Tito Pulsinelli, Selvas, 02/09/2016
Dall'ultimatum alla ritirata nel proprio feudo
La sfida di occupare Caracas e dare la spallata finale contro il governo legittimo è fallita. L'1 di settembre non si è trasformato nell'agognata svolta epocale ventilata dall'opposizione ai suoi seguitori. L'abituale discorso ambiguo e la tattica del doppio binario -formalmente legale alla superfice ma sempre contagiato da un minaccioso oltranzismo- stavolta ha mostrato tutti i suoi limiti. Non è riuscito a convocare la massa critica necessaria per catapultarla contro la sede presidenziale. Mentre i bolivariani si compattavano e sfoggiavano le loro forze, tuttavia ingenti, nella storica ed epica Avenida Bolivar della capitale, i loro avversari ripiegarono nel feudo tradizionale della "zona bene" dell'est di Caracas.
"Avevamo bisogno di mobilitare più gente e sapete che non siamo abbastanza per realizzare nessun obiettivo" dice Freddy Guevara -deputato e leader dell'estremista Voluntad Popular (VP)- rivolgendosi alle frange più radicali, ora preda della frustrazione. Le loro finalità erano quelle di sempre ma sono rimaste lettera morta. Non hanno potuto realizzarle perchè le forze di sicurezza pubblica hanno arrestato preventivamente un gruppo di paramilitares e vari personaggi in possesso di esplosivi e fucili di precisione.
Impossibile, quindi, la riedizione del copione dell'aprile del 2002: tiro dei cecchini sui civili disarmati e azioni terroriste contro la folla. Con l'amplificazione fornita dai media internazionali e gli anatemi delle ONG della catena di Soros, indispensabili per l'innesco di reazioni a catena. Questi sono gli ingredienti per la destabilizzazione su larga scala. Il ministro degli esteri D. Rodriguez ha denunciato che è visibile la filigrana USA in questa abortita messinscena.
Il Venezuela non è l'Honduras o il Paraguay, nemmeno il Brasile dove una congiura di deputati corrotti si sbarazza di una presidente legittimo. Il Venezuela ha all'attivo 15 anni di neutralizzazioni di mene golpiste di differenti fattura. Alla lunga, è risaputo che l'organismo sociale si immunizza, apprende a difendersi. E il manuale operativo golpista deve giocoforza diventare creativo, non meramente ripropositivo. Qui non funziona la leva del separatismo, delle frizioni etniche o religiose, c'è un blocco popolare con alta connotazione nazionale, poco incline alle sirene del modernismo che spazza via diritti sociali in nome del FMI.
I venezuelani vogliono risolvere i loro problemi in pace, senza interferenze straniere, di nessun tipo, senza i giochi sporchi di avventurieri finanziari, protesi a conquistare il potere politico per appropriarsi dei beni strategici della nazione. O a concederli alla multinazionali anglosassoni a cambio di modeste mazzette, come l'inqualificabile classe dirigente neocoloniale. Per i bolivariani, chi ha il potere economico non può appropriarsi anche del potere politico, e viceversa.
In altre parole, si è consumato un altro episodio della guerra tra l'elite globalista e l'universalismo finanziario contro l'alternativa concreta rappresentata dal progetto di sviluppo nazionale sovrano e multipolarità.
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