Un'occasione per ricordare la tragica giornata del 2 agosto 1980 e la mia vita dell'epoca
Attilio Folliero, Caracas 02/08/2015
Attilio Folliero, Caracas 02/08/2015
Quel 2 agosto 1980 era un sabato; lo ricordo come fosse oggi. I miei genitori, quel giorno si erano alzati presto per fare la salsa. Tutti gli anni, al mio paese, Lucera in Puglia, ad agosto, quando si raccolgono i pomodori, c'è l'usanza di fare la salsa. I miei genitori ed i miei zii si riunivano in un garage di proprietà di uno dei miei zii ed a rotazione, ogni giorno, facevano la salsa per una famiglia; ricordo che trasformavano in salsa più o meno due quintali di pomodori al giorno. Io dormivo proprio sopra il locale dove facevano la salsa e ad un certo punto vennero a svegliarmi perché dalla mia stanza si prendeva la corrente elettrica: un filo volante portava la corrente dalla mia stanza appunto al locale sottostante.
Anche mio fratello si era alzato presto; lui aveva 13 anni e andava a bottega; era falegname; mentre dal lunedì al venerdì andava a lavorare alle 8, il sabato andava un'ora prima perché faceva un unico turno, dalle 7 alle 14; gli altri giorni lavorava la mattina dalle 8 alle 13 ed il pomeriggio dalle 14.30 alle 20. Aveva iniziato ad andare a bottega a 9 anni. In realtà avevamo iniziato ad andare insieme a bottega, nel giugno del 1976. Ricordo le nostre prime paghe: 1.500 lire la settimana io, che ero il grande ed avevo 11 anni; 500 lire lui, che con 9 anni era il piccolo.
Io però, dopo circa due mesi decisi di abbandonare; capii che lavorare era molto più faticoso che studiare. Quell'anno avevo finito le scuole elementari e fu proprio durante quella breve esperienza di lavoro che decisi quale sarebbe stato il mio futuro: studiare! Dopo l'estate avrei iniziato le scuole medie, e poi avrei continuato con le scuole superiori e l'università. E così è stato.
Andare a bottega significava lavorare come minimo 10 ore e mezzo al giorno, dal lunedì al venerdì e 7 ore il sabato; in realtà non c'era un orario fisso; quando si stava montando un mobile, una porta per andarcene bisognava prima terminare il lavoro; quindi a volte succedeva che si smetteva di lavorare ben oltre l'orario previsto. Insomma settimanalmente si lavorava come minimo 50 ore. C'è da aggiungere che le ore di lavoro non passavano mai; il "mastro" ci metteva a levigare; io e mio fratello passavamo ore ed ore a levigare a mano, con la carta vetrata porte e mobili vari. Alla fine della giornata mi dolevano sempre le mani!
Non solo il lavoro era faticoso, ma avevo anche dovuto rinunciare ai miei cartoni animati preferiti: Vicki il vichingo, che la RAI aveva cominciato a trasmettere da poco.
Andare a bottega significava lavorare come minimo 10 ore e mezzo al giorno, dal lunedì al venerdì e 7 ore il sabato; in realtà non c'era un orario fisso; quando si stava montando un mobile, una porta per andarcene bisognava prima terminare il lavoro; quindi a volte succedeva che si smetteva di lavorare ben oltre l'orario previsto. Insomma settimanalmente si lavorava come minimo 50 ore. C'è da aggiungere che le ore di lavoro non passavano mai; il "mastro" ci metteva a levigare; io e mio fratello passavamo ore ed ore a levigare a mano, con la carta vetrata porte e mobili vari. Alla fine della giornata mi dolevano sempre le mani!
Non solo il lavoro era faticoso, ma avevo anche dovuto rinunciare ai miei cartoni animati preferiti: Vicki il vichingo, che la RAI aveva cominciato a trasmettere da poco.
Insomma quei due mesi di lavoro o meno mi bastarono per capire che quel mestiere non faceva per me e quindi rinunciai. Mio padre fu felicissimo; il suo sogno era vedermi studiare. Avrebbe voluto che anche mio fratello studiasse, ma lui proprio non ne volle sapere.
Quindi dopo la scuola, l'estate me la passavo a dormire fino a tardi; e così era anche per quell'estate del 1980; quell'anno poi avevo finito il primo anno di liceo, superato brillantemente.
Quando andavo a scuola, tutte le mattine mi svegliavo presto, ascoltando la radio che si accendeva automaticamente. D'estate, invece dormivo nella stanza dove c'era la televisione, che guardavo fino a notte; non avendo l'obbligo di alzarmi presto per andare a scuola, potevo guardare la TV fino a tardi.
Ovviamente la TV di quel 1980 era molto differente dalla attuale. A casa mia erano praticamente disponibili solo 3 canali. Ricordo il giorno dell'inizio delle trasmissioni della Rete 3, il 15 dicembre del 1979. Ricordo anche il gran parlare che si fece per l'inizio delle trasmissioni a colori nel 1977, ma a casa mia la televisione a colori è arrivata solamente nel 1982; quindi, nel 1980 la TV era in bianco e nero. Che festa il giorno dell'arrivo della TV a colori a casa mia, un televisore Grundig comprato con grandi sacrifici da parte dei mie genitori.
Ebbene quel 2 agosto 1980 era un sabato. Dopo essere stato svegliato dai miei genitori per passare il filo della corrente, tornai a dormire! Dopo di che mi alzai per accendere la TV. Ovviamente la mia televisione dell'epoca non aveva il telecomando, trattandosi di una Televisione Telefunken comprata nel 1967.
Anche di quel televisore ricordo i momenti in cui arrivò a casa mia. Venne sistemato in quella che sarebbe diventata in seguito la cameretta mia e di mio fratello. La TV arrivò nell'aprile del 1967; non era ancora nato mio fratello, che sarebbe nato a luglio di quell'anno e la stanza che avrebbe fatto da cameretta era completamente vuota; o meglio c'era la culla dove dormivo io; la TV arrivò un mese prima che compissi i due anni.
Quel televisore venne sistemato nella cameretta e tenuto come una reliquia; per guardarlo si spegnava la luce della stanza e si accendeva una lucetta sistemata sopra il televisore. Quando si smetteva di guardarlo, veniva ricoperto da un mantello appositamente confezionato su misura da mia madre. Insomma la reliquia andava protetta. Quel televisore in bianco e nero arrivato a casa mia nel 1967 funzionò fino al 1982, quando fu sostituito da uno a colori di marca Grundig.
Dopo la nascita di mio fratello e la sistemazione della cameretta, con due lettini, un comodino al centro tra i due lettini, un guardaroba che occupava tutta una parete ed una libreria, non c'era più spazio per la televisione che venne sistemata in cucina; la cucina era bella grande per cui non c'erano problemi di spazio. In realtà la TV venne sistemata in cucina perché si guardava soprattutto quando si mangiava: durante il pranzo si guardava il telegiornale delle tredici e trenta; poi, la sera si cenava sempre guardando la TV.
Finalmente, quando prendemmo l'abitudine di mangiare in sala da pranzo, anche la TV ci segui e venne sistemata in un angolo di fronte al quale c'era un divano letto che utilizzavo io d'estate per dormire.
La mattina di quel sabato 2 agosto 1980 stavo appunto dormendo su quel divano letto di fronte alla TV; mi alzai per accenderla e me ne tornai a dormire. Lasciai la TV accesa sul primo canale. In realtà non è che c'erano grosse possibilità di scelta: i canali a disposizione su quella televisione erano solo due e ruotando la manopola del sintonizzatore si riusciva ad accedere alla terza rete ed a qualche altro canale locale.
Mentre me ne stavo a letto, quel sabato improvvisamente arriva un telegiornale straordinario e la notizia della strage alla stazione di Bologna. Una bomba era esplosa all'interno della sala d'aspetto alle 10.25 in punto; l'emblema di quella strage sarebbe stato proprio l'orologio fermo sull'ora dell'esplosione. I morti furono 85 ed i feriti duecento.
Nel sentire la notizia, venni invaso da un sentimento di tristezza e di sconforto, misto a rabbia contro quei bastardi capaci di ammazzare tante persone innocenti, persone che si accingevano ad andare in vacanza, persone che stavano aspettando un treno, come è capitato tante volte a chiunque. In realtà quelle prime notizie parlavano di una esplosione generica, ma io immediatamente associai esplosione a bomba e strage fascista. Comunque nelle ore successive si profilò come l'impresa più criminale mai avvenuta in Italia.
Tra i morti anche vari bambini. La vita, i sogni, le speranze di tante persone cancellate in un attimo. La più criminale delle stragi fasciste in Italia avrebbe segnato per sempre anche la vita e le coscienze di tanti italiani. Io ne rimasi profondamente colpito. Ancora oggi a 35 anni di distanza penso intensamente con tristezza e rabbia a tutti quei morti, ai feriti, al dramma dei loro familiari.
Ogni volta che sono passato da Bologna mi sono fermato in raccoglimento sul luogo dell'esplosione; mi sono fermato a leggere i nomi delle vittime, a riflettere sulle vite spezzate, sui loro sogni, le loro speranze; tutte le volte che sono passato dalla stazione di Bologna ho pianto.
Ogni volta che aspetto un treno seduto in una sala d'aspetto di una qualsiasi stazione, il mio ricordo corre sempre a quella strage.
2 agosto 2008: 28 anni dopo la strage ero a Bologna
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