Attilio Folliero, Caracas 18/04/2016
Vedasi anche
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Lo scorso 13
aprile, la Federal
Reserve o FED, ossia la Banca Centrale degli Stati Uniti e la FDIC, l’Agenzia Federale per
la Salvaguardia dei Depositi Bancari, hanno emesso un comunicato congiunto riguardante la situazione economica
delle banche nazionali. Questi due enti nell’ambito della loro attività di vigilanza
sugli Istituti finanziari, prevista dalla legge “Dodd-Frank”, ogni anno studiano
i piani presentati dalle banche nazionali.
Mediante questo
comunicato i due enti hanno reso pubblico di aver trovato insoddisfacenti i
piani presentati da 5 delle principali 8 banche statunitensi, al bordo
dell’insolvenza.
Innanzitutto vediamo
cosa dice la legge “Dodd-Frank”. Il 21 luglio del 2010, il Presidente Barack
Obama ha firmato la cosiddetta legge “Dodd-Frank”, così soprannominata perché
proposta dal senatore Chris Dodd e dal deputato Barney Frank.
Questa legge è stata
emanata per regolare il sistema bancario statunitense ed evitare il caos in
caso di fallimento di grandi banche, come è avvenuto per la Lehman Brothers nel
2008. Questa legge, che ha rappresentato l’intervento statale più importante in
campo bancario dai tempi della Grande Depressione, è servita a riformare “Wall
Street” ed a proteggere il consumatore (Vedasi il testo della legge, in
inglese, nel sito della Casa Bianca).
In sostanza, la
legge “Dodd-Frank” prevede una serie di
strumenti atti a promuovere la stabilità e la trasparenza delle attività
finanziarie: proibisce le attività speculative per le banche commerciali,
separando di fatto le banche commerciali dalle banche d’investimento;
incrementa l’attività di vigilanza; impedisce il fallimento delle banche, troppo
grandi per poter fallire, attraverso aiuti di stato (trasferimento di denaro
pubblico), ecc..
Questa legge, che
prevede dunque un maggior controllo sulle attività bancarie, impone agli
istituti finanziari di redigere annualmente un piano d’intervento in caso di
crisi e fallimento. L’ultimo piano presentato dalla varie banche è stato
analizzato dalla FDIC e dalla FED ed il risultato dello studio di questi piani è
contenuto appunto nel comunicato congiunto, emesso lo scorso 13 aprile.
Tramite questo
comunicato congiunto, FDIC e FED hanno reso pubblico di aver trovato insoddisfacenti
i piani presentati da 5 delle principali 8 banche statunitensi, tutte sull’orlo
dell’insolvenza.
Le cinque
grandi banche USA sull’orlo dell’insolvenza sono: Bank of America, Bank of New
York Mellon, JP Morgan Chase, State Street e Wells Fargo.
Per altre tre grandi banche il giudizio non è stato unanime.
Infatti, solo la FDIC ha trovato non credibile il
piano di Goldman Sachs per la presenza di notevoli carenze in merito a quanto
previsto dal Codice fallimentare USA. La FED, invece ha trovato deficienze nel piano
presentato da Morgan Stanley. Entrambe le agenzie hanno segnalato le carenze
del piano presentato da Citigroup, anche se queste carenze non sono
assimilabili a quelle rinvenute nelle cinque grandi banche di cui sopra.
Le banche non
in regola hanno tempo fino al 1 ottobre 2016 per redigere un piano d’impresa
credibile e quindi mettersi in regola con quando previsto dal Codice
fallimentare USA.
Se qualcuna di
queste banche non riuscisse a mettersi in regola entro il termine previsto, gli
enti di vigilanza possono imporre restrizioni alla loro attività. Se dopo due
anni dall’avviso, una società bancaria non fosse ancora riuscita a risolvere i
problemi segnalati, le società di vigilanza, sentito anche il Consiglio
di Supervisione della Stabilità Finanziaria, FSOC per la sua sigla in
inglese (ente creato con la suddetta legge “Dodd-Frank” ed ascritto al Ministero
del Tesoro degli Stati Uniti) possono obbligare la banca a cedere alcune
attività o arrivare al fallimento concordato.
Nel suddetto
comunicato congiunto hanno annunciato anche che stanno valutando i pieni
presentati da quattro banche estere che operano in territorio USA, ossia Barclays
PLC, Credit Suisse Group, Deutsche Bank AG e UBS.
Dalla lettura del documento e dalle tante riunioni urgenti sostenute,
emerge chiaramente il panico che si respira alla Federal Reserve. Il fallimento
di una di queste grandi banche avrebbe enormi conseguenze su tutto il sistema
finanziario statunitense e mondiale.
Cosa significa sostanzialmente
questa situazione? Significa che una qualsiasi di queste banche sull’orlo del fallimento
può recarsi dal Governo e chiedere l’ennesimo salvataggio con denaro pubblico.
Il Governo non avrebbe
altre opzioni, appunto perché queste banche sono troppo grandi per fallire (se
falliscono trascinano nel baratro tutto il sistema) e quindi sarebbe costretto
a finanziarle, a salvarle ovviamente imponendo sacrifici e tasse ai
contribuenti.
A tali salvataggi
sarebbero chiamati non solo i contribuenti USA, ma anche gli stati europei e
quindi i cittadini europei, come già accaduto in passato (Vedasi nostro
articolo: “Obama chiama, l’occidente risponde”). Gli stati europei,
pur in crisi ed a corto di risorse, sono sempre obbligati a finanziare il
debito pubblico USA.
Che le grandi banche
stiano attraversando una grave crisi si evince anche dalle notizie diffuse
dalle stesse istituzioni bancarie in merito ai loro bilanci ed ai loro profitti
in calo.
Recentemente, JPMorgan
nel comunicare i risultati del primo trimestre 2016 ha annunciato un calo sia
per i profitti che per le entrate. Nei prossimi giorni anche tutte le altre grandi
banche comunicheranno i risultati trimestrali e probabilmente anche questi
saranno negativi, contribuendo a far salire la tensione alla Federal Reserve.
Intanto il
Governo di Obama sta contribuendo a creare un nuovo collasso nel settore
immobiliare, come annunciato
recentemente dal New York Post. L’Amministrazione Obama ha spinto gli istituti finanziari, tipo Fannie Mae e Freddie Mac, a concedere mutui ipotecari a condizioni inferiori
agli standard previsti; ossia al fine di incrementare la quantità di mutui,
hanno abbassato i criteri per la concessione e quindi i mutui vengono erogati anche
a persone con bassi redditi o entrate incerte e con grandi possibilità di insolvenza, creando
le condizioni per un altro crollo nel settore immobiliare.
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