora più scabroso, ossia che il sistema attuale non assicura il diritto di voto a tutti gli italiani. In sostanza si sta creando una discriminazione fra cittadini. In realtà il problema è a monte e risiede nelle disfunzioni degli uffici consolari o meglio nelle deficienze strutturali di tali uffici. Tutti gli uffici consolari lavorano con un numero di impiegati decisamente inferiore al fabbisogno, per cui si accumulano le pratiche da lavorare e crescono i tempi per assicurare i servizi al cittadino, tra cui l'aggiornamento della posizione elettorale. Di fatto, in questo modo, ad una parte dei cittadini italiani è negato il diritto di voto, proprio per il mancato aggiornamento della propria posizione. A questi italiani, comunque noti ed inseriti nei registri AIRE (Anagrafe della popolazione residente all'estero), il cui diritto è negato semplicemente per il mancato aggiornamento della propria posizione, vanno aggiunte le migliaia di italiani in attesa di vedersi riconoscere il diritto alla cittadinanza. Purtroppo la mancanza di personale fa dilatare i tempi per l'ottenimento della cittadinanza, violando quello che è un diritto costituzionale. Gli appuntamenti per l'ottenimento della cittadinanza o di una ricostruzione di cittadinanza si sono sono così dilatati, che in alcuni consolati (Brasile ed Argentina) si è arrivati alla necessità di sospendere la concessione dell'appuntamento. In Venezuela, ad esempio gli appuntamenti per la richiesta di cittadinanza sono fissati ad oltre quattro anni. Ma anche per la trascrizione di un atto di nascita di un figlio ormai sono necessari anni.
Il problema, che sembra irrisolvibile (considerate le carenze finanziarie dello Stato italiano), in realtà è di facile soluzione. Basterebbe dare una occhiata a come sono organizzati i consolati di quei paesi che, per avere più cittadini iscritti al proprio consolato (per restare al Venezuela è il caso della Colombia, della Spagna e del Portogallo, che hanno collettività più numerose di quella italiana) o più movimento per le richieste di visto (come è il caso degli USA in Venezuela ed immaginiamo sia lo stesso in qualsiasi parte del mondo). Questi paesi hanno risolto il problema dell'organizzazione degli uffici consolari assumendo personale in loco. Ossia la soluzione per risolvere il problema della carenza del personale e quindi per assicurare i diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini italiani, tra cui il diritto di voto, è nell'assunzione di personale locale. Il fatto è che oggi, la maggior parte del personale che lavora nei consolati italiani, anche per le funzioni più semplici (uscieri, centralinisti, autisti ed impiegati dei livelli più bassi) proviene dai ruoli degli impiegati del Ministero degli Affari Esteri (MAE). In base al D.P.R 18/1967 e successive modifiche, i dipendenti del MAE inviati all'estero, hanno diritto - giustamente - a tutta una serie di benefici che per farla in breve si sostanzia in rimborsi e stipendi mensili di migliaia di Euro. Ciò ovviamente comporta un costo enorme per l'erario per cui il personale che può essere inviato all'estero è in numero decisamente inferiore alle necessità.
Sostituire progressivamente, nei Consolati Italiani, il personale viaggiante del MAE, almeno per i posti fino al livello di collaboratore amministrativo (B2 o anche B3) con personale assunto localmente (di fatto tutti cittadini italiani), tramite concorsi pubblici seri e di pari difficoltà di quelli svolti in Italia, con commissioni esterne, provenienti da Roma e con stipendi equivalenti a quelli di un impiegato di pari livello del MAE, adeguandoli evidentemente ai costi della vita locale, in più o in meno secondo le differenti realtà, genererebbe dei vantaggi enormi, sia per lo Stato italiano che per i cittadini italiani residenti all'estero. Per lo Stato italiano, un risparmio non indifferente. Dato che il costo di un impiegato assunto localmente può arrivare ad essere anche cinque/sei volte inferiore a quello di un impiegato inviato da Roma, è intuitivo il risparmio che genererebbe una tale sostituzione. Per la collettività italiana residente all'estero significherebbe consolati più efficienti, quindi in grado di assicurare realmente al cittadino italiano, i diritti costituzionalmente garantiti. In sostanza, il risparmio generato dalla sostituzione di personale viaggiante del MAE con personale assunto localmente, determinerebbe la possibilità di assumere ulteriore personale (localmente), fino a coprire integralmente il fabbisogno di ogni Consolato, eliminando di fatto i disservizi esistenti oggi. Ovviamente, i posti di responsabilità, ossia i posti di Capo Ufficio, rimarrebbero a carico del personale viaggiante del MAE. È necessario dunque una riforma strutturale dei consolati italiani per assicurare anche il diritto di voto ai cittadini italiani residenti all'estero.
Dicevamo che la stessa modalità di voto per corrispondenza, sulla base delle esperienze accumulate, va decisamente cambiata. Innanzitutto è necessario sostituire il meccanismo del voto per corrispondenza con veri e propri seggi elettorali da istituire presso le vari sedi diplomatiche (ambasciate, consolati e vice consolati, capillarmente diffusi su tutto il territorio); inoltre affidare la gestione delle liste elettorali direttamente ai consolati, sottraendoli alle competenze dei Comuni. I cittadini potrebbero essere chiamati ad iscriversi nelle liste elettorali in ogni momento. Quindi si verifica, al momento della iscrizione nelle liste elettorali, la posizione, ossia il diritto o meno al voto. Per snellire il lavoro dei consolati, alcuni servizi potrebbero essere decentrati ad altri enti, presenti capillarmente all'estero, come ad esempio i patronati ed eventuali altri da indiviudare o istituire. In Italia, ad esempio, è in via di sperimentazione la richiesta del rilascio del passaporto presso gli uffici postali e consegna del documento direttamente a domicilio; l'esperimento è in atto nella provincia di Roma, da parte della Questura di Roma. Con i mezzi telematici oggi a disposizione, qualunque ufficio decentrato, investito di tale potestà, potrebbe assolvere ad una serie di servizi.
Quindi, fatte queste debite premesse sulla necessità di una riforma strutturale dei consolati e delle modalità di voto possiamo analizzare il voto all'estro per le elezioni appena svolte.
Il voto all'estero
Dal dato complessivo del voto degli italiani all'estero emerge chiaramente la vittoria dell'Unione, che complessivamente con il 44% dei voti al Senato ed il 43% alla Camera, prende 4 senatori (su 6) e 6 deputati (su 12). Come secondo partito si afferma Forza Italia, ma a larga distanza, con il 21% dei voti al Senato ed un senatore eletto e poco meno del 21% alla Camera, con 3 deputati eletti. Oltre questi due partiti solo altri 3 raggruppamenti riescono ad eleggere almeno un parlamentare: Associazioni Italiane in Sud America, che riesce a far eleggere in Sud America un deputato ed un senatore; Italia nel mondo un deputato in Sud America e Di Pietro Italia dei valori, un deputato in Europa.
Oltre questa prima sfornata di dati, ci sono alcune riflessioni da fare. La prima e probabilmente la più importante che viente sfatato definitivamente il mito che gli italiani emigrati all'estero siano tutti di destra! Forza Italia, il partito del Capo del Governo, Silvio Berlusconi, esce da queste elezioni sconfitto, soprattutto in Sud America, dove non arriva neppure al 9% dei voti, sia al senato che alla Camera. L'Unione ha vinto all'estero (oltre che in Italia), ma con delle differenze notevoli tra le varie circoscrizioni. Affermazione piena in Europa (oltre il 50%, sia alla Camera che al Senato) e nella circoscrizione Africa, Asia, Oceania e Antartide (oltre il 45% sia al Senato, che alla Camera); è il primo partito in Nord America (attorno al 38% sia al Senato che alla Camera), ma va male in Sud America dove, sia alla Camera che al Senato riesce si ad eleggere il parlamentare, ma è superato come numero di voti dalla lista civica "Associazioni Italiane in Sud America". Infatti, mentre la lista civica è il primo raggruppamento del Sud America con poco meno che il 32% al Senato e quasi il 34% alla Camera, la lista dell'Unione è seconda con il 29,7% al Senato e ancora meno alla Camera, dove prende il 27,3%.
L'anomalia Sud America
Il Sud America, dunque rappresenta una anomalia che merita una riflessione più approfondita. È bene dire subito che in Sud America c'erano meno liste che in Europa (8 contro 10 al Senato e 8 contro 11 alla Camera), quindi evitiamo di dire che in Sud America c'era un maggior numero di personaggi ambiziosi, che non avendo trovato spazio nelle liste ufficiali hanno tentato la strada della lista autonoma. Il problema è differente. Gli italiani del Sud America accettano molto meno volentieri, rispetto agli italiani presenti in altri continenti, le imposizioni dall'alto. Diciamo le cose come stanno: in tutti i partiti le scelte dei candidati avvengono dall'alto, decise a tavolino nelle segreterie dei partiti e delle coalizioni. L'italiano residente in Sud America impregnato della cultura della libertà di scelta, della partecipazione, in una parola della vera democrazia presente a queste latitudini ha rifiutato le scelte operate a tavolino a Roma! Questa è la verità! Mentre nei paesi di tutte le altre circoscrizioni, dall'Europa al Nord America, le scelte avvengono più o meno come in Italia, ossia dall'alto, in America Meridionale da sempre il popolo, che - bisogna ricordarlo - non sempre è stato libero di scegliere, in quanto spesso si è ritrovato a vivere nella dittatura, quando può, vuole decidere liberamente, senza imposizioni.
Indubbiamente, attualmente il popolo Latinoamericano e dunque anche il residente italiano che si alimenta della stessa cultura, sta vivendo un momento di forte libertà. È un popolo che non riesce a capire e quindi ad accettare le scelte imposte dall'alto, come avviene nelle "democrazie" occidentali, tra cui in Italia. Che un partito, chiuso nella propria segreteria, a migliaia di chilometri di distanza, senza conoscere minimamente, o solo molto superficialmente, la realtà locale, effettua delle scelte di candidare persone che non rispondono alle richieste della gente, ma solo ad esigenze di partito, è qualcosa che non viene accettato. I partiti italiani si alimentano dei miti di una democrazia che spesso di democratico non ha proprio niente. Si parla di democrazia e poi le scelte dei candidati avvengono dall'alto! Che razza di democrazia - si è chiesto l'Italiano residente in Sud America - è questa? In Sud America sono oggi abituati (e pensiamo alla Costituzione Venezuelana) alla revoca di qualsiasi carica a metà del mandato! Dal presidente della Repubblica, al Governatore di Regione, fino all'ultimo consigliere comunale, a metà del mandato può essere sottoposto a referendum revocatorio e quindi revocato. L'italiano che risiede a Porto Alegre (Brasile) o Caracas (Venezuela), abituati addirittura ad effettuare le scelte di bilancio (presupuesto partecipativo), ossia abituati a decidere di come le varie amministrazioni (a qualsiasi livello) debbono impiegare le risorse del bilancio non riescono ad accettare e votare candidati imposti dall'alto. Si parla dell'occidente, quindi dell'Italia o degli Usa come di paesi democratici, di paesi che pretendono esportare la democrazia, ma nella realtà la democrazia è ben lontana. È veramente democratico un paese (e pensiamo agli Usa) che fonda la propria democrazia non su una effettiva divisione dei tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario)? In USA, i membri del potere giudiziario vengono scelti (tra l'altro a vita) dall'esecutivo (dal presidente) ed i risultati di questa confusione di poteri sono sotto gli occhi di tutti: decisioni giudiziarie che rispondono solo ed esclusivamente agli interessi del padrone (l'esecutivo che li ha nominati) e non a principi di giustizia. Siamo di fronte ad una vera democrazia, se la scelta dei candidati è imposta dall'alto? Il voto degli italiani del Sud America deve far riflettere su questi aspetti fondamentali, sulla necessità di una vera democrazia partecipativa.
L'italiano del Sud America (ed in parte l'elettorato italiano residente in Europa) non ha gradito i candidati imposti dall'alto e questo si evince ancora più nettamente analizzando i voti dei singoli candidati. Per poter analizzare comparativamente i voti ricevuti dai vari candidati nelle differenti circoscrizioni è evidente che non si può adottare il parametro del voto assoluto, ma bisogna tener conto di altri parametri: la percentuale di voti presi dal candidato rispetto ai voti di lista (col quale è possibile misurare il gradimento del candidato di una determinata lista) e la percentuale di voti presi dal candidato sui voti complessivi di una circoscrizione (parametro mediante il quale possiamo effettuare delle comparazioni tra candidati di circoscrizioni differenti).
Nella Tabella n. 1 riportiamo i voti ottenuti da tutti gli eletti per la Camera, nelle varie circoscrizioni, con le percentuali di voti rispetto alla lista e rispetto alla circoscrizione.
(Cliccare per ingrandire)
Nella Tabella n. 2 riportiamo i voti ottenuti da tutti gli eletti per il Senato, nelle varie circoscrizioni, con le percentuali di voti rispetto alla lista e rispetto alla circoscrizione.
(Cliccare per ingrandire)
Gli eletti in Sud America
Vediamo gli eletti in Sud America, 5 in totale, tre alla Camera e due al Senato: i due candidati eletti nella lista civica Associazioni Italiane in Sud America, fortemente legati al territorio e quindi svincolati dalle scelte partitiche, hanno ottenuto una grande accettazione da parte dell'elettorato, prendendo più del 14% l'eletto onorevole Merlo e quasi il 19% il senatore Pallaro, in quest'ultimo caso un elettore del Sud America su 5 ha votato per lui. Anche il grado di accettazione all'interno della lista è stato enorme: il 60% di coloro che hanno votato per questa lista civica, hanno scelto il senatore Pallaro ed oltre il 40% ha votato per l'onorevole Merlo. Gli altri 3 eletti in Sud America hanno ottenuto un grado di accettazione decisamente inferiore: alla Camera per l'eletto onorevole Bafile solo il 5,7% degli italiani del Sud America hanno votato per lei ed addirittura anche l'accettazione all'interno del suo partito è stata alquanto scarsa, risultando che solo uno su 5 di coloro che hanno votato per l'Unione ha dato fiducia alla Bafile; anche il candidato eletto al senato, il neo senatore Pollastri non ha avuto alti indici di gradimento. Gli eletti nelle altre circoscrizioni, zona America centro-nord zona Africa, Asia, Oceania, Antartide e Claudio Micheloni per l'Europa, hanno avuto un grado di accettazione molto più alto, riportando una percentuale di voti della circoscrizione che va dal dal 10% al 23%. Soprattutto per i partiti tradizionali, come l'Unione e Forza Italia, sembra che gli italiani abbiano votato si il partito, ma non i candidati. Evidentemente le scelte imposte dall'alto non sono state gradite. Una lezione da tener in conto per il futuro: dovrebbe essere lasciato maggior spazio alla base nella scelta dei propri candidati.
Nell'analisi del voto in Sud America, occorre considerare un'altro importante aspetto: la distribuzione dei votanti per paese. Molti candidati, che magari hanno investito notevoli quantità di soldi, come alcuni venezuelani, non hanno fatto bene i conti con la realtà dei numeri. Se li avessero fatti, si sarebbero resi conto che non avrebbero avuto nessuna possibilità di essere eletti. Un candidato viene eletto, sostanzialmente sulla base di due fattori: la notorietà sul territorio (in questo caso l'intero Sud America, ma soprattutto l'Argentina paese che accoglie quasi il 56% di tutti i votanti del Sud America), o l'appoggio di un partito, un sindacato, un patronato od altro ente ben radicato sul territorio (intero Sud America ed Argentina in primo luogo). La circoscrizione Sud America è quindi alquanto particolare, in quanto il 56% degli elettori si concentra in Argentina (e addirittura a Buenos Aires si concentrano il 20% di tutti gli elettori del Sud America); il 20% in Brasile; l'8% circa in Venezuela e Uruguay; il restante 8% nei rimanenti 6 paesi del continente (Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Paraguay e Perù). Considerate queste premesse, nessun candidato, a parte gli argentini, avrebbe avuto la possibilità o la benché minima speranza di essere eletto. L'analisi dei candidati e degli eletti porta esattamente a questa conslusione. Ma vi è stato un elemento che ha finito per rompere lo schema: alcuni candidati argentini, soprattutto quelli della lista che ha eletto il deputato non argentino (L'Unione) non hanno ricevuto il consenso proprio da parte dell'elettorato argentino. Evidentemente erano poco graditi agli elettori locali, magari candidati per imposizione dall'alto e quindi non legati sufficientemente al territorio. In sostanza sono risultati eletti solamente 2 argentini sui possibili 3 alla Camera, ed 1 su 2 al Senato. Il motivo è dunque da ricercare non nell'elevato numero di candidati argentini come avanzato da qualche parte (erano 22 alla camera, quindi neppure il 50%, in linea con la media dei votanti argentini che anzi erano oltre il 55%), ma nel fatto che mentre alcuni argentini hanno fatto incetta di voti, risultando tra i più votati al mondo, altri sono stati praticamente snobbati, per essere poco graditi.
Alla camera il seggio perso dagli argentini è andato al candidato venezuelano ed al senato al brasiliano. I 5 candidati venezuelani nel complesso hanno ricevuto quasi il 3% di voti in più di quanti erano i votanti del Venezuela, voti che si sono in realtà concentrati nella persona di Mariza Bafile, eletta deputato. Anche i brasiliani hanno ottenuto un numero di voti considerevolmente più alto rispetto alla base di partenza, ben il 10% in più. Ma in questo caso non è scattato il seggio, perché i voti non si sono concentrati su una sola persona, ma si sono distribuiti fra i 12 candidati. I grandi delusi sono stati i candidati uruguayani che praticamente non hanno ricevuto voti, neppure dai loro connazionali, evidentemente erano poco graditi e del tutto staccati dalla realtà locale.
Nella tabella n. 3 il dettaglio delle statiche riguardanti i candidati per paese ed i voti ricevuti per l'elezione alla Camera.
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Per quanto concerne il Senato, il numero dei candidati rispettava esattamente le proporzioni di ogni paese. Anche i voti espressi non hanno ricevuto grossi scostamenti. Ma anche in questo caso, non sono risultati eletti due argentini, come era nella logica delle previsioni, ma un argentino ed un brasiliano, quest'ultimo l'onorevole Pollastri, eletto nelle file dell'Unione con soli 70 voti in più rispetto all'argentina Giai e dopo che in un primo momento era stata annunciata la vittoria proprio di quest'ultima. In realtà in questo caso i candidati argentini presenti nella lista dell'Unione erano ben 3, contro un solo brasiliano, poi eletto. Come dice il proverbio fra i due litiganti il terzo gode. In questo caso i litiganti erano addirittura tre, quindi alla fine ha goduto il brasiliano.
Nella tabella n. 4 il dettaglio delle statistiche dell'elezione al Senato, dei candidati e dei voti per paese.
(Cliccare per ingrandire)
In sostanza i candidati Argentini erano favoriti e di fatto ne sono stati eletti 3 su 5: l'onorevole Merlo ed il senatore Pallaro, eletti per la lista Associazioni Italiane in Sud America ed entrambi di Buenos Aires; il terzo argentino è il neo onorevole Angeli, per la Lista Italia nel mondo. I due parlamentari eletti fuori dell'argentina provengono entrambi dalle file dell'Unione: la venezuelana Mariza Bafile, eletta alla camera ed il brasiliano Pollastri Eduardo, eletto al Senato. Analizzando la lista dei candidati dell'Unione alla Camera appare subito evidente che la Bafile era l'unica nata in Sud America, a Caracas (Venezuela); gli altri 5 candidati, tutti nati in Italia: due sono residenti in Brasile (Porta e Monti) e due in Argentina. Dei due candidati argentini, uno è residente a Moron (Rotundo) e l'altro a Buenos Aires (Iannuzzi). L'unico di Buenos Aires che avrebbe avuto delle grandi possibilità in realtà è un ex ambasciatore giramondo, finito ad insegnare presso la sede estera di Buenos Aires dell'Università di Bologna. Quindi in realtà non è un personaggio integrato nella realtà argentina. Tra l'altro questo candidato di Buenos Aires, che non ha vincoli stretti con la realtà locale e neppure aveva alle spalle un partito o una istituzione che lo sostenesse, è stato fortemente voluto in lista da Prodi all'ultimo minuto. Un paio di argentini ci dovevano essere, ovviamente nella lista dell'Unione, ma alla fine sembra chiaro che la lista sia stata disegnata su misura per la Bafile, tra l'altro presidente del Patronato Inca di Caracas, oltre che giornalista e membro della direzione allargata dei DS. Quindi, all'interno della sua lista era l'unica che avrebbe avuto qualche possibilità di affermazione.
Anche al Senato, nelle file dell'Unione non è stato eletto un argentino, ma un brasiliano. Nella lista c'erano tre argentini, ma nessuno di Buenos Aires, due di Rosario ed uno di Mar del Plata ed in sostanza, come visto in precedenza la divisione dei voti tra i troppi argentini ha finito per favorire il brasiliano.
Riflessione sul proporzionale puro
Un'ultima riflessione. La coalizione di centro-destra ha giustificato la propria sconfitta all'estero asserendo che la causa è da ricercare nella frammentarietà con cui si è presentata a queste elezioni (ed effettivamente i diversi partiti che compongono la coalizione si sono presentati individualmente) a differenza della coalizione di centro-sinistra, presentatasi unita sotto il simbolo dell'Unione. In realtà, stando al metodo adottato per l'attribuzione dei seggi, ossia il proporzionale puro, una coalizione che raccoglie un notevole numero di voti è penalizzata rispetto ad una che prende molti meno voti. Probabilmente la scelta di andare separati a queste elezioni da parte dei partiti centro-destra era dovuta alla convinzione di poter prendere una valanga di voti e quindi sulla base della perfetta conoscenza del metodo di assegnazioni dei seggi hanno pensato che fosse stato meglio andare separati, per poter rastrellare un numero ancora maggiore di seggi. Ricordiamo il mito, oggi sfatato, secondo il quale gli italiani erano tutti di destra! Quindi effettivamente la coalizione di centro-destra credeva di essere favorita. Al contrario, l'Unione che alla vigilia delle elezioni, sulla base sempre del mito sfatato, non era a conoscenza della reale forza, se fosse andata separata, avrebbe potuto avere un successo maggiore in termini di seggi. Lo stesso sarebbe stato per la lista delle Associazioni italiane in sud America.
Dimostriamolo matematicamente, con l'avvertenza che il principio vale soprattutto dove è maggiore il numero dei parlamentari da eleggere. Per l'assegnazione dei seggi, col sistema proporzionale puro occorre dividere la cifra elettorale (ossia la somma di tutti i voti validi di una circoscrizione) per il numero dei seggi da assegnare, ottenendo quello che si chiama il quoziente elettorale. Si divide, quindi il numero dei voti di ogni lista per il quoziente elettorale. La parte intera del risultato rappresenta il numero di seggi da assegnare alla lista. I seggi ancora da attribuire vengono assegnati sulla base dei maggiori resti. Una volta ottenuto il numero dei seggi da assegnare ad ogni partito, all'interno della lista vengono eletti i candidati che hanno preso più voti. Nel caso concreto, facciamo l'esempio dell'elezione dei deputati per la circoscrizione Sud America (vedasi Tabella 5).
(Cliccare per ingrandire)
I voti complessivi in questa circoscrizione sono stati 306.562 (la cifra elettorale) e dovendosi eleggere 3 deputati si ottiene un quoziente elettorale pari a 102.187,33. Dividendo i voti di ciascuno lista per il quoziente elettorale, si ottiene che solo la lista "Associazioni Italiane Sud America" ottiene un quoziente superiore ad 1 e quindi ottiene il seggio; i restanti due seggi sono attribuiti col sistema dei maggiori resti, che nel caso specifico sono 82 per l'Unione e 36 per "Italia nel mondo", che ottengono i restanti 2 seggi.
Premesso che la politica non si fa con i se, però è da notare che se l'Unione (od anche la Lista delle associazioni) fosse andata disaggregata, diciamo con due o tre liste senz'altro un partito della coalizione (il più numeroso, ossia i DS) avrebbe preso un seggio, ma anche il secondo avrebbe avuto la possibilità di prendere il seggio. Se l'Unione ha preso complessivamente 83.000 voti, e due liste separate avessero preso 36.500 voti a testa, quindi complessivamente i due ipotetici schieramenti avrebbero preso complessivamente 73.000 voti, ossia ben 10.000 voti in meno di quanto preso unitariamente, nella realtà entrambe le liste avrebbero preso un seggio. Lo stesso dicasi per la lista delle Associazioni Italiane in Sud America. Se i due principali candidati avessero scelto di presentarsi individualmente, con due liste differenti, magari anche il secondo della lista, Bonaspetti che con i suoi 21.425 voti è stato il terzo più votato a livello mondiale, dopo il compagno di schieramento l'eletto onorevole Merlo Ricardo e Narducci Franco in Europa. Se una ipotetica lista capeggiata da Merlo avesse preso 50.000 voti e l'altra capeggiata da Bonapesi avesse preso 35.000, entrambi sarebbero risultati eletti.
Sono solo ipotesi e ragionamenti; in ogni caso col sistema proporzionale puro un gruppo di partiti di una determinata coalizione che si aspettano di prendere un numero notevole di voti è preferibile che corrano separatamente. È stato sicuramente il caso dei partiti di centro-destra, che si aspettavano un notevole numero di voti e quindi hanno pensato bene di correre divisi, per poter sfruttare al meglio il fattore della distribuzione dei seggi su basi proporzionali. Purtroppo per loro, il numero dei voti è stato inferiore alle speranze. In sostanza, nelle elezioni ciò che conta prima di tutto è prendere i voti.
Nella Tabella n. 6 riportiamo i voti ottenuti da tutti i candidati per l'elezione della Camera (Vedasi la tabella 6).
Nella Tabella n. 7 riportiamo i voti ottenuti da tutti i candidati per l'elezione del Senato (Vedasi la tabella 7).
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Nella Tabella n. 7 riportiamo i voti ottenuti da tutti i candidati per l'elezione del Senato (Vedasi la tabella 7).
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