Il Vertice delle Americhe, come nel 2005 e nel 2012, si chiuderà senza un documento unitario finale. Due Paesi su 35 hanno preferito la frattura aperta e la discordia manifesta per impedire che il continente deliberi su: ambiente e biodiversità, diritto all'istruzione e ritiro del decreto di Barack Hussein Obama contro il Venezuela.
Gli Stati Uniti e il ligio bassotto Canadese, fallito il tentativo di imporre la consueta dogmatica neocoloniale, e il fideismo di affidare
la risoluzione di ogni problema al mercato, hanno preferito l'isolamento. Le ricette di questi "modelli della ricchezza in pochissime mani" sono ormai rifiutate o confutate da tutti i governi dell'America Latina e dei Caraibi. E' un'altra epoca e i due bastioni anglosassoni dell'occidentalismo non si rassegnano all'evidenza.
Il Venezuela ha indicato otto temi di fondo da dibattere pubblicamente: diritto alla salute, istruzione, alimentazione, lavoro remunerato degnamente, case popolari, uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. La sfida lanciata dal ministro degli esteri venezuelana Delcy Rodriguez ha trovato solo il mutismo e indifferenza della delegazione ufficiale nordamericana. Preoccupata, a quanto pare, piú dell'impatto mediatico che del resto.
Si tratta di un flop per Washington, a cui non basta la tardiva ammissione di Obama che -a voce- ha riconosciuto pubblicamente che il Venezuela non é un pericolo per il suo Paese. Il vero problema, infatti, é non disporre piú di una lente di ingrandimento per la lettura corretta dell'attuale rapporto di forze globale: la dottrina Monroe é morta. La OEA ha i mesi contati, non é piú la macchina di diktat automatici "made in USA". E' paralizzata, incapace di superare lo stallo o il nulla di fatto imposto da 2 soli Paesi a tutti gli altri. Esiste giá la Comunitá degli Stati dell'America latina e i Caraibi (CELAC) dove si arriva al consenso ampio, spesso all'unanimitá, perché esclude la presenza sia degli USA che del bassotto canadese.
Gli Stati Uniti e il ligio bassotto Canadese, fallito il tentativo di imporre la consueta dogmatica neocoloniale, e il fideismo di affidare
la risoluzione di ogni problema al mercato, hanno preferito l'isolamento. Le ricette di questi "modelli della ricchezza in pochissime mani" sono ormai rifiutate o confutate da tutti i governi dell'America Latina e dei Caraibi. E' un'altra epoca e i due bastioni anglosassoni dell'occidentalismo non si rassegnano all'evidenza.
Il Venezuela ha indicato otto temi di fondo da dibattere pubblicamente: diritto alla salute, istruzione, alimentazione, lavoro remunerato degnamente, case popolari, uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. La sfida lanciata dal ministro degli esteri venezuelana Delcy Rodriguez ha trovato solo il mutismo e indifferenza della delegazione ufficiale nordamericana. Preoccupata, a quanto pare, piú dell'impatto mediatico che del resto.
Si tratta di un flop per Washington, a cui non basta la tardiva ammissione di Obama che -a voce- ha riconosciuto pubblicamente che il Venezuela non é un pericolo per il suo Paese. Il vero problema, infatti, é non disporre piú di una lente di ingrandimento per la lettura corretta dell'attuale rapporto di forze globale: la dottrina Monroe é morta. La OEA ha i mesi contati, non é piú la macchina di diktat automatici "made in USA". E' paralizzata, incapace di superare lo stallo o il nulla di fatto imposto da 2 soli Paesi a tutti gli altri. Esiste giá la Comunitá degli Stati dell'America latina e i Caraibi (CELAC) dove si arriva al consenso ampio, spesso all'unanimitá, perché esclude la presenza sia degli USA che del bassotto canadese.
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