viernes, 18 de enero de 2008

Agenzia di Stampa "News Italia Press" (NIP) intervista Attilio Folliero sulla visita dell'On. Fausto Bertinotti in Venezuela

News Italia Press, 18/01/2008

La Agenzia di stampa "News Italia Press" ha chiesto ad Attilio Folliero, responsabile de lapatriagrande.net e presidente della Asociación Civil "LPG" editrice del sito, di rispondere ad alcune domande in merito alla visita in Venezuela dell'On. Fausto Bertinotti, Presidente della Camera dei Deputati.


Nota bene: le domande sono state inviate prima dell'incontro dell'On. Fausto Bertinotti con il presidente Hugo Chávez, per cui sono al futuro. Nel rispondere, invece, si parla del'incontro già avvenuto. Per correttezza riportiamo le domande così come sono state inviate.

1) E' vero che la delegazione italiana incontrerà un Chávez in ottima forma grazie al suo recente successo nella liberazione degli ostaggi in mano alle FARC?

Fausto Bertinotti, Presidente della Camera dei Deputati ha incontrato il presidente Hugo Chávez. Di Hugo Chávez si è scritto e si è detto molto, anche in italia. Quello che non si è messo in evidenza è che Chávez è una persona corretta, onesta; non agisce per attirare l’attenzione, per essere al centro del palcoscenico o per interesse personale. Lui ha un progetto, il socialismo, che ovviamente può non essere condivisibile, anzi non può essere condiviso da chi appoggia l’attuale sistema economico, il capitalismo, sistemi completamente contrapposti; tutta la sua azione è diretta a cercare di affermare un diverso sistema economico in Venezuela, in America Latina e nel pianeta. A che servirebbe cambiare un sistema in Venezuela - ammesso che ci riesca - e poi il resto dei paesi continuano ad inquinare, per esempio, trascinando nel baratro tutto il pianeta, Venezuela compreso? La sua azione non può essere diretta solo al Venezuela, ma è diretta a portare sulle sue posizioni di cambio anche gli altri paesi a partire da quelli dell’America Latina.

In questo continente c’è il problema della Colombia con la sua guerra civile che dura da 60 anni. Il governo USA, dopo gli “attentati” alle Torri gemelle e la conseguente lotta totale al terrorismo ha ricompreso nella lista dei terroristi anche le forze belligeranti della FARC e dell’ELN. In realtà, in Colombia siamo di fronte ad una guerra civile, tra le più lunghe della storia di questo continente e della intera storia dell’umanità. E’ un dato di fatto.

Il progetto politico di Chávez ovviamente, non può non tener conto della situazione in Colombia. Gli ideali di cambio, o di un rinascimento della politica - come ama dire Bertinotti – in America Latina debbono arrivare anche alla vicina Colombia. Tra l’altro la situazione colombiana ha delle ripercussioni anche sul Venezuela. A causa del conflitto esistente, milioni di colombiano hanno dovuto lasciare il proprio paese e si calcola che almeno tre milioni sono nella confinante Venezuela. E bisogna aggiungere che prima dell’avvento di Chávez, in Venezuela i colombiani erano oggetto di profondo sfruttamento, quasi trattati come schiavi. Grazie alle politiche sociali di Chávez ed in particolare alla “Missione Identità”, i colombiani rifugiati in Venezuela, come tutti gli altri stranieri hanno ottenuto la piena legalità. Fino a quando ci sarà il conflitto in Colombia, ci saranno rifugiati che arriveranno soprattutto in Venezuela.

Un ulteriore elemento importante è la consistente presenza militare statunitense. Con il “Plan Colombia”, prima ed il “Plan Patriotico” oggi, praticamente il Venezuela si ritrova le forze militari statunitensi alla frontiera. E’ di pubblico dominio che ci sono dei piani elaborati dalla CIA per intromettersi negli affari interni venezuelani, fino al punto che si parla di una possibile vera e propria invasione. Vedasi, per esempio “Il codice Chávez” di Eva Golinger o il “Piano Tenaglia”. Pacificare la Colombia significa anche allontanare la presenza USA dalla Colombia e dalla frontiera venezuelana.

Stando alla stampa italiana, europea e mondiale sembra che Chávez stia agendo per mettersi in evidenza, per farsi “bello” agli occhi del mondo. No! Chávez crede fermamente nella possibilità che si possa arrivare alla pace in Colombia, che ha nell’accordo umanitario per liberare gli “ostaggi”, il primo passo. E’ bene ricordare che nelle mani della FARC ci sono circa 700 persone, delle quali decine sono gli stranieri, tra cui dei militari statunitensi. Accanto ai civili ci sono dunque, anche prigionieri di guerra, ossia fatti prigionieri a seguito dei combattimenti. Dall’altra parte, in mano al governo colombiano ci sono i prigionieri della FARC e degli altri gruppi belligeranti. O si intende, a livello internazionale, che siamo – e mi ripeto - di fronte ad una guerra civile o non si riuscirà a capire le azioni che sta cercando di portare avanti il Presidente Chávez.

La sua richiesta di escludere FARC ed ELN dalla lista dei terroristi non viene compresa all’estero, anzi è criticata proprio perché non si è a conoscenza della reale situazione di guerra civile esistente in Colombia. E’ chiaro che lui ha umanamente a cuore la situazione dei prigionieri nelle mani della FARC, ma anche di quelli nelle mani del governo colombiano e, da quando lo scorso agosto, le autorità colombiane lo hanno chiamato per contribuire alla risoluzione del problema, lui ha fatto di tutto, però senza pensare al successo personale, al fatto che il successo della sua iniziativa potesse metterlo in evidenza agli occhi della opinione pubblica internazionale.

Ho premesso ciò, perché dalla sua domanda potrebbe trapelare l’idea che Chávez agisca per un successo personale.

2) Quali saranno i temi principali dell'incontro? (Quali sono stati i temi principali dell'incontro?)

Fausto Bertinotti ha visitato il Venezuela in veste istituzionale, come ha ribadito lo stesso presidente della Camera. E’ in tale veste che ha incontrato oggi il Presidente Hugo Chávez. Il colloquio durato circa due ore ha affrontato diversi temi, dalla pace in Colombia e nel mondo, ai temi economici, con la possibilità per il Venezuela di ripercorrere l’esperienza italiana dei distretti industriali, fino al tema della candidatura di Milano per l’Esposizione Universale del 2015, per la quale ha ottenuto l’appoggio formale del Venezuela.

Intervistato dai giornalisti, al termine dell’incontro con Chávez, circa l’opinione in Italia ed all’interno del Parlamento che lui presiede, sulla proposta di Chávez di escludere la FARC dalla lista dei terroristi, Bertinotti ha risposto che "in Italia, cosi come in Europa ci sono opinioni diverse che dipendono dalle posizioni delle differenti forze politiche". Ha ribadito di aver parlato a lungo con Chávez su questi temi, esprimendo la posizione dell’Italia e dell’Europa che può essere riassunta in tre punti:
1) "tutte le iniziative volte a salvare le vite umane vanno salvaguardate perché la vita umana vale più di ogni altra cosa; chiunque ha avuto modo di ascoltare la madre di Ingrid Betancourt, non può avere dubbi che questa sia la conclusione".



2) "L’operazione umanitaria per liberare i sequestrati ha l’effetto secondario di modificare la natura dei contendenti";



3) Terzo ed ultimo punto - secondo Bertinotti - "in questo mondo non c’è più spazio per la risoluzione dei conflitti attraverso la via militare. La via pacifica ed il dialogo è l’unica strada praticabile".
Durante il colloquio con Chávez, ha concluso l’On. Bertinotti, si è parlato anche dell’incidente aereo in cui sono coinvolti otto italiani; ha ottenuto le rassicurazioni di Chávez che le ricerche proseguiranno.

Oltre l’incontro con Chávez, momento principale della sua visita in Venezuela, Fausto Bertinotti ha incontrato altre personalità tra cui la Presidente del Parlamento, Cilia Flores e come già anticipato la madre di Ingrid Betancourt, Yolanda Pulecio, la quale al termine dell’incontro ha dichiarato di augurarsi che il “compromesso assunto dall’Italia possa essere risolutivo per la liberazione di sua figlia”. Inoltre, ha parlato della liberazione di tutti i sequestrati della FARC e che è necessario dialogare con questa organizzazione guerrigliera.

3) La Bolivia di Morales, l'Ecuador di Correa, ora il Venezuela di  Chávez, Bertinotti è venuto in Sud America per una lezione di socialismo? Ma ritiene che questi modelli, per altro differenti fra loro, siano poi 'esportabili'?

Fausto Bertinotti – come detto – è in America Latina in veste istituzionale ed in tale veste – penso – non può che essere venuto a curare gli interessi economici dell’Italia. Storicamente l’America Latina ha avuto una grande importanza economica per l’italia; basti pensare alla presenza numerosa della collettività italiana e di conseguenza, da sempre un appetibile mercato per l’industria nazionale. Poi, però attirata da altre zone, da altri mercati aveva un po trascurato l’America Latina. Nel tentativo di recuperare il terreno perduto, negli ultimi due anni sono arrivate numerose personalità istituzionali e governative.

Bertinotti è un uomo della sinistra italiana, per cui da un punto di vista personale sicuramente sarà felice di essere in questi paesi che lottano per cambiare la situazione esistente. Tutta l’America del Sud è caratterizzata da una profonda ricchezza naturale ed una povertà diffusa. Nel ricco, anzi ricchissimo Venezuela (petrolio, gas, oro e tante altre risorse naturali ed agricole, come cacao e caffè) prima dell’avvento di Chávez i tre quarti della popolazione viveva in assoluta povertà; tutta la ricchezza del paese finiva nelle mani di una ristretta oligarchia. La storia è comune a tutti gli stati che sta visitando in questi giorni Bertinotti ed in generale a tutti gli stati dell’America Latina.

I popoli dell’america Latina, prendendo coscienza della loro situazione, hanno cominciato a ribellarsi. A partire dal Venezuela e dalla sua rivolta popolare del 27 febbraio 1989, con centinaia e forse migliaia di morti, il cosiddetto Caracazo, stanno portando avanti un progetto di cambio, per arrivare ad una società più giusta. Chávez e gli altri governanti progressisti, sono la conseguenza di questo bisogno di cambiamento in atto nella società venezuelana e latinoamericana. Bertinotti è venuto per una una lezione di socialismo? Non credo, perché sa bene che qui, attualmente non c’è il socialismo, ma popoli che aspirano e stanno lottando per il socialismo. Il mondo intero sta guardando all’America Latina, perché i popoli dell’America Latina stanno lottando per cambiare la realtà e l’aspirazione di cambiare la società è idea decisamente esportabile.

4) Come è vista nel Paese la visita di una delegazione italiana? E' sentita come un appuntamento importante o come qualche cosa di secondo piano?

Io vivo in Venezuela da sei anni e vedo che il difetto principale di questo paese è la profonda “attenzione” a tutto ciò che viene da fuori. Venire da “fuori”, almeno da certe parti, per esempio dall’Italia significa essere preso in grande considerazione. La presenza di una delegazione italiana, con a capo un “comunista” è stata presa in grande considerazione in Venezuela. Lo dimostra prima di tutto il fatto che l’On. Fausto Bertinotti, accompagnato dall’Ambasciatore d’Italia in Venezuela, Luigi Macotta e dall’Ambasciatore della Repubbliuca Bolivariana del Venezuela in Italia, Rafael Lacava, ha incontrato tutte le più importanti cariche istituzionali di questo paese, dal presidente Hugo Chávez, al Presidente del Parlamento, Cilia Flores, al Ministro degli Esteri, Nicolas Maduro. Non solo: la profonda attenzione del pubblico ed in particolare degli studenti che numerosi sono accorsi alla “lezione” che Fausto Bertinotti ha tenuto all’Università Bolivariana, dove ad un certo punto è stato necessario chiudere le porte d’accesso, facendo rimanere all’esterno della capiente aula numerose persone. L’attenzione dei media è stata totale ed hanno dato costantemente copertura a tutte le attività realizzate in questi due giorni dalla delegazione italiana. Decisamente un appuntamento considerato importante.

5) Gli Italiani emigrati in Venezuela si sentono trascurati a causa  della maggiore attenzione del nostro Governo per altri Paesi quali Argentina e Brasile?

Personalmente credo che gli italiani che vivono in America Latina, indipendentemente dal paese in cui risiedono si sentono tutti trascurati, compresi gli italiani d’Argentina e del Brasile. Il punto di contatto principale degli italiani con le istituzioni è rappresentato dai consolati e gli italiani si sentono trascurati perché tutti vivono sulla loro pelle i disservizi consolari. Ovviamente in maniera differente, in maniera più o meno accentuata, però è un dato di fatto comune a tutta la struttura consolare italiana dell’America Latina. Come non potrebbero sentirsi trascurati? Gli emigranti italiani, tutti, ovunque siano andati nel mondo hanno fortemente contribuito allo sviluppo dell’Italia; basti pensare alle enormi rimesse affluite in Italia nel trascorso di oltre un secolo di emigrazione. In cambio, oggi, si ritrovano ad avere servizi che a volte definirli da terzo mondo si stenta a credere. Un organismo pubblico, qual’è il Consolato Italiano che dovrebbe essere sempre e pienamente disponibile verso gli italiani, invece diventa “territorio ostile” ai connazionali, come li ha definiti un nostro lettore che ci inviò una appassionata lettera-denuncia. Per dirla con la opinione di un’altra lettrice, sembra proprio che le leggi italiane non abbiano valore per gli italiani che vivono all’estero! Come non essere d'accordo con questa lettrice! Sappiamo che, ad esempio al consolato di Porte Alegre in Brasile si arrivarono a dare appuntamenti a 18 anni di distanza per una ricostruzione della cittadinanza. Sono tempi da paese civile?

A quanto mi è dato capire sono scomparsi gli appuntamenti; almeno a Caracas non ci sono più. Questo non significa che siano scomparsi i disservizi. Un tempo davano un appuntamento ed il giorno stabilito ad un anno, due, magari diciotto anni di distanza si otteneva il servizio. Oggi vai al consolato, consegni il documento, per esempio la trascrizione dell’atto di nascita, ma non si sa quando effettivamente la pratica verrà “lavorata”, dato che va a finire nel mucchio e presa in considerazione in base all’ordine di arrivo.

Un italiano che nasce in italia ha diritto immediatamente alla trascrizione dell’atto di nascita e conseguentemente, il genitore può richiedere per il neonato il passaporto, il codice fiscale, l’apertura di un libretto di risparmio postale ... se un italiano nasce all’estero, al di la’ ovviamente, dei tempi tecnici necessari per la traduzione e legalizzazione del documento estero, poi la trascrizione vera e propria ha tempi quasi biblici, che non si spiegano nell’era dell’informatica e delle comunicazioni istantanee! Il precedente governo Berlusconi aveva addirittura scomodato il vicepresidente mondiale dell’IBM, Lucio Stanca, tra l’altra mio compaesano, per informatizzare la pubblica amministrazione, ma mi sembra che le cose non siano cambiate poi così tanto. Continuano i disservizi perché la risoluzione del problema sta in una ristrutturazione del Ministero degli Esteri, magari utilizzando il progetto approntato dall’allora Presidente del Consiglio Azeglio Ciampi, che consentirebbe non solo la risoluzione dei problemi e l’eliminazione dei disservizi, ma addirittura genererebbe dei risparmi per lo stato italiano. Sembra che i buoni progetti vadano sempre boicottati, perché evidentemente quando le cose vanno male, c’è chi ne guadagna. La collettività italiana all’estero è disponibile ad approfondire tali problematiche perché solo mettendo in evidenza i problemi è possibile trovare una soluzione. Gli italiani che vivono all’estero si sentono trascurati, fortemente trascurati.
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