Messaggio
di Attilio Folliero alla “Festa del fuoco e della parola” svoltasi a Cava dei Tirreni (Salerno) il 6 e 7 dicembre
2014 ed organizzata da ANROS Italia. In tale occasione si è svolto il primo Congresso Nazionale dell'Associazione Nazionale di Reti e Organizzazioni Sociali - Sezione Italia (ANROS Italia).
Attilio Folliero, Caracas 04/12/2014
E’ il caso precisamente del Venezuela. Il Venezuela è un paese immenso, quasi un milione di chilometri quadrati, tre volte l’Italia, pochisima popolazione, la metà di quella italiana e ricchissimo di risorse naturali. Tutti sanno che in Venezuela c’è la più grande riserva di petrolio del mondo, quasi 300 miliardi di barili stimati, il 20% di tutto il petrolio esistente. Tutti sanno che per mezzo secolo il Venezuela è stato il secondo produttore mondiale ed il primo paese esportatore di petrolio; è stato il paese che più di tutti ha impulsato la nascita dell’OPEC, l’organizzazione dei paesi produttori di petrolio.
Il
Venezuela però non è solo petrolio; possiede anche gas, bauxite, cioè
alluminio, coltan, ferro, terre rare ed oro per citare le principali risorse.
Riguardo l’oro in Venezuela si trova probabilmente la miniera con la maggior
riserva del mondo; “Las Cristinas” nello stato Bolivar con 500 tonnellate di oro
stimate è una delle miniere più grandi del mondo, se non la più grande in
assoluto. Tutti conoscono il Venezuela anche per il cacao; il cacao “Chuao” è
la qualità più pregiata, che rappresenta il punto di riferimento di tutto il
cacao mondiale.
Da
sempre, gli ingressi derivanti da queste immense risorse finivano nelle tasche
dell’oligarchia locale, che dopo l'indipendenza si è appropriata della direzione del paese, del governo.
Quando
si scopre il petrolio, l’imperialismo statunitense in cambio dello sfruttamento
di queste immense risorse a prezzo regalato appoggia militarmente le varie dittature che si susseguono. Queste dittature grazie appunto all’aiuto militare statunitense possono
governare come credono, sfruttando il popolo, opprimendolo ed arricchendosi
grazie agli introiti derivanti da tutte le risorse che finiscono nelle tasche delle classi dominanti. Le grandi multuinazionali petrolifere ottengono enormi
benefici da questa situazione, pagando infime regalie, magari dell’1%.
Quando
nel 1957 cade l’ultima dittatura formale, quella di Marcos Perez Jimenez, il
popolo pensava di aver conquistato la libertà, la democrazia, un po’ di
giustizia e migliori condizioni economiche e sociali. Ma così non sarà. Alla
dittatura formale succede una dittatura ancora più feroce, anche se con sembianze
democratiche. Una apparente democrazia in cui i governi erano eletti in
presunte elezioni libere e democratiche. Ma a partire proprie dalle elezioni,
la democrazia era solo un vestito sotto il quale si celeva una feroce
dittatatura durata 40 anni, i terribili 40 anni della IV Repubblica. Nasce in
questo periodo la figura del “Desaparecido”; l’avversario político o
semplicemente la persona che espressava avversione al regime veniva
letteralmente fatta sparire. Migliaia di persone in questi 40 anni sono “desaparecidos”.
In caso il cadavere del desaparecido venisse ritrovato, per evitare ogni
possibile riconoscimento, allo sfortunato “avversario politico” venivano
amputate perfino le mani; i responsabili della polizia politica erano
“premiati” proprio in base al numero di mani che amputavano; riempivano sacchi
interi!
Particolarmente
violenta fu la repressione della polizia politica sotto la direzione di un personaggio
tristemente celebre: Luis Posada Carriles, agente della CIA. Posada Carriles,
tra l’altro è l’autore materiale dell’attentato all’aereo cubano (6 ottobre
1976) in cui morirono le 73 persone a bordo, tra le quali i 24 membri della
nazionale giovanile di scherma cubana, di ritorno dai Campionati Centramericani
e Caraibici. Luis Posada Carrilles è reo confesso e praticamente ammette tutte le responsabilità nel suo libro di memorie “Los Caminos del Guerrero” del 1994.
Oggi, il ricercato Posada Carrilles vive liberamente protetto negli Stati Uniti,
che hanno sempre negato l’estradizione delle autorità venezuelane e cubane.
E le elezioni
democratiche, libere e segrete? Hugo Chávez ha raccontato spesso come si
svolgevano queste elezioni o meglio come avveniva il conteggio dei voti. Lui
era un militare di carriera e spesso gli è toccato partecipare alle elezioni come
membro delle forze dell’ordine. Racconta Chávez, testimone oculare, che quando
dall’urna usciva un voto a favore dei partiti di opposizone, per esempio a
favore del Partito Comunista, il cui simbolo è il gallo, nel seggio si gridava:
“Chicchirichi questo voto è per me” e si contabilizzava a favore di uno dei due
partiti che si alternavano al governo: i socialdemocratici del Partito “Accion
Democratica” o i socialcristiani di “COPEI”; all’uscita del seguente voto a
favore di un partito dell’oposizone si gridava: “Chicchirichi questo voto è per
te” contabilizzandolo all’altro partito; in questo modo i due partiti che si
alternavano al governo si spartivano tutti i voti espressi a favore
dell’opposizione.
Mentre
l’oligarchia si appoderava di tutte le risorse del paese, il popolo sfruttato cadeva
sempre più nella povertà.
Il
27 febbraio del 1989 scoppia il “Caracazo”, la prima ribellione di un popolo
contro le politiche neoliberali imposte dal Fondo Monetario Internazionale. Era
successo che il governo di Carlos Andres Perez, recentemente insediatosi, a
fronte di un prestito concesso dal FMI aveva adottato politiche neoliberali
profondamente antisociali: dallo smantellamento e privatizzazione di tutte le
imprese statali, all’aumento indiscriminato dei prezzi di beni e servizi. La
goccia che fece traboccare il vaso, fu l’aumento del prezzo della benzina e per
conseguenza l’aumento del prezzo del trasporto. Mentre i salari erano congelati
(e rimasero congelati per 4 anni di seguito) a fronte di una inflazione
galoppante che arrivò a superare il 100% all’anno, il popolo letteralmente
moriva di fame; emblematico l’aumento del consumo di perrarina, il cibo per i
cani. La stragrande maggioranza del popolo non potendosi permettere di comprare
carne o latte era costretta a comprare il cibo che si dava ai cani, enormemente
più economico.
L’oligarchia del Venezuela di fronte all’enorme aumento della domanda del cibo per i cani, intravide un’altra opportunità di guadgano, aumentando anche tale prezzo. Insomma al popolo non rimase altra alternativa per sopravvivere che assaltare i negozi.
Inchiesta "Gente que come Perrarina" del periodico "Producto" di Caracas, diciembre 1990, Anno 8, N. 87, pag. 110. Cliccare per ingrandire.
La
reazione dell’oligarchia dominante e del governo fu talmente smisurata che dopo
tre giorni di dura repressione si ebbero migliaia di morti. Il numero esatto dei
morti non fu mai accertato e praticamente non si accerterà mai, ma una cosa è
certa furono migliaia. Il ministro della Difesa, l’Italo-venezuelano Italo Del Valle
Alliegri diede l’ordine all’esercito di sparare e reprimere la ribellione casa
per casa.
Antonio Ledezma, deputato, segretario privato del Presidente Carlos Andres Perez, uomo importante del partito di governo "Acción Democrática", futuro governatore di Caracas ebbe un ruolo importante nella repressione.
Nei quartieri più poveri di Caracas, come El Valle o Coche, l’esercito e la polizia metropolitana entrava negli edifici e negli appartamenti e sparava senza pietà. Celebre la frase, típica di tutto il periodo della IV Repubblica e quindi anche in occasione della ribellione del Caracazo: “Dispara primero y averigua después”, ossia l’ordine impartito ai militari era “Prima spari e dopo ti accerti dell’identità della persona a cui hai sparato”.
Antonio Ledezma, deputato, segretario privato del Presidente Carlos Andres Perez, uomo importante del partito di governo "Acción Democrática", futuro governatore di Caracas ebbe un ruolo importante nella repressione.
Nei quartieri più poveri di Caracas, come El Valle o Coche, l’esercito e la polizia metropolitana entrava negli edifici e negli appartamenti e sparava senza pietà. Celebre la frase, típica di tutto il periodo della IV Repubblica e quindi anche in occasione della ribellione del Caracazo: “Dispara primero y averigua después”, ossia l’ordine impartito ai militari era “Prima spari e dopo ti accerti dell’identità della persona a cui hai sparato”.
Dopo
la repressione e le migliaia di morti tornò una calma apparente a Caracas e nel
resto del Venezuela. Il governo sospese le garanzie costituzionali ed istituì un coprifuoco che inizava alle sei di sera. Il coprifuoco fu l’ennesima occasione
per liberarsi di centinaia di avversari politici, presunti o veri, che vennero
ammazzati con la scusa di aver violato il coprifuoco.
Anche
dopo il Caracazo, la situazione del popolo continua a peggiorare. Nel 1994 la
società Venezuela già in profonda crisi sotto ogni punto di vista, economico,
politico, sociale e morale avrebbe sperimentato un ulteriore aggravamento con
la crisi bancaria, ossia il tracollo del settore bancario ed assicurativo:
fallirono oltre la metà delle banche e degli istituti finanziari del paese, tra
cui la principale, il “Banco Latino”.
Come
reagì il Governo? Invece di aiutare e sostenere il popolo che perse tutti i
pochi e sudati risparmi depositati, il governo trasferì ingenti quantità di
denaro pubblico alle banche per evitare il fallimento. I banchieri letteralmente
afferrarono il malloppo, rappresentato dai risparmi depositati e dagli aiuti
del governo e scapparono all’estero. Nessuno è mai finito in galera, neppure
per un giorno.
Intanto
nel 1992, un gruppo di militari al comando di un tenente sconosciuto, tale Hugo
Chavez tenta una ribellione militare. Ai militari era toccato l’ingrato compito
di reprime il popolo e molti si erano rifiutati di obbedire agli ordini. I
militari in Venezuela sono esponenti del popolo, membri delle classi più umili
ed erano molto indignati per aver dovuto usare le armi contro il proprio
popolo. “Maldito el soldato que dispare contra su pueblo”, ebbe a dire Bolivar,
in italiano “Sia maledetto il soldato che spara contro il proprio popolo”.
Un
migliaio di militari decidono di ribellarsi e dare l’assalto al palazzo
presidenziale, il 4 febbraio del 1992; la ribellione fallisce, ma consegna al
popolo la speranza di un futuro migliore. Succede che quel giorno, il
comandante dei ribelli, Hugo Chavez, che aveva utilizzato per la direzione
delle operazioni un fortino militare, denominato “Cuartel de la montaña”
proprio di fronte al palazzo presidenziale (dove sarebbe stato seppellito alla
sua morte, nel 2013) mentre viene arrestato è intervistato da una televisione e
per l’occasione lancia un famoso messaggio ai compagni ribelli che ancora
resistevano ed al popolo intero; il famoso discorso del “Por Ahora”, “Per adesso”… “Per adesso le cose non sono andate come speravamo,
ma verranno tempi migliori”. Con questa frase, quel militare entra
nell’immaginario collettivo; per la prima volta un militare, una persona dava
speranza per il futuro… verranno tempi migliori.
Discorso del "Por ahora" di Hugo Chavez
Discorso del "Por ahora" di Hugo Chavez
Molti
militari ribelli si erano asserragliati in un edificio nella zona di Catia, un
quartiere popolare di Caracas, vicino al “Cuartel de la Montaña”, la caserma scelta da Chavez come base per le operazioni miliari. Ebbene, quando
questi militari si arresero e scesero uno ad uno per essere arrestati e
trasportati in autobus, spontanamente la folla cominciò ad applaudirli.
Chavez
ed i militari ribelli sono tutti condannati e finiscono in carcere. La via
della rebillione militare, però non finisce quel giorno; il 27 novembre di quel
1992 scoppia un’altra ribellione militare, che fallisce ugualmente.
La
situazione del paese è drammatica; la crisi è generale ed il popolo è sempre
più povero, abbandonato ed affamato.
Nel
1996, secondo dati ufficiali della Banca Centrale del Venezuela (BCV), l’85,78%
della popolazione venezuelana viveva in povertà ed il 65,32% in estrema
miseria. La situazione del paese era realmente drammatica.
Accanto
alla crisi economica c’è la crisi política ed istituzionale. Il 20 maggio 1993
il Presidente Carlos Andres Perez è destituito dalla Corte Suprema, accusato di
appropriazione indebita e appropriazione indebita fraudolenta. Durante il
proceso si accertò, tra l’altro, che una parte dei fondi sottratti al paese furono
utilizzati nel favorire l’ascesa di Violeta Chamorro alla presidenza del
Nicaragua.
A
Carlos Andrés Perez seguí un presidente ad interim nella persona di Octavio
Lepage e successivamente un presidente eletto dal Senato, nella persona di Ramón
José Velásquez in attesa delle nuove elezioni presidenziali.
Con
i partiti tradizionali, come Accion Democratica e COPEI ormai allo sbando, ne
approfitta un vecchio politico, Rafael Caldera, già presidente per il partito
COPEI tra il 1969 ed il 1974. Caldera non solo si presenta alle elezioni con
una nuova formazione per ricrearsi una verginità política a cui ovviamente
nessuno crede, ma promette al popolo che in caso fosse eletto presidente
avrebbe concesso l’indulto ad Hugo Chavez ed ai militari delle due ribellioni.
Aveva capito che Chávez godeva di grande popolarità. Sfruttando la sua promessa
venne eletto e mantiene la promessa di concedere l’indulto a Chavez ed ai
militari ribelli.
Chávez
esce dal carcere e trova ad attenderlo una folla sterminata. Comprende di
essere estremamente popolare e di poter arrivare alla presidenza attraverso il
voto. Fonda un Movimento político, denominato MVR, Movimento Quinta Repubblica
e si presenta alle elezioni del dicembre 1998 e vince. Hugo Chavez asume la
presidenza del Venezuela il 2 febbraio
del 1999 ed inzia immediatamente ad attuare il programa sottoposto agli
elettori: rifondare la Repubblica.
I
primi due anni, sono dedicati alle grandi riforme costituzionali; viene emanata
una nuova costituzione e una serie di leggi fondamentali, tra le quali quella
sugli idrocarburi.
Chávez
sa che se vuole attuare appieno il programa presentato agli elettori, basato
sulla giustizia sociale ed una migliore ridistribuzione delle risorse fra tutte
le classi sociali, deve poter disporre degli introiti derivanti dal petrolio.
L’industria
petrolifera, PDVSA, era stata nazionalizzata nel 1976, ma in realtà era gestita
dall’oligarchia come una impresa privata. Riguardo PDVSA, si parlava come di
uno stato dentro lo stato, ovvero pur essendo una impresa dello stato, gli
introiti non affluivano allo Stato! Era un assurdo, ma era la realtà. Per poter
disporre degli introiti di PDVSA, da utilizzare poi per colmare il debito
sociale di secoli, Chavez dovette scontrarsi con l’oligarchia nazionale ed
internazionale. Di qui il colpo di stato dell’11 aprile del 2002, la successiva
serrata padronale fra il 2 dicembre 2002 ed il 2 febbraio 2003 e numerosi
tentativi di omicidio dello stesso Chavez. Non mi soffermo su questi eventi per
non appesantire il discorso e comunque sono certo che i partecipanti a questo incontro
siano ampiamente informati.
Dico solo che il Golpe del 2002 andrebbe studiato nelle università di tutto il mondo, per comprendere la manipolazione mediatica, ovvero la manipolazione di cui è capace la classe dominante attraverso i suoi media.
Dico solo che il Golpe del 2002 andrebbe studiato nelle università di tutto il mondo, per comprendere la manipolazione mediatica, ovvero la manipolazione di cui è capace la classe dominante attraverso i suoi media.
Chavez
durante tutto il periodo di governo è stato costantemente al centro di una
manipolazione dei media nazionali ed internazionali, includendo ovviamente i
media di regime italiani, senza tralasciare giornali di presunte organizzazioni
politiche di sinistra.
Chavez
riuscendo a sottrarre gli introiti del petrolio all’oligarchia ed a dirottarli
nelle arche dello stato, può iniziare finalmente un programma político, incentrato
sulla distribuzione delle risorse tra tutte le classi sociali e particolarmente
a favore di quelle più umili, storicamente emarginati; non dimentica i nativi,
gli indigeni del paese che per la prima volta acquistano “visibilità”. Simbolica
ma significativa la collocazione dei resti di Guaicapuro nel Panteon nazionale
accando a Simon Bolivar e gli altri eroi nazionali. Alla ceremonia parteciparono
i rappresentati dei nativi di tutto il continente americano, dall’Alaska alla
Terra del fuoco.
Chavez
all’inizio del suo mandato aveva anche un altro problema; oltre agli introiti
derivanti dal petrolio che finivano nelle tasche dell’oligarchia e non dello
stato, aveva anche il problema che questi introiti erano estremamente bassi,
quindi insufficienti per il suo programma di governo. Ciò era dovuto al fatto
che il prezzo internazionale del petrolio era ai minimi storici ed in
particolare il prezzo del petrolio venezuelano, più basso rispetto agli altri petroli
del mondo, essendo un petrolio pesante, era di soli 7 dollari al barile!
Chavez
inizia un giro in tutti paesi petroliferi dell’OPEC al fine di trovare un
accordo per il taglio della produzione e far risalire il prezzo. Questo accordo
si raggiunge nella storica riunione di tutti i capi di stato dei paesi OPEC,
svoltasi a Caracas il 25 e 26 settembre 2000. Era dal 1975 che non si riunivano
i capi di stato di tutti i paesi dell’OPEC.
Con
il controllo dell’industria petrolifera nazionale, l’aumento crescente dei
prezzi del petrolio e la sconfitta di tutti i tentativi di colpi di stato, dal
2003 può iniziare l’attuazione del suo programma sociale, anche se gli ostacoli
non erano del tutto finiti.
Nell’attuazione
dei programmi sociali incontrava una vera e propia resistenza interna: il
boicottaggio proveniva dalle istituzioni, dai ministeri, i cui dirigenti e
funzionari erano stati ereditati dalla IV Repubblica. Per ovviare a questo
boicottaggio nascono le missioni, che sono dei veri e propri ministeri
paralleli. Ad esempio non potento contare sul Ministero dell’Educazione (o Istruzione
come si direbbe in Italia) per sradicare l’analfabetismo e favorire a tutti l’accesso
agli studi di ogni ordine e grado, è costretto a creare le Missioni: Mission
Robinson, Rivas, ecc…
Non
mi dilungo sulle singole missioni intraprese, sempre per non appesantire
ulteriormente il discorso, diciamo solo che sono stati intrapresi programmi
sociali in tutti i settori.
Alla
vigilia del governo Chavez, l’85% della popolazione venezuelana – come visto
prima – viveva in povertà; tutte le città era circondate da baraccopoli in cui
vivevano milioni di venezuelani a cui era negato il diritto ad un’abitazione
dignitosa; l’inflazione era superiore al 100%; i salari congelati per anni; l’accesso
agli studi per la stragrande maggioranza dei giovani era una chimera; l’assistenza
sanitaria un privilegio riservato solo ai ricchi e la pensione un privilegio
riservato solamente a 100.000 fortunati vecchietti!
Nei
dieci anni di governo, fra il 2003 (dal 2 febbraio 2003, dopo la sconfitta del
“paro petrolero”, ossia la serrata padronale) ed il 2012 (l’8 dicembre del 2012
giorno del suo congedo ed ultimo discorso pubblico), la situazione del popolo
venezuelano cambia radicalmente: la povertà è scesa al 20% circa e la miseria
estrema al 7%; l’inflazione attorno al 20%, ancora alta ma enormemente
inferiore rispetto a prima; tutti godono dell’assistenza sanitaria e
dell’accesso gratuito agli studi di ogni ordine e grado; gli studenti
universitari sono oltre 3 milioni, a fronte di una popolazione di circa 28
milioni (per un paragone con l’Italia, basta dire che oggi il numero degli
studenti universitari in Italia è circa la metà di quelli venezuelani, a fronte
di una popolazione più che doppia); il numero dei pensionati oggi è 3 milioni. Tutti
hanno la possibilità di accedere ad una abitazione dignitosa: le banche, per
legge sono obbligate a concedere il mutuo anche a chi vive con uno stipendio minimo;
il tasso d’interesse sui mutui per l’acquisto della prima casa è fissato ad un
terzo rispetto a quello ufficiale; inoltre per l’acquisto della prima casa è
previsto un finanziamento a fondo perduto concesso dallo stato, variabile a
seconda del reddito.
Malgrado
tutti i benefici previsti, l’acqisto di un’abitazione era ancora un sogno per
milioni di venezuelani. E’ allora che scatta la “Misión vivienda”, a cui si
iscrivono 3 milioni di famiglie venezuelane. L’obiettivo diventa costruire
queste tre milioni di abitazioni in 5 o 6 anni, ossia il programma elettroale
di Chavez al momento della rielezione nel 2012 era incentrato su povertà e
miseria zero, un’abitazione dignitosa per tutti, e la scomparsa di tutte le
baraccopoli.
Ovviamente
sotto il governo di Chavez non sono mancate le grandi opere infrastrutturali,
come il secondo ponte sul fiume Orinoco, l’avvio del terzo ponte, l’inizio
della costruzione di linee ferroviarie; in Venezuela non esisteva neppure un
chilometro di ferrovia, perchè chi dettava legge erano le grandi multinazionali
del petrolio e dell’automobile per cui impedivano che potesse svilupparsi un
mezzo di trasporto concorrente all’automobile. La sola metropolitana di Caracas
(che oggi consta di 7 linee, oltre a Metrocable, Cabletren e Buscaracas) ha una
estensione pari a quella di tutte le linee metropolitane italiane, che come
tutti gli italiani sanno sono presenti solamente a Roma, Milano, Napoli e
Catania, per un totale di 171 Km; ed a Genova, Milano, Napoli, Torino e Brescia
nella modalità di metrolpolitane leggere, per altri 42 km. L’80% delle linee
metropolitane di Caracas sono state costruite nell’era Chavez.
Chavez
lascia il governo l’8 dicembre del 2012 e muore il 5 marzo del 2013. Bisogna
dire che probabilmente il cancro che lo ha portato alla morte è stato indotto. E’
probabile, dunque che Chavez sia stato ammazzato.
Tutto
il periodo di Chavez si caratterizza per un attacco perenne contro di lui e per
una manipolazione mdiatica continua a livello nazionale e mondiale. Qualunque
opera venisse inaugurata, qualunque azione svolgesse il governo di Chavez,
qualunque obiettivo fosse raggiunto per la maggior parte dei media venezuelani,
tutti nelle mani dell’oligarchia, non esisteva niente di niente. Per i media
dell’opposizione in Venezuela c’era solamente un dittatore che violava ogni
sorta di diritto, che riempiva le carceri di oppositori politici, tutti
prigionieri politici, scarsità di ogni tipo di bene, inflazione alle stelle… insomma manipolazione
totale. E lo stesso avveniva ed avviene con i media internazionali. Per
esempio, anche nei media italiani durante le ultime elezioni presidenziali, ma
anche in quelle precedenti, troviamo appoggio totale ed incondizionato al
rappresentante dell’oligarchia, Capiles, venduto ai propri lettori come “progressista”
quando in realtà si tratta di una fascista, appoggiato dall’oligarchia
internazionale e finanziaria, il cui programma neoliberista farebbe arrossire
perfino Reagan, Tacher o Pinochet.
Qual è la situazione
del Venezuela oggi?
Purtroppo la situazione attuale del Venezuela, a meno di due anni dalla morte
di Chavez è estremamente difficle, per una serie di motivi: l’attacco
dell’oligarchia nazionale ed internazionale, la caduta dei prezzi del petrolio
e purtroppo – bisogna dirlo – si pagano anche gli errori commessi.
Il
governo di Maduro, il successore di Chavez, si è subito trovato ad affrontare
una situazione di grave violenza scatenata dal candidato perdente, il fascista
Capriles che non ha accettato la sconfitta delle urna. Su istigazione di
Capriles sono state attaccate e distrutte varie sedi del partito socialista,
ospedali, scuote, banche pubbliche, ministeri ed edifici delle istituzioni,
mezzi di trasporto pubblico; ovviamente ci sono stati anche decine e decine di
morti. La violenza che è andata avanti per mesi dopo le elezioni di Aprile 2013
è ripresa con maggior vigore a partire dalla fine di gennaio di quest’anno
(2014). Altri 43 morti, un migliai di feriti, con centinaia di invalidi permanente
e danni notevolissimi. In questo caso il principale istigatore, Leopoldo Lopez,
è stato arrestato; si è consegnato volontariamente alla giustizia dopo un breve
periodo di latitanza perchè aveva capito che lui stesso era l’obiettivo della
destra; ossia il piano dell’estrema destra era sacrificarlo, ammazzarlo e far
ricadere la colpa sul governo e quindi scatenare una guerra civile nel paese;
l’altra principale istigatrice, Maria Corina Machado, ovviamente oligarca come
Lopez, proprio in questi giorni è stata incriminata.
Il
Governo Maduro di fronte a questa violenza ha cercato in tutti i modi di
pacificare il paese, senza usare la forza ed i militari. Ha chiamato a
conversare attorno ad un tavolo tutte le parti sociali, inclusi i principali
rappresentanti dell’oligarchia. In TV tutti hanno visto le conversazioni di
pace in cui tra gli altri erano presenti, oltre ai rappresentati politici
dell’opposizone anche i principali oligarchi del paese, tra i quali spioccava
la presenza del golpista Mendoza della potente familia dei Mendoza che
praticamente controlla l’intero settore alimentare del Venezuela. Ogni volta
che in Venezuela si vota, per creare malconetento nella popolazione e quindi
additare la colpa al governo, scarseggiano i beni di prima necessità; i Mendoza
da sempre sono complici in questo gioco al massacro, in cui accaparanno i
prodotti ed affamano il popolo.
Veritare è
rivoluzionare.
La verità va detta fino in fondo. Sedersi ad un tavolo a negoziare ed ottenere
la pacificazione, la fine della violenza ha significato anche dare qualcosa in
cambio e si è visto chiaramente quali sono state le concessioni fatte dal
governo, che stanno creando profondo malcontento nella popolazione.
Il
governo attuale, oltre alla violenza si è trovato di fronte altri due grossi
macigni: il debito pubblico alle stelle, nel quale il debito estero ha una
grossa importanza e la caduta dei prezzi
internazionali del petrolio. Oggi il Venezuela è stremato; la situazione è grave.
Tra
il 2012 ed il 2013, ossia nel prima anno di governo di Maduro il PIL è crollato:
è passato dai 300 miliardi di dollari del 2012 ai 227 del 2013 ed è destinato ulteriormente
a scendere nel 2014 (secondo l’ultima previsione il PIL 2014 sarà di circa 200
miliardi); il debito pubblico è passato dai 44 miliardi, il 15% del PIL, del
2008 ai 115 miliardi di fine 2013, ovvero il 50% del PIL, ai 122 miliardi del
primo trimestre 2014, ultimo dato disponibile, il 60% del PIL; le riserve
internazionali che tanto hanno aiutato Chavez nei momenti più difficili, sono
crollate dai 43 miliardi del 2008 ai 21
miliardi del 2013, scese fino ai 19 miliardi del primo trimestre 2014.
L’inflazione sotto controllo nell’era Chavez ha ripreso a galaoppare e per
quest’anno sarà prossima al 100%; il salario minimo che alla fine del 2012 era
uno dei più alti del continenete americano si è letteralmente sciolto come neve
al sole; le continue svalutazioni del bolívar nell’era Maduro hanno
praticamente ridotto il salario minimo venezuelano ad uno dei più bassi al
mondo.
La
eliminazione o una maggiore flessibilizzazione del controllo del cambio è
sempre stata una delle principali richieste dell’oligarchia, a cui Chavez ha
sempre resistito.
La
política economica di Chávez e Giordano, il suo Ministro dell’Economia per
quasi tutti e 14 anni di governo (tranne una breve parentesi in seguito al
decesso della moglie) si è basata sul controllo del cambio. E’ stato lo
strumento che ha permesso utilizzare le ingenti entrate in dollari, derivanti
dalla vendita del petrolio, per fini sociali.
Controllo
del cambio non signiica solo fissare il prezzo del bolivar da parte del
governo, ma significa anche stabilire le modalità con cui i privati possono
accedere alla pur sempre limitata risorsa rappresentata dai dollari. Malgrado
le grandi risorse naturali di cui dispone, il Venezuela “produce” ed esporta
solo petrolio; tutto il resto è importato. Per accedere al mercato
internazionale, per importare qualiasisi tipo di bene è necessario disporre di
dollari.
I
dollari, derivanti dalla vendita del petrolio erano accentrati nelle mani del
governo che tramite appunto il controllo del cambio, oltre a fissare il prezzo
di cambio del dollaro in bolívar, stabiliva quanti dollari concedere ed a quali
settori concederli.
Premesso
che una parte dei dollari venivano utilizzati direttamente dal governo per gli
investimenti sociali, il resto veniva dato alle differenti attività
commerciali, dando priorità a quegli operatori che si dedicavano all’importazione
di beni alimentari. Tutti i settori erano pienamente soddisfatti e difatto per
undici anni, dal 6 febbraio 2003, data d’entrata in vigore del controllo
cambiario, al 26 marzo 2014, data dell’introduzione del SICAD2 e della
flessibilizzazione, il Venezuela non ha avuto grosse scarsità di beni,
l’inflazione seppur alta era sotto controllo ed oscillante attorno al 20/30%,
contro il 100% ed oltre del periodo anteriore a Chavez e successivamente all’entrata
in vigore della flessibilizzazione, ossia attualmente.
Anteriormente
al controllo del cambio di Chávez, con il cambio libero fissato dal mercato e senza
alcuna restrizione nella quantità di dollari acquistabili, i dollari andavano quasi
totalmente nelle tasche dei più ricchi che in definitiva li esportavano, depositandoli
in conti bancari negli Stati Uniti e nei paradisi fiscali, che abbondano ai
Caraibi.
I
governi di destra che si alternavano al governo non solo non avevano nessuna
volontà política di fare investimenti nel sociale (scuola, istruzione, sanità,
previdenza sociale, investimenti in infrastrutture di base, ecc…) ma erano
anche impossibilitati dalla mancanza di risorse, dato che appunto i dollari
derivanti dalle entrate petrolifere finivano nelle tasche degli oligarchi e dei
più ricchi.
Il controllo del
cambio è stato lo strumento centrale che ha permesso a Chávez sviluppare una
política tendente ad una maggiore distribuzione delle risorse tra tutte le
classi sociali.
Controllando
il valore del dollaro e distribuendo i dollari in maniera appropriata fra tutti
i settori economici ha potuto soddisfare le esigenze anche delle classi più
umili; anzi le classi più umili venivano continuamente beneficiate dal fatto
che il salario era annualmente aumentato ed in misura sempre superiore
all’andamento dell’inflazione. In coclusione il valore del bolívar era fissato
dallo stato, a volte rimanendo invariato per anni, per cui i beni importati
avevano sempre lo stesso valore rispetto al bolívar e dall’altra parte aumentando
e rivalutando continuamente stipendi e pensioni, anche le classi più umili sono
potute uscire dal limbo della povertà in cui si trovavano.
Con
Chavez ancora vivo (sarebbe morto il 5 marzo del 2013) il governo Maduro inizia
a svalutare il Bolivar, senza che ci fossero dei motivi (almeno visibili): il 9
febbraio del 2013 il bolivar passa da 4,30 a 6,30, una svalutazione
praticamente del 50%. Quindi di un solo colpo gli stipendi, soprattutto delle
classi più umili, quelli a stipendio minimo (circa il 40% della popolazione,
includendo i circa 3 milioni di pensionati il cui assegno di pensione è aggangiato
al salario minimo) perdono potere d’acquisto.
Successivamente
iniziano le tappe per flessibilizzare il controllo del cambio: si introduce il
SICAD1 ed il 26 marzo 2014 si arriva al SICAD2. In sostanza si tratta di altre
svalutazioni; con il SICAD1 il cambio del bolívar col dollaro è fissato attorno
a 12; con il SICAD2 il cambio arriva a 50. Ossia da un cambio a 4,30 bolivares
per dollari si è passati in pochi mesi di gestione Maduro a tre cambi: 6,30
utilizzato per le importazioni di prodotti di prima necessità, a 12 per
prodotti mediamente importanti ed a 50 per prodotti presuntamente meno
importanti, tra i quali biglietti aerei per voli internazionali, computer,
cellulari, toner per stampanti. Tutte queste svalutazioni hanno ridotto
enormemente il potere d’acquisto degli operai e dei salariati in genere.
Abbiamo
detto che il debito pubblico pesa ormai come un macigno ed i debiti vanno
rispettati soprattutto quelli esteri, per cui pagare i debiti significa sottrarre
risorse in dollari da destinare all’importazione (e conseguente aumento
dell’inflazione, che quest’anno viaggia attorno al 100%).
Ultimamente
però si è aggiunto un ulteriore problema: la caduta internazionale dei prezzi
del petrolio; se ancora ad inizio agosto i prezzi del petrolio erano attorno ai
90/100 dollari al barile, a fine novembre il prezzo scende al di sotto dei 70
dollari per barile. Con un minore ingresso di dollari, si è ulteriormente
ristretta la quantità di dollari destinati all’importazione.
Ad
agosto il giornalista ed ex político e collaboratore di Chavez, Jose Vicente
Rangel, ha denunciato che la destra prepara un “golpe parlamentare”, stilo
quello operato in Paraguay ai danni del presidente Fernando Lugo. L’obiettivo
della destra è ottenere la maggioranza assoluta nelle prossime elezioni
parlamentari del 2015 e con la maggioranza assoluta destituire il presidente
Maduro; ovviamente i meccanismi per estromettere un presidente son ben altri e
vanno oltre la semplice maggioranza assoluta in Parlamento. Detto in parole
povere: Rangel ha voluto avvertire il governo che il malcontento popolare
potrebbe consentire alla destra di ottenere la maggioranza assoluta in
parlamento.
Che lezione trarre
dal Venezuela e dalla rivoluzione bolivariana? Almeno due lezioni.
La
prima è che quando i popoli si ribellano e chiedono maggiori diritti, migliori
condizioni economiche ed una distribuzione più egualitaria delle risorse del
paese, tra tutte le classi sociali, la classe dominante non è mai disposta a
cedere; farà di tutto per conservare il proprio predominio ed utilizzerà tutto
il potere di cui dispone, a partire dallo strumento di manipolazione
rappresentato dai media, per screditare chi cerca di governare a favore dei più
umili, come successo con Chavez.
L’altra
lezione è che una rivoluzione cosiddetta pacifica è sempre destinata a fallire,
per due motivi; prima di tutto perchè lascia inalterato il potere della classe
dominate; prendere il potere político attraverso la via del voto, la dove fosse
possibile, e governare nel rispetto delle regole democratiche, non toccando il
potere economico delle classi dominanti, significa dare al nemico, la classe
borghese dominante, proprietaria dei mezzi di produzione borghese la
possibilità di riprendersi e tornare all’attacco.
L’altro
motivo per cui una rivoluzione pacifica è destinata a fallire è dovuto al fatto
che quando un governo è costretto continuamente a cercare il consenso nelle
urna (praticamente ogni anno c’è una elezione; se non è quella presidenziale,
c’è quella parlamentare, quella amministrativa, un refernedum….) deve impiegare
le risorse, sempre limitate, non in atti di governo di lungo periodo ma sempre
a breve termine. Che significa in sostanza? Nel Venezuela di Chavez sono stati
commessi errori, dovuti alla pressione di cercare il consenso nelle urna,
errori che stanno emergendo oggi. Le ingenti risorse derivanti del petrolio sono
state si investite nel sociale, ma non in maniera produttiva; ossia una delle
grandi preoccupazioni espresse sempre da Chavez era di romprere con il
paradigma del monoprodotto assegnato dalle potenze coloniali; anche quando i
paesi dell’America Latina hanno raggiunto l’indipendenza non sono riusciti a
liberarsi della cultura del monoprodotto.
Al
Venezuela, il colonialismo un tempo e l’imperialismo oggi hanno assegnato il
compito di produrre petrolio, impedendo qualasiasi sviluppo di una industria
locale; tutto è importato. Chavez voleva rompere con questo paradigma, ma
sviluppare una industria locale al fine di ridurre la dipendenza dalle
importazioni, significava investire una parte anche consistente delle risorse
derivanti dal petrolio; i benefici si sarebbero visti quindi nel lungo periodo;
ma investire sul lungo periodo avrebbe significato mancanza di risorse
nell’immediato, cosa che avrebbe fatto vacillare il consenso. Per esempio il
Venezuela è ricco di oro, ma sfruttare le miniere d’oro significa investire
ingenti quantità di risorse. Il Venezuela oggi ha grandi riserve d’oro ma non
può estrarlo perchè non ha investito. Tutte le risorse venivano impiegate nel sociale, a favore del popolo, ma non in maniera produttiva.
Il
Venezuela è rimasto legato al petrolio, alla politica del monoprodotto, imposta
dall’imperialismo. Oggi crollano i prezzi del petrolio, il Venezuela non ha le
risorse per importare e ciò crea svalutazione, inflazione e malcontento
crescente che si ripercuoterà nel momento delle elezioni. In fin dei conti,
l’attuale presidente Maduro ha vinto con solamente 200.000 voti di vantaggio;
quindi l’opposizone col malcontento crescente ha la possibilità di riprendersi
il potere nel silenzio delle urna.
In
definitiva la lezione che viene dal Venezuela è che una rivoluzione per avere
ssuccesso deve procedere a:
- Espropriare tutte le grandi e medie imprese industriali, commerciali e di servizio senza compenso alcuno;
- Chiusura e sparizione delle Borse;
- Controllo operaio collettivo e permanente della produzione e della contabilità in tutte le imprese, garantendo la trasparaenza informativa per il pieno conoscimento della verità in ogni momento ed in ogni ambito della vita sociale;
- A ciascuno secondo il proprio lavoro (nella fase del socialismo); nella fase del comunismo si arriverà al principio “A ciascuno secondo i pripri bisogni”
- Governo basato sulla democrazia diretta, dove tutte le cariche sono revocabili in qualiasi momento.
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