Gian Carlo Zanon, I Giorni e le Notti, 16/04/2016
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Nel 1981 Julio Cortázar scrisse poche righe di un racconto mai dato alle stampe in cui si parlava di città costruita sopra un cimitero del quale non era rimasta nessuna traccia visibile. In questa città, costruita sull’annullamento, dopo qualche tempo gli abitanti cominciano a sentire i sintomi di una strana inquietudine: «Finalmente i più sensibili si rendono conto di abitare sopra la morte e che i morti a loro modo sanno come tornare, come entrare nelle loro case, nei loro sogni, nella felicità degli abitanti. Ciò che sembrava la realizzazione dell’ideale dei nostri giorni, cioè il trionfo della tecnologia, della vita moderna avvolta nell’ovatta dei televisori e dei frigoriferi, nell’abbondanza di denaro e nella autosoddisfazione patriottica, si sveglia lentamente nel peggiore degli incubi, nella fredda e viscida presenza di una maledizione che non si esprime con parole … ma tinge di un indicibile orrore tutto ciò che quegli uomini hanno eretto su una necropoli.»
Quarant’anni fa, il 24 marzo 1976, iniziava in argentina il terrorismo di stato che avrebbe cancellato un’intera generazione di giovani intellettuali in grado di cambiare la fisionomia del paese. Trentamila giovani sono “spariti”. Anche se questa potrebbe sembrare una strana affermazione, la loro “sparizione” è iniziata quando erano ancora liberi e vivi. La loro sparizione ha cominciato a prendere forma nella mente dei dirigenti delle corpotations americane e europee che volevano eliminare sul nascere la presa di coscienza sociale dei lavoratori argentini; la loro sparizione è stata fortemente creduta ineluttabile da parte della Chiesa cattolica impaurita dal fenomeno del terzomondismo clericale sudamericano che metteva in evidenza l’incoerenza tra il cosiddetto messaggio evangelico e l’oppressione subita dalle frange sociali meno privilegiate. I seguaci della Teologia della Liberazione pensavano che la liberazione dall’oppressione avrebbe sanato le società sudamericane in preda al disordine sociale. Per questo motivo i movimenti terzomondisti vennero considerati dalla gerarchia cattolica una pericolosa eresia. Per questo motivo la Chiesa cattolica chiese alle forze armate di cancellare i movimenti terzomondisti dall’area del Cono Sur e li rimpiazzò con le fedeli strutture dell’Opus dei nate in seno al franchismo. Ci sono le sentenze giudiziarie a conferma di quanto sto scrivendo. (leggi qui e qui)
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I militari argentini sono coloro che hanno concretizzato la “sparizione” di chi intralciava il“disegno divino” e la logica utilitaristica del capitalismo : hanno fatto materialmente sparire ciò che ostacolava i progetti dei mandanti. Come disse Videla loro fecero sparire chi «pretendeva cambiare il nostro sistema di vita, un sistema di vita inspirato giustamente in una visione cristiana del mondo». La “sparizione” è poi continuata nella mente di chi ha annullato e continua ad annullare questa storia orrenda credendo di poter farla sparire insieme ai desaparecidos.
A pochi giorni dall’insediamento del nuovo presidente argentino Mauricio Macri un avvocato, Guillermo Fanego ha denunciato la fondatrice delle Madres de Plaza de Mayo,Hebe de Bonafini, per “incitación a la violencia colectiva”. De Bonafini è stata accusata per aver chiamato la popolazione a una marcia per resistere alle politiche ultraliberiste del presidente Macri.
Sotto il braccio di ferro venutosi a creare tra il movimento delle Madres de Plaza de Mayo e la presidenza argentina si delinea la questione dei processi contro i torturatori e gli assassini del terrorismo di stato che tra il ’76 e l’’83 causò trentamila vittime scomparse nel nulla.
Processi che la stampa argentina, quasi interamente dalla parte dell’industriale/presidente Macri , esorta a chiudere parlando di “vendette private” garantendo così l’impunità ai genocidi. (leggi qui e qui)
All’alba del 31 dicembre scorso alcune persone inneggiando il presidente Macri hanno assaltato la radio delle Madres de Plaza de Mayo, picchiando l’operatore presente nello studio.
E questo è il segnale che le continue minacce di morte ricevute da Hebe de Bonafini non sono solo delle codardie telefoniche. «Dicen que me van a degollar» Ha detto ai giornalisti H.d. Bonafini.
Se volete potete andare a vedere il clima fascista che si respira nei commenti all’articolo che denuncia i fatti accaduti. (leggi qui)
L’associazione dei giornalisti Comunicadores de Argentina (Comuna) ha dichiarato che l’aggressione «non può essere slegata da altri accadimenti iniziati dal trionfo delle forze ora governanti», tra questi l’attacco cibernetico al giornale “Pagina12”, e alle altre minacce a giornalisti e pubblicisti colpevoli «de difundir informaciones y opiniones que no son del gusto del nuevo gobierno».
I cantautore Victor Heredia incaricato di diffondere la notizia ha scritto su Facebook. «Ho il cuore a pezzi, perché la democrazia non deve permettere questi fatti che credevamo sepolti nel passato».
Tutto questo accade a migliaia di chilometri da Hong Kong dove tre giorni fa è “scomparsa” un’altra persona della casa editrice “Corrente Poderosa”, di Hong Kong che pubblica libri vietati in Cina. Già ad ottobre il direttore, Gui Minhai, e due suoi collaboratori sono “scomparsi”. I libri pubblicati da “Corrente Poderosa” sono tutti volumi altamente scandalistici che narrano intrighi privati e politici della classe dirigente cinese che hanno spesso infuriato le autorità cinesi. Finora, la scomparsa di persone note per il loro operato politico inviso alle autorità centrali era cosa inaudita, ora però si inizia a “guardare da un’altra parte” . E questo ci riporta alla storia violenta dei desaparecidos argentini e sudamericani.
Tutto questo accade a migliaia di chilometri da Hong Kong dove tre giorni fa è “scomparsa” un’altra persona della casa editrice “Corrente Poderosa”, di Hong Kong che pubblica libri vietati in Cina. Già ad ottobre il direttore, Gui Minhai, e due suoi collaboratori sono “scomparsi”. I libri pubblicati da “Corrente Poderosa” sono tutti volumi altamente scandalistici che narrano intrighi privati e politici della classe dirigente cinese che hanno spesso infuriato le autorità cinesi. Finora, la scomparsa di persone note per il loro operato politico inviso alle autorità centrali era cosa inaudita, ora però si inizia a “guardare da un’altra parte” . E questo ci riporta alla storia violenta dei desaparecidos argentini e sudamericani.
Come scriveva Julio Cortázar, non si deve e non si può usare l’annullamento della scomparsa di migliaia di esseri umani come fondamenta su qui erigere città. Gli scomparsi, «a loro modo sanno come tornare, sanno come entrare nelle loro case, nei loro sogni, nella felicità degli abitanti». No, non lo possono fare perché prima o poi si sveglieranno al centro della più buia notte terrorizzati dal più viscido deli incubi che «tinge di un indicibile orrore tutto ciò che quegli uomini hanno eretto» sull’annullamento.
Racconti come Omnibus di Julio Cortázar (leggi qui), romanzi come Il paese dei ciechi di H.G. Wells (leggi qui) e Cecità di José Saramago, narrano cosa accade quando le società per perseguire il «trionfo della tecnologia, della vita moderna avvolta nell’ovatta dei televisori e dei frigoriferi, nell’abbondanza di denaro e nella autosoddisfazione patriottica»divengono anaffettive, annullano la realtà umana e reificano l’essere umano trasformandolo delirantemente in oggetto desanimato. Il passo successivo è quello di eliminare chi, non accettando la cecità anaffettiva, rivendica il valore della soggettività del proprio sguardo.
Come scrisse Horacio Verbitsky nell’introduzione del catalogo della mostra fotografica Ausencias di Gustavo Germano «Più che i processi penali, le inchieste giornalistiche e i saggi filosofici, è l’arte a rendere palpabile il vuoto lacerante che un’inspiegabile assenza provoca».
Spero che il “mai più” dipinto sui cartelloni e gridato nelle strade di Buenos Aires nei mesi successivi alla caduta della dittatura militare non si trasformi orribilmente in un “ancora” che nasconde l’ordine «si prega di chiudere “ancora una volta” gli occhi».
Spero che il “mai più” dipinto sui cartelloni e gridato nelle strade di Buenos Aires nei mesi successivi alla caduta della dittatura militare non si trasformi orribilmente in un “ancora” che nasconde l’ordine «si prega di chiudere “ancora una volta” gli occhi».
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