Vedasi anche: L'opinione di Joe Fallisi sulla morte di Pinelli
Giuseppe
(Pino) Pinelli nacque il 21 ottobre del 1928. Terminate
le scuole elementari, Pinelli dovette andare a lavorare, prima come garzone,
poi come magazziniere. Tuttavia
la conclusione degli «studi ufficiali» non lo allontanò dai libri e dagli
interessi culturali: lesse centinaia di volumi divenendo appassionato
autodidatta. È del periodo della Resistenza l'inizio della sua militanza
politica: fu giovane staffetta partigiana nella formazione socialista «Franco»
(delle Brigate «Matteotti»).
Si
avvicinò all'anarchismo nel 1952, frequentando una scuola di esperanto. Fu in
quell'occasione che Giuseppe incontrò Licia Rognini, che dopo pochi anni sposò.
Pino e Licia ebbero due bambine di nome Silvia e Claudia. Nel 1954 Pino vinse
un concorso ed entrò nelle ferrovie come manovratore. Nei primi anni Sessanta
alcuni giovani crearono il gruppo Gioventù libertaria; Pino, nonostante avesse
una quindicina di anni in più dei fondatori del gruppo, condivise l'esperienza
con grande entusiasmo rappresentando un punto di contatto fra i nuovi arrivati
all'anarchismo e i vecchi militanti.
Nel
1965 è fra i promotori del Circolo Sacco e Vanzetti di viale Murillo, circolo
che, nel 1968, si trasferì in piazzale Lugano prendendo il nome di Circolo
anarchico Ponte della Ghisolfa. In questa atmosfera ricca di stimoli e slanci
Pinelli si impegnò con grande generosità e capacità promuovendo diverse
iniziative (tra cui la Croce nera anarchica e la sezione Bovisa dell'Unione
sindacale italiana – USI) e creando occasioni di confronto fra lavoratori e
studenti.
Poi
giunse il dicembre del 1969, con la «strage di Stato» di piazza Fontana, la
montatura contro Valpreda e altri anarchici, il fermo «per accertamenti» di
Pinelli, la sua uccisione. La immediata e forte campagna di
contro-informazione, che coinvolse oltre agli anarchici anche parte della
sinistra extra-parlamentare e parlamentare, fece sì che larghi settori
dell'opinione pubblica non presero mai sul serio le versioni ufficiali (tra
loro per altro contraddittorie) del «suicidio» (polizia) e del «malore attivo»
(magistratura). La tragica morte di Pino diede luogo a vari libri e ispirò vari
artisti, dal premio Nobel (1997) Dario Fo, con la sua opera teatrale Morte
accidentale di un anarchico, al pittore Enrico Baj, con i suoi Funerali
dell'anarchico Pinelli.
Il
12 dicembre
1969 a Milano nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza
Fontana alle 16,37 scoppia una bomba che causa la morte di 16 persone e il ferimento
di altre 88. Nella stessa ora a Roma scoppiano altre bombe. Infine, nella Banca
Commerciale di Milano viene trovata una borsa contenente una bomba che in tutta
fretta, viene fatta esplodere eliminando una prova preziosa per le indagini.
Immediatamente, a dimostrazione di un disegno già preordinato, le indagini
senza alcun indizio seguono la pista anarchica. Il commissario Luigi Calabresi
già alle 19,30 (3 ore dopo la strage) ferma alcuni anarchici davanti al circolo
di via Scaldasole.
Nella
notte del 12/12/1969 sono illegalmente fermate circa 84 persone quasi tutte
anarchiche, tra cui Giuseppe Pinelli. Il lunedi 15/12 viene arrestato con
l'accusa di starge Pietro Valpreda, anarchico. Dopo più di tre anni di galera,
innocente, sarà completamente assolto. I giornali partono con una campagna
stampa di calunnia e denigrazioni sposando le tesi della questura.
La
sera del 15 dopo 3 giorni di continui interrogatori muore, volando dal 4° piano
della questura, Giuseppe Pinelli.
Aldo Palumbo, cronista dell'Unità, mentre
cammina sul piazzale della questura sente un tonfo poi altri 2 ed è un corpo
che cade dall'alto, che batte sul primo cornicione del muro, rimbalza su quello
sottostante e infine si schianta al suolo per metà sul selciato del cortile per
metà sulla terra soffice dell'aiuola.
Nella
stanza dell'interrogatorio sono presenti il commissario Luigi Calabresi, i
brigadieri Panessa, Mucilli, Mainardi, Caracutta e il tenente dei carabinieri
Lograno che saranno tutti per "meriti" elevati di grado. Il questore
Marcello Guida, nel 1942 uomo di fiducia di Benito Mussolini e direttore del
confino politico di Ventotene, già 20 minuti dopo, dichiara che il Pinelli si è
suicidato e che il suicidio è una ammisione di colpevolezza perché
"l'alibi era crollato".
Qualche
giorno dopo si scoprì che a mezzanotte meno due secondi (2 minuti prima della
caduta di Pinelli) venne chiamata un'autoambulanza. Inoltre, la stanza
dell'interrogatorio, larga 3,56x4,40 metri e contenente vari armadi e scrivania
e la presenza di 6 persone, rendeva impossibile uno scatto di Pinelli verso la
finestra. La stranezza fu che la finestra fosse aperta, trattandosi di dicembre
e di notte. Pinelli cadde scivolando lungo i cornicioni. Non si dette quindi
nessuno slancio; cadde senza un grido e senza portare le mani a protezione
della testa, come se fosse già inanimato.
Tutti
questi elementi raccolti in una controinchiesta portata avanti dai compagni e
dalle compagne portarono poi alla luce la verità, e cioè che Pinelli fu
assasinato.
"Noi
accusiamo la polizia di essere responsabile della morte di Giuseppe Pinelli,
arrestato violando per ben due volte gli stessi regolamenti del codice
fascista. Accusiamo il questore e i dirigenti della polizia di Milano di aver
dichiarato alla stampa che il suicidio di Pinelli era la prova della sua
colpevolezza, e di aver volontariamente nascosto il suo alibi dichiarando che
"era caduto". Gli stessi inquisitori hanno dichiarato di non aver
redatto alcun verbale edi interrogatorio di Pinelli, pertanto ogni eventuale
verbale che venisse in seguito tirato fuori è da considerarsi falso. Accusiamo
la polizia italiana di aver deliberatamente impedito che l'inchiesta si
svolgesse sotto il controllo di un magistrato con la partecipazione degli
avvocati della difesa." (da
un comunicato del USI)
Con
queste parole gli anarchici sintetizzavano la loro accusa nei confronti dello
Stato e dei suoi apparati, la cui natura intrinsecamente criminale e violenta
appariva evidente.
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