sábado, 8 de marzo de 2008

Il climatologo norvegese Olav Orheim avverte che i ghiacciai del Polo Nord potrebbero ritirarsi interamente la prossima estate

Attilio Folliero, Caracas 08/03/2008


Il climatologo norvegese Olav Orheim, nella foto (1), già Presidente dell’Istituto Polare Norvegese ed attualmente segretario esecutivo del “Anno Polare Internazionale della Norvegia” in una intervista rilasciata alla Agenzia di Stampa cinese "Xinhua" ha avvertito il mondo che i ghiacciai del Polo Nord potrebbero ritirarsi interamente già la prossima estate, se si ripetessero le alte temperature raggiunte l'estate scorsa.

Orheim ha detto chiaramente: “Il risultato delle multiple osservazioni realizzate durante le settimane più calde della scorsa estate ha evidenziato un calo della superficie totale dei ghiacciai dell'Oceano Glaciale Artico fino a 3 milioni di chilometri. Tale cifra, prima dell'anno 2000 ammontava mediamente a 7,5 milioni di chilometri, il che dimostra che a partire dall'anno 2000 si è accelerato il ritmo del riscaldamento globale. La situazione va di male in peggio" Ed ha aggiunto: "Se la temperatura media annuale di quest'anno in Norvegia si mantiene ai livelli dello scorso anno, tutto lascia pensare che la cappa di gelo del Polo Nord si ritirerà totalmente durante i giorni più caldi dell'estate. E' molto probabile che ciò accada" (2).

Queste le parole dell'illustre scienziato norvegese che da oltre 40 anni studia i ghiacciai.

E’ un dato di fatto incontestabile che i ghiacciai perenni del Polo Nord si stiano sciogliendo. Lo scioglimento, dovuto al riscaldamento globale, sta avvenendo in una maniera cosi veloce che ormai è visibile semplicemente analizzando le foto satellitari scattate da un anno all’altro.


Foto del Polo Nord, 21/09/2005

Foto del Polo Nord, 16/09/2007

Come si può osservare, è chiarissimo il ritiro dei ghiacciai del Polo Nord in soli due anni. Tale effetto non è visibile solamente al Polo Nord, anzi in altri luoghi della terra il fenomeno è ancora più accentuato.


Foto del Kilimangiaro scattata nel 1993

Foto del Kilimangiaro scattata nel 2000

La superficie dei ghiacciai perenni del Kilimangiaro, in Tanzania, la montagna più alta dell'Africa si è ridotta dell'83% in soli 7 anni, fra il 1993 ed il 2000.

La causa?

La causa è da ricercare nell'innalzamento della temperatura globale del pianeta. La temperatura si innalza per vari motivi, alcuni indubbiamente naturali sui quali l'uomo non può intervenire, quali ad esempio il rilascio nell'atmosfera del calore interno del pianeta o l'irraggiamento solare. Ma accanto a tali fattori naturali, vi sono altri che stanno enormemente accelerando il fenomeno, come l'enorme quantità di gas di scarico immessa nell'atmosfera a causa dello sviluppo industriale; tra questi gas di scarico il più incriminato è sicuramente l'anidride carbonica (CO2).

Anche se alcuni scienziati, come quelli al soldo della American Enterprise Institute (3) si affannano a negare la relazione tra gas di scarico, prodotti dal nostro sviluppo insostenibile e l'innalzamento globale della temperatura, il grafico sottostante che mostra, per gli ultimi 1000 anni, la temperatura sulla terra e la quantità di anidride carbonica immessa nell'atmosfera, sembra confermare pienamente la relazione.


Nel momento in cui sul pianeta Terra si consolida l'attuale sistema economico capitalistico (a partire dal secolo XIX), basato sull'accumulazione ed il consumismo sfrenato, inizia anche la crescita esponenziale dei gas di scarico, (CO2) e della temperatura. Nel grafico sembra evidente la relazione fra aumento delle immissioni di anidride carbonica (in azzurro) ed innalzamento della temperatura (in rosso).

Mentre politici e capi di stato di tutto il mondo perdono tempo in chiacchiere inutili, la terra, il nostro unico pianeta, sta subendo trasformazioni che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza della specie umana e della vita intera sul pianeta.

In tempi molto brevi, questione di pochi decenni e forse pochi lustri, lo scioglimento dei ghiacciai dei poli determinerà l'innalzamento degli oceani, con la conseguenza che molte delle attuali città costiere saranno sommerse dalle acque. Tra il 15% ed il 20% della popolazione mondiale, ossia circa un miliardo di persone, sarà costretta a spostarsi e cercare nuovi spazi, nuove città dove vivere, con tutte le conseguenze immaginabili.

Francamente non sappiamo se la situazione è irreversibile, ma è certo che fino a quando ci sarà l'attuale sistema economico capitalistico sul pianeta terra, la situazione andrà di male in peggio.

Attilio Folliero, LPG, Caracas, 08/03/2008

Note

(1) Le foto a corredo dell'articolo sono di fonte Agenzia si Stampa cinese "Xinhua" (Dr. Olav Orheim, in alto a sinistra, e le due foto del polo nord) e Wikipedia (le restanti tre).

(2) Il testo dell''intervista a Olav Orheim è di fonte Xinhua (nostra traduzione dallo spagnolo).

(3) La American Enterprise Institute è un istituto di ricerca fondato dalla Exxon. La Slynation ha accusato la Exxon di aver fondato questo Istituto di ricerca allo scopo di finanziare scienziati impegnati a confutare la tesi del cambiamento climatico. Leggasi a tal proposito l'articolo "La Exxon Mobil all'attacco del Venezuela"
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