domingo, 1 de julio de 2007

Chavez, il potere è questione di famiglia (Omero Ciai, La Repubblica del 10/06/2007)

Omero Ciai, La Repubblica, 10/06/2007
CHAVEZ, IL POTERE È QUESTIONE DI FAMIGLIA

Sabaneta (Venezuela) – Il Presidente Hugo Chavez ha cinque fratelli. Adan, il maggiore, è ministro dell’educazione. Narciso, detto Nacho, è plenipotenziario, responsabile degli accordi di collaborazione tra il Venezuela e Cuba. Anibal è il sindaco di Sabaneta, un paesello nello stato di Barinas da dove proviene tutta la famiglia.

Per Argeny, il quarto, noto come “Colin Powell”, hanno inventato un incarico su misura: è il segretario di stato di Barinas. Adelis, l’ultimo, è nel consiglio di amministrazione di Sofitasa, una banca privata che gestisce fondi del governo. Il padre del presidente, Hugo de los Reyes Chavez, è il governatore di Barinas, la vera culla della rivoluzione bolivariana, come si legge in un manifesto elettorale dove Hugo in camicia rossa abbraccia il padre ed il fartello Anibal. 

Insegnante elementare in gioventù, famoso come “il maestro”, Hugo del los Reyes sposò Elena la bidella della scuola, madre dei sei fratelli, first lady e chiacchierata “zarina” di quella che tutti chiamano “la famiglia reale del Venezuela”. “Da quando la famiglia è arrivata al potere, nove anni fa, la signora Elena avrà fatto cinque interventi di plastica facciale, ha la scorta, il fuoristrada e un vagone di gioielli che sfoggia come un generale sovietico in pensione”, commenta Antonio Bastidas, un ex consigliere comunale oggi all’opposizione.

Bastidas è cresciuto con Chavez. Giocavano a baseball e andavano a pescare nei fiumi di questo che è uno degli stati ricchi del paese. Tanta campagna, pochi residenti: appena settecentomila. Bovini, polli, palme, tabacco, banane e zucchero. Terra d’agricoltori benestanti fieri di produrre “la carne più succosa d’America”. Negli ultimi cinque anni Bastidas ha presentato quattordici denuncie contro il governatore per abuso di potere e corruzione. Nei dossier l’impressionante salto di qualità nello stile di vita della famiglia. Nove anni fa vivevano tutti nella casetta di color ocra, oggi non fanno altro che ammassare incarichi e fattorie. Tremila ettari, secondo Cristina Marcano e Alberto Baretto, i biografi. 

A Barinas, capitale e Stato hanno lo stesso nome, si dice che i Chavez abbiano approfittato della riforma agraria per diventare latifondisti. Il gioco è stato semplice. Il partito, quello bolivariano, mandava i contadini poveri di altri Stati ad occupare le “fincas”, i terreni considerati troppo grandi o abbandonati e improduttivi, ma prima che arrivassero ad occuparlo un membro della famiglia – quasi sempre un parente di Elena – faceva un’offerta di acquisto a prezzi stracciati. Si dice anche che il presidente Hugo non sia affatto contento di quello che accade. Due smacchi recenti hanno complicato le relazioni in famiglia. Il primo è il nuovo stadio di calcio. Sta addosso all’aeroporto e lo vedi appena arrivi. I lavori in corso sono protetti da un enorme manifesto di cartone che dice: “Barinas, nuova sede della Coppa America”. Mancano quindici giorni all’inizio del torneo continentale ma per finire lo stadio non basterebbero tre mesi. Dopo il sopralluogo di rito la commissione Fifa ha deciso che il massimo potrà ospitare una partita delle eliminatorie, niente ottavi, quarti o semifinali. Troppo pericoloso. Siccome responsabile dei lavori è un fratello di Hugo, Adelis il banchiere, potete immaginarvi gli insulti che sono volati tra i due quando il presidente in missione familiare si è reso conto del disastro. 

L’altro grande bluff è il nuovo zuccherificio. Progettato da una équipe di tecnici cubani doveva entrare in produzione nel 2005 ma è tutto fermo dopo che la magistratura ha scoperto una rete di mazzette da un milione e mezzo di dollari. Ma Barinas è anche un boomerang: se a Caracas nei supermercati mancano il latte e la carne dipende dal fatto che qui agricoltori si rifiutano di vendere ai prezzi calmierati da Chavez. “Adan e Hugo stanno riprendendo a memoria quello che abbiamo imparato alla elementari”, dice Raul Rodriguez, un altro amico di infanzia dei Chavez passato all’opposizione. “Il nostro maestro José Ruiz Guevara, era comunista e di pomeriggio ci dava lezioni di socialismo. Credo sia per lui che loro impongono al paese modelli economici vecchi e fallimentari come il cambio fisso della moneta (uguale cambio nero) o il calmiere (uguale borsa nera)”. Però l’ostentazione della ricchezza è un difetto di famiglia. Elena si fa vedere con i vestiti firmati, i gioielli pacchiani e il suo cagnolino, “Caqui”, un Poodle.

Mentre Hugo – si deduce dal bilancio del palazzo di Miraflores – spende 250 mila dollari all’anno solo per scarpe e vestiti e sfoggia la sua collezione di Rolex d’oro. Nell’edificio de la prensa, l’antico giornale di Barinas, c’è Maria la colf. È l’unica “chavista” in tutto il palazzo. “Oggi – dice – lavo i pavimenti ma presto, grazie a Chavez, sarò avvocato”. Maria studia in una “misiones”, le scuole parallele, né pubbliche né private, inventate dai professori cubani di Fidel a cambio del petrolio venezuelano che annaffia l’isola del dittatore. Da qui passa il consenso. Chavez ha capito che c’era un’ansia di vendetta sociale tra i poverissimi di questo paese e l’ha acciuffata. Ora, nella sua marcia a tappe forzate verso il totalitarismo, la manipola come ogni caudillo, a beneficio proprio.
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