Che tempi memorabili quelli in cui un presidente russo prendeva a cannonate la sede del parlamento e poi mise all'asta tutto -letteralmente tutto- per quattro spiccioli. Era la vera e propria conquista dell'est per i globalisti. Per la modica spesa di 600 milioni di dollari, si aggiudicarono tutti i giacimenti, pozzi, condutture, raffinerie e stazioni di servizio dell'industria petrolifera. Una manna, e che simpatico quel Yeltsin, autentico eroe della democrazia elitista -versione etilica - che l'Occidente applaudiva fino a spellarsi le mani. Tempi virili, in cui i gagliardi “globalizzatori” sputavano anche nel piatto da cui si ingozzavano. Vendettero la pelliccia dell'orso prima di averlo abbattuto. I maestri del galleggio si accalcarono attorno al carro del vincitore per rinnegare la “pianificazione”. In tutte le contrade, sgomitavano i neofiti (di primo e ultimo pelo) del novello sacerdozio del liberismo totale del “mercato”, borse e banche.
Spolparono
quasi tutto, poi il “gran” Yeltsin passò a miglior vita. Non fecero in tempo a
dargli in premio Nobel. Si sa, sono sempre i migliori ad andarsene. Le vacche
ancora disponibili erano quelle più scheletriche. Inatteso come le sette
piaghe, però, arrivò un abominevole uomo delle nevi, un temibile tiranno
eurasiatico. Riprese a sventolare improbabili bandiere eretiche e
antimoderniste: sovranità, protezionismo, centralità dello Stato nell'indirizzo
della nazione, identità nazionale, economia mista. In più, una “assurda”
pretesa di mantenere separato il potere economico da quello politico. Ad ogni
costo.
Putin
aprì le porte delle carceri a coloro che -alla ricchezza generata da
delinquenziali privatizzazioni-volevano aggiungere anche il comando politico
della Russia, con la compra all'ingrosso di elettori e di tutti i media. Tra
Putin e i nuovi oligarchi venuti dal nulla, l'Occidente si schierò con questi
ultimi. E voltò le spalle al volgo, disprezzandone l'iperdonabile “populismo”. Mise in chiaro che democrazia si
coniuga perfettamente con mafie organizzate, se aprono conti nelle banche di
Londra.
L'ex
colonnello del KGB, strappando all'arbitrio dei “mercati” il controllo delle
risorse strategiche della nazione, generò i mezzi necessari per rinsaldare
l'intelaiatura post-sovietica. Mise fino al culto dell'ognuno per se e mercato
per tutti. Potè sostenere la domanda sociale di una popolazione data in pasto
alle divinità antropofaghe del “modernismo”. Riuscì a rinsaldare la coesione
sociale e il vigore del braccio armato, indispensabili per ogni progettualità
propria. I distributori automatici di coccarde e brevetti democratici
malcelavano lo stupore per il ciclo di +7% di crescita del sacro PIL.
Durante
l'olimpiade di Pechino, portò una risposta militare fulminante alle
provocazioni nel Caucaso da parte della Georgia, dimostrando che molta acqua
era passata sotto i ponti dopo la disintegrazione della Yugoslavia.
L'espansione abusiva della NATO verso est, nonostante lo scioglimento del Patto
di Varsavia, era finita. La complicità atlantista della classe dirigente
europea, con l'avallo dato a questo inganno, rinuncia all'occasione storica di
ricostituire una difesa propria. Andò a rimorchio, non riprese le redini del
destino geopolitico. L'ebrezza del neoliberismo è un lenitivo immediatista, risibile
rispetto alla negata funzione di ponte storico tra le Americhe e l'Asia,
Medioriente e Nordafrica.
Gli
europei non hanno il diritto di scambiare manufatti e tecnologie con l'energia
e materie prime russe. La proposta di un partenariato che apra la grande area
eurasiatica, va oltre la dimensione meramente doganale. Perchè dischiude
un'orizzonte di pace basato sulla coperazione di lungo periodo e la
complementarietà. Non c'è stata risposta al discorso rivolto in lingua tedesca
da Putin al Bundestang di Berlino.
L'Europa
finanziarista autorizzata da Washington, può solo intrupparsi nelle avventure
belliche imperiali, ultimo senile abbaglio di poter continuare a comandare su
tutte e ogni cosa del mondo. Tragico, nel caso italiano, quando ricava solo perdite
di forniture energetiche privilegiate e voluminose esportazioni in Libia, oltre
al secolare ruolo nel Mediterraneo.
Minacce,
ultimatum rinnovati e differiti, raggiri della “legalità internazione” e bizze
di varia indole non hanno piegato la Siria. La NATO non ha rischiato i suoi
aerei contro la inviolabile barriera di radar e missili forniti dalla Russia.
Il ripiego forzato su milizie noleggiate e feccia politica di avariata indole,
dice che il ricorso camuffato al
terrorismo endogeno e importato, non paga . Distrugge ma non controlla nè
addomestica. La fase propulsiva dell'espansionismo atlantista si è esaurita.
Infranta sulle porte di Damasco dall'ampio arco multipolare che va dal BRICS
alle 104 nazioni del Movimento Non-Allineati. La strada che porta a Teheran è
sbarrata e si addiviene a più ragioevoli e miti conciliaboli.
I
nemici sono tanti e la forza (bruta) è quel che è. L'armata russa sarà pure
obsoleta, ma ha livelli di eccelenza nel dominio dei cieli, in grado di
neutralizzare caccia e portaerei. Impossibile chiudere il mar della Cina per
controllarne l'unico sbocco e asfissiarla, e contemporaneamente mettere in
inginocchio gli ayatollah. Poi trasformare il mar Nero in un bunker
invalicabile che scacci Mosca dal Mediterraneo e dal Medioriente è proprio
una... roulette russa. Chi -nell'esercizio pieno delle facoltà mentali- può
credere che Washington (e l'entità-UE) oggi può sbaragliare simultaneamente
Russia e Cina, riavvicinate e confluenti?
Il
colpo di mano per cambiare il governo di Kiev è stato “facile” però non
garantisce il controllo dell'Ucraina. L'implosione innescata è inarrestabile,
anche con una Federazione o Confederazione, poichè gli Stati Uniti e Bruxelles
dovrebbero metter mano al portafogli per garantire il minimo di operatività ai
lacchè istallati in loco. Le sanzioni masochistiche, lasciano spazio alla
contromossa “economica” del Cremlino, che sposterà definitivamente l'asse
geo-economico verso l'oriente. Gli idrocarburi che non affluiranno più verso
l'Europa saranno ben ricevuti dalla Cina e India.
Ci
si può pure gingillare con la favola delle navi che trasporteranno il gas che
gli Stati Uniti estrarranno nel prossimo futuro. Quel che è certo è che
-comunque andrà a finire- le forniture russe saranno tagliate del 30%. E' il
prezzo per l'indecente collaborazionismo con il Pentagono.
Putin
dispone di una ulteriore ed estrema contromossa mossa sull'arroventato
scacchiere. Fornire all'Iran il sistema di difesa aerea SS-300 o SS-400 che
l'immunizzerebbe definitivamente da ogni minaccia di Israele, Arabia saudita e
NATO. Una svolta imprevista per i negoziati sulla regolamentazione dell'energia
nucleare, in cui l'unilateralismo degli atlantisti cozzerebbe contro un muro.
Da
tempo è in corso una guerra commerciale, monetaria, finanziaria, demografica,
culturale e mediatica. In alcuni casi c'è anche il ricorso ai mezzi militari.
L'elite europea si presterà ancora una volta a che gli Stati Uniti combattano
l'ennesima guerra fuori del loro territorio? Continuerà ad abboccare all'amo di
sanzioni contro paesi con cui Washington non commercia da trent'anni (Iran)? O
dove sono esposti in misura assai minore dell'entità-UE?
Il
masochismo non è più giustificato neppure dal livello dall'aumentata
subordinazione, ormai dilatata oltre i limiti angusti fissati dagli armistizi
del 1945. Yalta è morta, come pure l'unipolarismo. L'Europa deve risollevare la
testa e volgere lo sguardo altrove: esiste anche il sud e l'oriente, oltre e
contro il predatorio asse Atlantico sta avanzado il multipolarismo. Ritrovare
più spazi di autonomia e' possibile, mandando a casa l'attuale gruppo dirigente
sovranazionale. E' solo un'ombra del globalismo espansionista, approdato
all'ultima spiaggia militarista.
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Mi trovo d'accordo con il contenuto dell'articolo, ma Putin, non è detto che sia meno pezzo di ...... degli altri.
ResponderEliminarFa parte dell'élite pure lui.
Certamente Putin fa parte dell'elite pure lui. Il fatto di riportare articoli o scrivere articoli per esempio su Putin non significa che chi li riporta o scrive (come nel casod el sottoscritto) stia appoggiando PUTIN o i cinesi... La lotta del Proletariato deve dirigersi contro qualsiasi impero. La lotta di classe del proletariato non può e non deve appoggiare un "gruppo" di potere solo perchè si oppone ad un altro gruppo di potere, ossia non può e non deve appoggiare la Russia o la Cina perche questi si contrappongono allo strapotere statunitense.
ResponderEliminarInfatti non ho detto che lei lo appoggia.
ResponderEliminarMi riferivo al tenore dell'articolo che, sebbene implicitamente, sembrerebbe descrivere Putin quale paladino a difesa della classe proletaria (che io preferisco chiamare popolo).
Putin ha fatto delle scelte è vero, che sembrano andare a favore del popolo, ma è tutto da dimostrare. In campo economico le scelte buone (per il popolo) si vedono solo nel lungo periodo.
Aspetto di vedere e di capire, pertanto, quali siano state le motivazioni di fondo che hanno spinto Putin a questa scelta di politica estera.
Poi sono convinto che oggi parlare di lotta di classe contro gruppo di potere sia anacronistico perché , personalmente, sono profondamente persuaso (e la storia, sembrerebbe non darmi torto), che la natura umana non può che creare sistemi sociali a struttura elitaria, per una serie di circostanze oggettive così riassumibili:
1) la coesione dell’elite intorno a precisi interessi, contrapposta alla dispersione delle masse;
2) la naturale solidarietà e cooperazione dell’elite, scaturente dall’interesse comune, rispetto alla frammentarietà delle masse;
3) la competenza e la consapevolezza delle elite, rispetto alla inconsapevolezza e incompetenza delle masse;
4) la razionalità, la competenza e potenza di mezzi, altrochè l’accesso facilitato alle risorse, rispetto alla incompetenza e diversificazione degli interessi della massa;
5) la facile reperibilità nella massa, da parte delle elite e per ragioni piuttosto evidenti, di compiacenti servi (e fra i soggetti di questa tipologia è facile trovarne anche in questo sito).
Insomma a differenza dell’elite, la massa non è la mera sommatoria della razionalità e dei desideri dei singoli, da qui la sua facile governabilità e manipolabilità.
L’alto sviluppo della tecnica e la disponibilità degli strumenti scientifico-tecnologici poi, ha reso ancora più forte e irresistibile la “presa” dei moderni regimi, i cui rappresentanti, in buona parte, non sono l’elite (almeno quella che conta), bensì i servi di quest’ultima (come efficacemente descritto da qualche recente autore).
Insomma, per farla breve, c’è sempre qualcuno che comanda gli altri che, piaccia o no, obbediscono.
Questi ultimi, poi, possono essere più o meno consapevoli di obbedire, in buona sostanza, possono essere più o meno consapevoli di essere “schiavi”.