Ieri, al centro di Gasteiz (in castigliano Vitoria) si è alzata una nuova muraglia umana a difesa degli imputati, sciolta con violenza dalla polizia solamente stamattina.Gli accusati fanno parte dei ventotto militanti a cui si imputa la partecipazione alle attività del movimento giovanile Segi: organizzazione dichiarata “terrorista” e illegale dal Tribunale spagnolo già nel 2002, ma sciolta poi formalmente soltanto tre anni fa.
Agendo illegalmente, prima che fossero rese pubbliche le condanne, la polizia aveva arrestato solo quattro dei sette condannati. La giocata in anticipo dell’apparato repressivo era finalizzata a evitare l’organizzazione di un nuovo “muro popolare”: una nuova ma già testata strategia di resistenza per impedire, o quantomeno ritardare, l’esecuzione degli arresti. Sono invece riusciti a nascondersi e a sfuggire all'arresto tre giovani: Ibon, Igarki e Aiala, ricomparsi solo ieri, domenica, nella splendida piazza centrale di Gazteiz, circondati da circa ottomila manifestanti giunti da tutto il Paese Basco.
All’ora di pranzo, una marcia colorata d’arancione era arrivata al centro della città dopo una vivace e compatta manifestazione per condannare l’ennesima sentenza politica. Grazie alle maschere, ai più svariati travestimenti e altri creativi stratagemmi, i tre “latitanti” si sono confusi tra la folla che gli si è stretta intorno per impedirne il riconoscimento e quindi l’arresto. Così, il corteo ha occupato la piazza della Virgen Blanca; sono cominciati concerti e gli interventi dal piccolo palco improvvisato. Arrampicati sin dalla sera prima sul campanile della contigua Chiesa di San Miguel, due giovani hanno calato un gigantesco striscione per chiedere la libertà degli arrestati; mentre dall’antica statua al centro della piazza è stata calata un’altra grande pezza con scritto “Stop Torture” a lettere cubitali.
In piena campagna elettorale (tra una settimana si voterà per le comunali), ci si aspettava l’irruzione frettolosa e nevrotica della polizia. Si attendeva una dimostrazione di forza e durezza del sindaco, probabilmente rieletto, Javier Maroto, per nascondere le tracce dell’ingente mobilitazione della izquierda abertzale (sinistra nazionalista). Tanto per capirci, Maroto (che è parlamentare del Partito Popular, la destra al governo a livello statale), si è contraddistinto negli ultimi mesi per un’intensa campagna dai toni razzisti contro il mantenimento degli aiuti economici ai migranti e per richiedere un maggior "controllo pubblico" su alcuni collettivi d’immigrati, specialmente maghrebini, accusati di “voler vivere di prestazioni sociali e di non avere voglia di lavorare”.
Ma l’ottima riuscita della manifestazione e la grande partecipazione al “muro popolare” hanno impedito l’azione repentina della Ertzaintza (la polizia basca). E rimandato i piani d’azione di Maroto, un importante riferimento per il blocco franchista del Partito Popolare in terre basche. Non a caso, giovedí il premier Mariano Rajoy aveva visitato la città.
Invece, l’occupazione della piazza ha retto fino a stamattina. Quando la polizia, impossibilitata ad effettuare il riconoscimento e l’arresto dei tre giovani nel corso della giornata di ieri, ha attuato con brutalità e violenza a partire dalle nove. Gli agenti, bardati e incappucciati, hanno dovuto trascinare via uno ad uno i corpi incordonati nel muro popolare prima di poter catturare i giovani 'latitanti'. Solo dopo tre ore di resistenza passiva di alcune centinaia di giovani solidali rimasti fino all’ultimo momento, sono stati arrestati Ibon, Aiala e Igarki, portati via insieme con alcuni giovani incatenati a loro per abbreviare la procedura.
Ancora non si hanno notizie precise su eventuali arresti e identificazioni. Intanto, sono state però trasportate in ospedale alcune persone, lasciate incoscienti dalla violenza poliziesca o con ferite piuttosto gravi. Tra queste, anche Imanol Salinas: uno dei giovani imputati nello stesso processo ma poi assolto dalla magistratura. Mentre scriviamo, nonostante l’ostruzione della Ertzaintza, gli abitanti del centro storico stanno provvedendo a portare ghiaccio e tutto quello che serve ai giovani feriti rimasti in loco.
Secondo molti, la grande manifestazione di disobbedienza ha rappresentato un ulteriore passo storico contro i processi politici ai danni del movimento basco. Inoltre, la grande partecipazione giovanile e l’efficiente struttura comunicativa hanno fatto dell’occupazione della piazza un megafono per denunciare il dramma umano rappresentato da questo ennesimo episodio di repressione. Non solo le uniche prove contro i giovani –che già hanno scontato più di un anno di carcere preventivo - sono le confessioni firmate sotto tortura, ma la stessa retata nasce da dichiarazioni di altri militanti che dimostrarono in seguito di aver cosí dichiarato perché torturati e aggrediti fisicamente anche loro. Nonostante il Tribunale dei Diritti Umani abbia già espresso sette condannate contro il governo di Madrid, lo Stato Spagnolo continua ad agire indisturbato tra le luccicanti stelle dell’Unione Europea –avanguardia dell’ipocrisia “democratica”.
E’ chiara la natura politica di un nuovo, l’ennesimo, montaggio poliziesco: l’obiettivo ancora una volta è smantellare le strutture sociali e politiche dell’indipendentismo basco. Mentre il Partito Popolare e il Partito Socialista continuano a trattare la questione basca come l’opportunità di veicolare contro un “nemico pubblico interno” la rabbia sociale, Podemos, sebbene lontana da questa linea politica e favorevole alla “risoluzione del conflitto basco”, continua a mantenere un atteggiamento omertoso e ambiguo.
Infatti, i vertici della formazione temono che denunciare esplicitamente la repressione contro la “dissidenza basca” possa significare una perdita di voti in un contesto sociale caratterizzato da una diffusa “bascofobia”, alimentata tanto dai media direttamente gestite dalla destra quanto da quelli "progressisti" ma piegati a logiche commerciali, come “La Sexta”. L’ascesa elettorale del nuovo partito Ciudadanos - destra liberale xenofoba e classista, a cui ha spianato la strada proprio l’opacità e insensatezza del discorso “anticasta” di Podemos- sicuramente non migliora il panorama istituzionale con cui deve fare i conti la sinistra basca.
Di fronte all’inasprirsi della repressione del governo spagnolo, il movimento giovanile sta quindi puntando sulla “disobbedienza civile” e sulla mobilitazione sociale, evitando d’impantanarsi nella gestione istituzionale di una "risoluzione democratica del conflitto" che non sembra compiere passi significativi. La nuova muraglia umana di ieri la definiscono una forma di “disobbedienza allo stadio puro” contro l’ingiustizia della legge, un muro di corpi con un “muro di ragioni”.
Sicuramente, una nuova prova della costante ribellione del popolo basco. Che vanta una gioventù determinata, complice con la sua lotta per la liberazione sociale e l’autodeterminazione.
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