Giulia De Baudi, I giorni e le notti, 19/03/2016
Vedasi:
Ci dev’essere qualcosa nel pensiero dei religiosi, chessò, un istinto, una pulsione, una compulsione, che li esime dalla coerenza comportamentale e dall’unità ontologica. Per questi tizi timorati di dio la duplicità, l’incoerenza, la scissione tra pensiero cosciente, prassi di vita e realtà interiore è la norma.
Anni fa dovetti uscire dalla redazione di un giornale – che si definiva laico anche nel titolo – perché paragonavo i cosiddetti preti “controcorrente” a Starsky & Hutch, gli eroi della fortunata serie televisiva giunta sui nostri schermi alla fine degli anni ’70: poliziotto cattivo e poliziotto buono, in mezzo quello che va fottuto ad ogni costo.
I vari preti che mostrano un’alterità alla Chiesa ufficiale, dicevo, in realtà altro non sono che una longa manus invisibile della stessa e quindi sono funzionali al mantenimento dello status quo.
Quando scrissi l’articolo però non pensavo certamente anche ai rivoluzionari di Teologia della Liberazione, e invece …
I teologi della liberazione che negli anni delle dittature militari del Cono Sur cercarono di modificare il comportamento della Chiesa e liberare dall’ingiustizia sociale i popoli del Sudamerica e che per queste loro idee si scontrarono con le gerarchie ecclesiastiche, ora si schierano apertamente proprio con chi in quegli anni fu il loro più acerrimo nemico. Parlo di quel arzobispo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio che nel 2007, in Brasile, nel santuario mariano de Aparecida, fu decisivo per fare prevalere il primato della fede e della gerarchia ecclesiastica rispetto “riduzionismo socializzante” delle istanze terzomondiste. Mi spiego meglio: Bergoglio fu colui che a Aparecida sconfisse i teologi della liberazione, già falcidiati dalle bolle papali di Wojtyla e Ratzinger, relegandoli definitivamente a ruoli subalterni. Questo significò, ad esempio, il divieto di insegnamento nelle scuole e dalle università cattoliche dei religiosi terzomondisti legati a Teologia della liberazione.
Ma passa il tempo e nel luglio del 2013 (leggi qui) troviamo l’ex frate brasiliano Leonardo Boff, uno dei più autorevoli movimentisti di Teologia della liberazione, che cerca attraverso un’amica di parlare con l’ormai papa Francesco primero per chiedergli la riabilitazione di cinquecento teologi condannati dalla Chiesa negli anni della sovranità vaticana di Joseph Ratzinger e Karol Wojtyla, quello di “santo subito”. Questi due papi, che non ci pensavano due volte a sopendere a divinis teologi che non la vedevano come loro, non hanno mai gettato fuori dalla chiesa un prete pedofilo.
In quell’occasione, come risulta dall’articolo di Pagina 12, Boff dichiarò che «prima di essere eletto papa, il cardenale Jorge Bergoglio “era un adepto di uno dei versanti della Teología de la Liberación, che è la teologia della cultura popolare”.» (SIC)
Cioè, secondo quello che disse Boff , Bergoglio che pose la parola fine alla Teologia della liberazione era un adepto della stessa corrente teologica. Un vero “cortocircuito confessionale”. Per quello che prima parlavo di quella compulsione così presente nei religiosi che porta alla scissione del pensiero.
Oggi vengo a sapere che uno di questi gran rivoluzionari in sottana ecclesiastica sarà presente il alla commemorazione del 24 marzo, data dell’inizio del Golpe del 1976 in Argentina organizzata dall’associazione Basso di Roma.
Lui, il gran rivoluzionario, è Don Tonio Dell’Olio, responsabile internazionale di Libera ed ex coordinatore del movimento cattolico internazionale per la pace, Pax Christi, ed è anche portavoce e responsabile internazionale di Libera e membro del centro interconfessionale per la pace (Cipax) e della Tavola della pace. Di lui le cronache narrano che «ha sempre vissuto una vita fuori dagli schemi ecclesiastici. Oggi lavora con don Ciotti e non ha avuto remore a schierarsi dalla parte di Nichi Vendola, il presidente della regione Puglia, gay.» così recita un articolo di Pagina 43. Un gran rivoluzionario!
Molti non se lo sono chiesto, ma io mi sono chiesta cosa ci faccia in quell’ambito un sacerdote di quella chiesa che è stata mandante del genocidio argentino. Lo dicono le sentenze dei tribunali argentini.
Non andrò alla riunione perché sennò mi incazzo e perché gli urlerei in faccia: perché invece di consolare il popolo con le loro deliri post mortem e di blaterare di pace, non denunci apertamente i criminali in sottana sacerdotale e non chiedi alla Chiesa di aprire in Argentina i registri dei battesimi degli anni ‘76 – ‘83 per fare in modo di scoprire dove sono andati a finire i figli dei giovani argentini trucidati presi come bottino di guerra dai loro carnefici e fatti battezzare illegalmente da preti di merda nei commissariati, negli ospedali, e nelle parrocchie?
E per oggi chiudo qui … sennò mi incazzo.
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