Attilio Folliero,
Caracas 01/06/2015
La
casa editrice Zambon, fondata a Francoforte nel 1973 dall’editore italiano
Giuseppe Zambon, da sempre si caratterizza per pubblicazioni di sinistra.
Recentemente a causa della pubblicazione del libro “Capire la Russia” di Paolo
Borgognone è emersa una profonda divergenza con alcuni redattori che lo
ritengono inappropriato alla linea editoriale. È in corso una battaglia di idee
tra il gruppo redazionale di Milano e l'editore. Entrambi hanno espresso le
proprie opinioni attraverso dei comunicati, che possono leggersi nel Blog “Habla
con Gian”.
Mi
permetto di intromettermi in questa discussione, perché ritengo il dibattito
molto importante, anzi fondamentale per taluni aspetti riguardanti l’organizzazione del partito del proletariato.
L’editore
Zambon pur asserendo che <<l’antifascismo
è un valore centrale, irrinunciabile e di piena, urgente, attualità>>,
sottolinea però che <<purtroppo i
comunisti restano un elemento marginale a livello nazionale ed europeo e che,
mentre è indispensabile continuare una lotta per la "supremazia"
culturale e ideologica, non possiamo assolutamente trascurare -o addirittura
ignorare- la necessità di alleanze>>.
In
sostanza l’editore, in nome della lotta all’imperialismo parla della necessità
di tollerare alleanze con movimenti di destra. Dal discorso globale del
comunicato si comprende che questa necessità di allearsi anche con la “destra
sociale” deriva dal fatto che <<l’imperialismo
non può essere vinto da soli>> ed immagino che con questa frase lui
intenda dire non può essere vinto con le sole forze del proletariato. E
aggiunge, testuali parole: <<Persino i compagni di più incrollabile fede marxista
devono ammettere che - ove sussista la necessità - sono tollerabili alleanze
anche con movimenti di destra purché i comunisti mantengano la propria
autonomia in vista della conquista della supremazia>>.
L'editore
porta come esempio storico il "Patto di Salerno", in cui il Partito
comunista di Togliatti apre addirittura ai monarchici.
Il
gruppo redazionale di Milano rifiuta decisamente <<qualsiasi ipotesi politica che in nome di un malinteso e distorto
"antimperialismo" promuova convergenze o addirittura alleanze
tattiche con settori provenienti dall'ambito fascista…>>. In sostanza
non è d’accordo che la case editrice pubblichi testi di provenienza “Destra
sociale”, i cui membri sono definiti anche “rossobruni”.
Personalmente
prendo posizione a favore del gruppo redazionale di Milano. Entrambi gli
schieramenti (il gruppo redazionale di Milano e l'editore Zambon) pongono al
centro della discussione l'antifascismo e la lotta all’imperialismo, ma
considero che l’antifascismo si squaglia come neve al sole se in nome di una
alleanza tattica antimperialista si promuovono alleanze con settori di chiara
origine fascista, qual è la cosiddetta destra sociale, i "rossobruni".
Affermare
che è necessario trovare alleanze per vincere l'imperialismo, perché l'imperialismo non lo vinceremo mai da soli, significa rinunciare ai principi
del marxismo ed ella lotta di classe, fondata su interessi inconciliabili fra
le classi sociali. Inoltre, ciò denota la assoluta mancanza della
consapevolezza della forza del proletariato. Il proletariato non ha necessità
di allearsi con altri settori, con altre classi perché è la classe
maggioritaria; nel mondo già nel 2013 il numero dei proletari ha superato i due
miliardi; se a questi aggiungiamo il sottoproletariato, altri miliardi di esseri
umani, emarginati (nel mondo ci sono almeno un miliardo di esseri umani che
vivono con meno di un dollaro al giorno e muoiono letteralmente di fame) si
comprende la forza di questa classe. Quello che manca è un partito di classe, a
livello internazionale, mondiale capace di aggregare questa massa di persone.
Pertanto il discorso dei rapporti di forza non va visto a livello locale, ma
globale, mondiale.
Chi
afferma – e non mi riferisco solo all’editore Zambon, ma a molti altri
esponenti della sinistra italiana ed europea, sia a livello di dirigenti che di
simpatizzanti – che il proletariato ha bisogno di alleanze con altre classi in
nome della lotta all’imperialismo, al capitalismo, al sistema perché classe
minoritaria o per rapporti di forza deficitari mostra una grande miopia; miopia derivante dal fatto che guarda solo
all'orticello di casa, all’Italia o all'Europa. Va detto chiaro e forte che
l’Europa nel suo complesso, con i suoi 500 milioni di abitanti non rappresenta
che il 7% dell'umanità e non ha futuro.
Chi
in Italia o in Europa si guarda intorno e vede pochi "comunisti" e
pertanto ne deduce che per ragioni derivanti da rapporti di forza deficitari sia
necessario allearsi con altri settori, altre classi sociali per vincere
l'imperialismo mostra da un lato la sua incapacità di analisi della realtà e dall’altro
commette l'errore di schierarsi con chi nei fatti non è anticapitalista e
antimperialista.
La
realtà, come dicevamo sopra, va vista nella sua globalità, ovvero a livello
mondiale e non c’è alcun dubbio che il proletariato rappresenta la classe
maggioritaria; il capitale, la borghesia trema al solo pensiero che la classe
sfruttata, il proletariato, possa prendere coscienza della sua forza. Arriviamo,
dunque al nocciolo del discorso: è imprescindibile la presenza di un partito
di classe internazionale, mondiale, capace di far prendere coscienza al
proletariato della sua forza, organizzarlo e indirizzarlo sul binario della
lotta di classe. Le parole d’ordine di Lenin sono sempre valide e attuali: “Studiare,
propagandare, organizzare”. Quindi, altro che alleanze con altre classi, è
fondamentale lo sviluppo teorico ed organizzativo del partito di classe, del Partito
Leninista.
Ovviamente
nel mondo ci sono tante esperienze partitiche in atto che lavorano precisamente
a questo obiettivo, ovvero alla costruzione del partito di classe. Cito a
titolo di esempio l’esperienza di Lotta Comunista,
partito rivoluzionario e di classe nato dall’iniziativa di Arrigo Cervetto e Lorenzo
Parodi, che quest’anno compie 50 anni di vita; un partito di classe che rifiuta
la logica della democrazia borghese, quindi non partecipa alle elezioni; non è
attraverso le elezioni borghesi che può prodursi il cambio del sistema, il
passaggio dal capitalismo al socialismo.
In
quanto allo schierarsi con la destra in nome di una lotta comune all’imperialismo
è un grosso errore perché la “Destra sociale“ o “Rossobruni” si ispira al fascismo
ed il fascismo non è anticapitalista e antimperialista. Il fascismo è l’espressione
del capitalismo; è lo strumento a cui ricorre il capitale quando si vede in
pericolo. La "democrazia borghese e rappresentativa" è il miglior
involucro del capitale (a tal fine vedasi Lenin), ma quando il capitale si vede
in pericolo ricorre al fascismo, alla dittatura. Ed è sufficiente guardare alla
storia, al passato.
Quando
si impone il fascismo in Italia? Il fascismo in Italia, per esempio, si impone
dopo la Rivoluzione d’ottobre, quando anche in Italia, con la nascita del Partito
Comunista d’Italia - Sezione della III Internazionale ed il “biennio rosso” delle lotte operaie nelle fabbriche del nord Italia, sembra possibile una rivoluzione.
In questo caso la classe dominante italiana, il capitale di fronte al pericolo
di una rivoluzione, ovvero di fronte al pericolo di perdere il potere, si
affida al fascismo, alla dittatura fascista quale strumento di repressione di
ogni possibilità rivoluzionaria. Lo stesso accade in Germania, in Spagna ed in qualsiasi
parte del mondo.
Pertanto
chi propone al proletariato alleanze con classi che non sono contrarie al
capitalismo (Patto di Salerno, Compromesso storico, Politica della
concertazione, Alleanza tattica con i rossobruni...) non sta facendo altro che
ingannarlo, condannandolo a rimanere sottomesso alla classe dominante e vanificando,
dunque ogni tentavo di liberarsi dell’oppressione.
L’esempio
storico, portato dal Zambon, del patto di Salerno è alla base di tutti gli “inciuci”
italiani. Quel “patto” è stata una scelta scellerata da parte di una dirigenza
di un partito (PCI) che già allora aveva rinunciato ai principi del marxismo ed
alla lotta di classe, fondata su interessi inconciliabili fra le classi
sociali.
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beh non mi sembra che Lotta Comunista abbia ottenuto chissà quale risultato nè che nella vita quotidiano il comportamento di questo movimento sia chissà quanto diverso da quello di un normale cittadino "capitalista". e allora sembra quasi essere comunisti per fede.
ResponderEliminario mi domanda se in un'epoca come questa, si debba ancora pensare alla rivoluzione marxista(ma siamo sicuri che oggi marx la farebbe? ), oppure si debba più pragmaticamente cercare di ripristinare la socialdemocrazia.