Attilio Folliero, Caracas 08/02/2012
Sul Corriere della Sera (on line) del 26/01/2012 è apparsa una “perla” di giornalismo nostrano a firma di Francesco Tortora. Si fa sicuramente fatica a definire “medio informativo” un giornale come il Corriere, che nella foga di disinformare gli italiani, ricorre ad articoletti di pessimo gusto, di dubbia eticità, di profonda ignoranza dell’argomento trattato, il Venezuela, e di macroscopiche bugie, a cui nessun italiano avrà creduto, come quello a firma del summenzionato giornalista.
A leggere il corriere e gli altri media della disinformazione italiana, l’Italia sembra non avere problemi, sembra un paese dove tutto viaggia a gonfie vele e per riempire gli spazi è necessario ricorrere alle notiziole di Francesco Tortora. Ci sono o non ci sono notizie, un giornale ha sempre lo stesso numero di caratteri, per cui gli spazi vanno riempiti sempre.
Il giornalista Tortora, evidentemente deve ricorrere alle notiziole da quattro soldi per riempire gli spazi; lui non si accorge che il paese sta annegando, che gli italiani stanno letteralmente sparendo, essendo scesi a meno di 56 milioni, secondo le ultime cifre e che le previsioni del Census/Cia degli USA di 49 milioni di italiani per 2050, diventano addirittura ottimistiche; lui, il giornalista Tortora non si accorge che milioni di italiani non arrivano alla fine del mese; che si sta smantellando il diritto alla salute, allo studio ed alla educazione; il diritto ad un lavoro dignitoso è ormai una chimera ed il diritto ad una vecchiaia serena è una favola del passato; lui, il giornalista Tortora non si rende conto che quando sarà anziano, la pensione potrà vederla nel binocolo; non si accorge che le fabbriche stanno chiudendo o stanno lasciando il territorio italiano; ovviamente, lui non si accorge dei disoccupati e neppure del crollo della borsa italiana e di quelle degli altri paesi occidentali.
Il giornalista Tortora, evidentemente deve ricorrere alle notiziole da quattro soldi per riempire gli spazi; lui non si accorge che il paese sta annegando, che gli italiani stanno letteralmente sparendo, essendo scesi a meno di 56 milioni, secondo le ultime cifre e che le previsioni del Census/Cia degli USA di 49 milioni di italiani per 2050, diventano addirittura ottimistiche; lui, il giornalista Tortora non si accorge che milioni di italiani non arrivano alla fine del mese; che si sta smantellando il diritto alla salute, allo studio ed alla educazione; il diritto ad un lavoro dignitoso è ormai una chimera ed il diritto ad una vecchiaia serena è una favola del passato; lui, il giornalista Tortora non si rende conto che quando sarà anziano, la pensione potrà vederla nel binocolo; non si accorge che le fabbriche stanno chiudendo o stanno lasciando il territorio italiano; ovviamente, lui non si accorge dei disoccupati e neppure del crollo della borsa italiana e di quelle degli altri paesi occidentali.
Il giornalista Tortora, invece di stare a perdere il tempo con le false notiziole sul Venezuela, forse farebbe meglio ad informarsi sui dati della borsa italiana, che nel corso del 2011 ha perso il 25% e dal 2007 ha perso il 63%; lui non si accorge che le azioni di grandi aziende italiane, quotate in borsa stanno perdendo oltre il 90% e qualcuna anche più, fino al 98% e perfino 99% del valore che avevano prima della crisi! Il giornalista Tortora non si accorge che nel suo paese, l’Italia, l’IVA è arrivata al 21% ed è possibile che arrivi al 22% e perfino al 22,5%; lui non si accorge che la benzina è a poco meno di 2 euro il litro.
Lui, il giornalista Francesco Tortora vive nel mondo della fantasia e quindi non si accorge di niente. Pertanto, vivendo nel paese dei balocchi, dove non ci sono problemi e non succede mai niente, per riempire gli spazi del giornaletto su cui scrive deve ricorrere a notiziole e pseudo notizie come quelle riportate nel suo articolo: La figlia di Chavez? «Troppo capitalista», col quale dimostra di ignorare totalmente la realtà del Venezuela, della quale pretende parlare, ovviamente con l’unico fine di screditare il paese ed i suoi attuali governanti.
Il giornalista Tortora mostra di ignorare che il Venezuela è un grande paese petrolifero, anzi decisamente ignora che siamo di fronte alla prima riserva petrolifera del mondo, con 299 miliardi di barili accertati e, man mano che le società internazionali di certificazione delle riserve petrolifere continuano nel lavoro di accertamento, sicuramente le riserve del Venezuela aumenteranno, forse raddoppieranno.
Il giornalista Francesco Tortora disconosce che il petrolio si commercializza in dollari e che il principale socio commerciale del Venezuela è quel paese chiamato “Stati Uniti d’America”, che ha per moneta il dollaro; sicuramente ignora anche che il Venezuela possiede gas, coltan, ferro, alluminio e tanto oro; in Venezuela esiste una delle più grandi miniere di oro del mondo e forse la più grande in assoluto con oltre 500 tonnellate accertate di oro (al momento).
Il 90% del mercato estero venezuelano avviene in dollari e solo il restante 10% in sucre, la neonata moneta dell’ALBA, od altre monete. Tutto si commercializza in dollari e tutti usano ed hanno dollari in Venezuela. La maggior parte del debito pubblico venezuelano è in dollari e tutti i cittadini del Venezuela acquistano titoli del debito pubblico in dollari, il cui monto allo scadere è pagato in dollari e gli interessi, generalmente semestrali con tassi di interesse al 7% circa, sono liquidati pure in dollari. Nella foto sottostante proponiamo un titolo del debito pubblico venezuelano in dollari.
In Venezuela tutti hanno dollari; al figlio della portinaia del mio edificio, a natale, a pasqua, o per il compleanno, il sottoscritto regala sempre qualche dollaro che la madre provvede a mettergli da parte.
Il giornalista Tortora, da persona poco informata sul Venezuela, di cui pretende scrivere, nella foga di screditare il presidente di questo paese, Hugo Chávez, finisce per confondere la diffusione del dollaro con il controllo del cambio, mostrando di ignorare anche la storia economica d’Italia; se lui avesse studiato un minimo di storia economica italiana, saprebbe che il suo paese, l’Italia, fin dal 1866, a più riprese, ha adottato un ferreo controllo del cambio; in particolare, dalla prima guerra mondiale e fino agli anni ottanta del secolo passato, in Italia è rimasto in vigore il controllo del cambio della lira col dollaro, il cui prezzo di scambio era stabilito dalle autorità competenti e per decenni fissato a 600 lire circa per dollaro. Ora, confondere il possesso dei dollari con il controllo del cambio, ampiamente utilizzato in Venezuela da prima di Chávez e da questi reintrodotto nel 2003, significa essere ignoranti in tema e fare disinformazione.
In Venezuela tutti possiedono dollari ed il giornalista Francesco Tortora fa finta di meravigliarsi quando la figlia di Chávez, una ingenua ragazzina di 14 anni, diffonde tramite un social network una foto con dei dollari in mano; ovviamente lui tace quando la stessa foto è postata da qualsiasi altro ragazzino, come il figlio della portiera del mio edificio.
La ragione per cui tutti possiedono dollari è dovuta al fatto che nei due decenni precedenti l’avvento di Chávez, la svalutazione della moneta locale era all’ordine del giorno ed aveva perso così tanto valore, da essere praticamente carta straccia che nessuno voleva all’estero. Di conseguenza tutti quelli che se lo potevano permettere, si cautelavano cercando di accumulare dollari, comprandoli al mercato nero. Oggi, grazie al ferreo e serio controllo del cambio ed alle politiche economiche e monetarie adottate dal governo e dagli organi competenti le cose stanno cambiando. Ovviamente, il bolívar, la moneta locale, continua ad essere una moneta rifiutata all’estero, anche se ancora per poco tempo. Effettuare un viaggio all’estero o acquistare un prodotto all’estero tramite Internet, necessita il possesso di dollari, effettivi o elettronici; il controllo del cambio, in Venezuela oggi, come in Italia ieri, comporta la possibilità di cambiare una quantità limitata di moneta locale; tale quantità nella maggior parte dei casi è sufficiente per coprire le proprie necessità (per esempio un viaggio di circa un mese in Europa, o acquistare un computer negli USA tramite Internet), ma dato che alcuni vogliono molto di più, magari per esportare illegalmente all’estero i propri soldi, si ricorre al mercato nero; esattamente come avveniva in Italia, quando esisteva il controllo del cambio ed i furbastri del Belpaese esportavano illegalmente i soldi in Svizzera.
In ogni caso, in Venezuela, oltre al controllo del cambio (al quale accedono soprattutto le persone che hanno problemi con la giustizia, o lavano i proventi di attività illecite, come i narcotrafficanti) esiste - come visto anteriormente - un metodo lecito e semplice per entrare in possesso dei dollari, ossia la compravendita dei titoli del debito pubblico in dollari, il cui prezzo oggi è leggermente superiore al cambio ufficiale, ma inferiore al prezzo del mercato nero.
Il controllo del cambio venne introdotto in Venezuela, come in Italia ed in numerosi stati per tutelare il paese dalla rovina. I governi italiani che si sono succeduti dal 1866, per impedire che si sperperassero le riserve internazionali nel tentativo di fissare un cambio giusto ed opportuno per la lira, hanno imposto un controllo del cambio, attraverso il quale il governo e le autorità competenti fissavano il prezzo della moneta nazionale, invece di affidarlo alla legge della domanda e dell’offerta, riservandosi ovviamente anche di cambiare ai propri cittadini un numero ristretto di dollari, comunque sempre sufficienti per coprire le proprie necessità; una impresa che importa beni dall’estero, o una persona che decide di fare una vacanza, o un periodo di studio all’estero ottiene il controvalore in dollari necessario a coprire queste esigenze.
In Venezuela, il sistema sta funzionato egregiamente ed ha impedito che la moneta locale continuasse a sprofondare. Ovviamente nessun sistema funziona al 100%; per esempio in Italia c’è stata la fuga dei capitali all’estero, soprattutto verso la Svizzera, a cui il governo Berlusconi ha cercato di porre rimedio attraverso lo scudo fiscale. Probabilmente il giornalista Francesco Tortora ignora tutto questo, altrimenti non si sarebbe soffermato a scrivere le cavolate che ha scritto.
A parte la sua ignoranza sul Venezuela, nel suo articolo, coinvolgendo una bambina, la figlia minorenne del presidente Chávez, il giornalista Tortora dimostra anche di non conoscere i principi basilari dell’etica del giornalismo. In aggiunta, il giornalista Tortora dovrebbe anche vergognarsi di considerare gli italiani degli emeriti imbecilli, capaci di digerire la storiella del cambio dello stemma.
Testuali sue parole, tratte dall’articolo citato: “Non è la prima volta che la figlia minore di Chavez fa parlare di sé. Quando aveva appena otto anni suggerì al padre di cambiare lo stemma del cavallo presente sulla bandiera venezuelana: l'equino stampato sul vecchio drappo, correva da sinistra a destra, ma la piccola fece notare che in un paese socialista fosse più giusto che il nobile animale facesse il percorso inverso. Il leader proletario si mostrò d'accordo e presto fu presentato un emendamento per modificare la Costituzione e la bandiera nazionale”.
Io credo che gli italiani abbiano un cervello e pertanto nessuno ha creduto a questa storiella della bambina di otto anni esperta in filosofia, perché per poter suggerire al padre presidente – come dice il Tortora - che era necessario cambiare il verso del cavallo (da destra a sinistra) perché l’ideologia socialista è di sinistra, comporta conoscenze filosofiche che nessun bambino di otto anni possiede. E poi: il padre presidente di fronte alle proverbiali lezioni universitarie di filosofia della figlia di otto anni, si convince ed innesca la riforma costituzionale. Il giornalista Tortora ha dimenticato di aggiungere che i deputati, commossi da tanta sapienza della figlia di Chávez, di otto anni, hanno accettato di innescare il farraginoso meccanismo di riforma costituzionale. Ma il signor Tortora crede veramente che gli italiani siano così stupidi da credere a questa storiella?
Lo stemma del Venezuela è stato cambiato non per le conoscenze filosofiche di una bambina di otto anni o per i capricci di un presidente, ma perché si è voluto tornare allo stemma originario del Venezuela, dove il cavallo, simbolo di libertà, galoppava verso sinistra.
Nelle immagini sottostanti si ripercorre brevemente la storia dello stemma del Venezuela. Il cavallo appare per la prima volta (1822) nello stemma della recente nata (1821) Gran Colombia, stato che raggruppava gli attuali territori del Venezuela, della Colombia, di Panama, dell’Ecuador e piccoli parti di territorio del Brasile, del Costa Rica, della Guyana, del Nicaragua e del Perú. In questo primo stemma il cavallo, che galoppava verso sinistra, simboleggiava il galoppo verso la libertà dei popoli dell’America Latina, popoli che per oltre trecento anni erano stati sottomessi al dominio degli europei. Dopo la dissoluzione della Gran Colombia (1831), il Venezuela adotta uno stemma simile, in cui però erroneamente appare un cavallo, che invece di correre verso la libertà, appare frenato dato che voltarsi a guardare alle spalle sicuramente rallenta la corsa; questo fu il motivo per cui successivamente (1863 e 1871) lo stemma venne modificato, riportandolo alla originaria posizione (corsa a sinistra) e con la testa che guarda in avanti.
Nel 1954, la dittatura dell’epoca rimette il cavallo a galoppare verso destra con la testa girata a guardare indietro; la nuova modifica allo stemma, introdotta dal Parlamento nel 2006, riporta il cavallo nella direzione originaria.
Con tutto il rispetto per lo stemma, la cui modifica in Venezuela è passata praticamente sotto silenzio, salvo le “grida” di un ridotto gruppo di scalmanati, faziosi ed ignoranti, cui evidentemente ha attinto il Tortora, non credo sia il caso di dargli importanza, considerati gli enormi problema che attanagliano il mondo, l’Italia, o lo stesso Venezuela. Per il giornalista Tortora, che vive nel mondo della fantasia, è normale perdere tempo inventando la stupida storiella della bambina filosofa a cui nessun italiano ha creduto.
Il giornalista Tortora, nel suo eccellente articolo, vorrebbe far passare i venezuelani per degli accattoni alla ricerca di qualche dollaro. A riguardo credo sia sufficiente informare l’articolista del corriere che pochi giorni fa, esattamente lo scorso 2 febbraio, una cantante italiana, Laura Pausini, ultima di una lunga lista di cantanti internazionali (Andrea Bocelli, Elton John, Juan Luis Guerra…) ha cantato a Caracas davanti ad un pubblico che ha pagato fino a quasi 1.000 dollari; dubito che la Laura Pausini abbia mai cantato in Italia, o in qualsiasi altro posto, per un pubblico capace di sborsare tanti soldi per un concerto di musica leggera! Per il Tortora, questi sarebbero gli accattoni alla ricerca di qualche dollaro.
Il giornalista Tortora ignora che il Venezuela, da quando è governato da Chávez e si è liberato del Fondo Monetario Internazionale, è cresciuto parecchio; la povertà, che riguardava il 70% della popolazione, sta sparendo; nel Venezuela ci sono grandi centri commerciali e grandi attrattive turistiche naturali, come l’arcipelago corallino di Los Roques o la cascata del Churumenù, la più alta del mondo, che dubito il signor Tortora si possa permettere di visitare con lo stipendio che gli passa il suo giornale.
In questi giorni un periodico venezuelano, mostrando la foto del naufragio della costa crociere, titolava “Venezuela progredisce, mentre l’Europa affonda”, facendo un esplicito riferimento a Spagna e Italia.
Personalmente ritengo poco etico anche questo tipo di giornalismo e se fossi stato il direttore di questo giornale non avrei permesso di inserire la foto di un dramma.
Personalmente ritengo poco etico anche questo tipo di giornalismo e se fossi stato il direttore di questo giornale non avrei permesso di inserire la foto di un dramma.
Ho inserito questo titolo di giornale a nove colonne, con la relativa foto, per far capire al signor Tortora ed ai disinformatori di professione come lui, qual è la situazione del paese che crede di denigrare. Il giornalista Tortora ignora che la crescita del Venezuela è assicurata anche per il futuro, perché si stanno costruendo milioni di appartamenti; si stanno avviando imprese di tutti i tipi, comprese imprese di autoveicoli e satelliti geostazionari; per i prossimi trent’anni si costruiranno 10.000 km di ferrovie, alla cui costruzione sta contribuendo anche la Impregillo.
L’economia venezuelana, al contrario di quello che il Tortora vorrebbe far trasparire dal suo articoletto, va a gonfie vele: ha fatto registrare una crescita del 5% nel 2011 e nel prossimo quinquenio si stima che possa crescere ad una media annua del 7/8%.
E’ bene ricordare al giornalista Tortora, che in Venezuela oltre al possesso abbastanza diffuso dei dollari, esiste anche la borsa, ovviamente una piccola borsa in linea con l’economia del paese; probabilmente il giornalista, avendo mostrato poca dimestichezza con l’economia, ignora che la borsa sia lo specchio dell’economia di un paese; l’economia italiana sta messa male, quindi la borsa affonda: -25% nel 2011 e -63% dal 2007. Il Venezuela è un paese in crescita economica, quindi la borsa ne risente positivamente: nel 2011 la borsa di Caracas ha fatto registrare un +77,78%, risultando quella con il più alto indice di crescita fra tutte le borse del mondo. La borsa di Caracas è anche quella che cresce di più al mondo dal 2007 ad oggi. Chi ci segue, sa bene che noi consideriamo come punto iniziale della crisi il giorno in cui il Dow Jones raggiunse il massimo storico (09/10/2007); a partire da quella data e fino al 2011, l’indice della borsa di Caracas ha fatto registrare la più alta crescita fra tutti gli indici delle borse del mondo: + 201%! Sul tema invitiamo a leggere nostro articolo: “Andamento delle borse mondiali nel 2011 e dal 2007”.
In quanto al dollaro, che il giornalista definisce “valuta pregiata”, si consiglia di disfarsene quanto prima, nel caso qualcuno avesse qualche dollaro da parte, perché prossimamente varrà meno della carta igienica usata. Si consiglia di rifornirsi di Sucre (quando nei prossimi anni da moneta virtuale diventerà moneta reale), perché questa moneta è destinata a diventare una delle monete di riferimento per i commerci mondiali, essendo la moneta della zona (America Latina) che possiede le maggiori riserve energetiche (petrolio e gas) ed acquatiche del pianeta, oltre ad oro e tante altre risorse strategiche.
La prossima volta che l’egregio giornalista Tortora decide di scrivere sul Venezuela, consigliamo di documentarsi meglio, magari chiedendo informazioni all’amministratore delegato dell’ENI, Paolo Scaroni, che in Venezuela è di casa o a qualche alto dirigente delle varie imprese italiane che operano e guadagnano in Venezuela; un semplice consiglio per evitare ulteriori figuracce.
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