sábado, 14 de mayo de 2016

La situazione in Venezuela (Maggio 2016). Emergenza in Venezuela tra siccità, scarsità di cibo, guerra economica e improvvisazione delle politiche economiche del governo

Attilio Folliero, Caracas 14/05/2016

Yeimy del Carmen Gomez Gil (foto a lato) era la rappresentate (vocero) di un Consiglio Comunale (Consejo comunal) a Guatire, città dormitorio nell'estrema periferia di Caracas. E' stata vilmente assassinata da mafiosi che pretendevano controllare la distribuzione del cibo.

In Venezuela il cibo è diventato uno dei principali affari delle mafie organizzate, che ovunque lo rivendono di contrabbando, a prezzo enormemente superiore a quello normale. Un Kg di farina di mais marca "Juana", prodotto da una impresa statale ha un prezzo di vendita al pubblico di 19 Bolivares (Bs); il Bolivar è la moneta venezuelana. Al mercato nero, di contrabbando la farina di mais è venduta fino a 1.500 Bs il kg.

La scarsità di cibo in Venezuela è stata determinata da una serie di fattori, che sfortunatamente per il popolo hanno agito contemporaneamente: una terribile siccità che da oltre due anni colpisce il paese caraibico; la caduta internazionale dei prezzi del petrolio; un blocco economico non dichiarato da parte degli USA; l'abbandono del paese da parte di varie imprese internazionali; la "guerra economica" che porta avanti una oligarchia senza scrupoli che pur di riprendersi il potere politico sta letteralmente affamando il popolo; la corruzione; l'esportazione illegale dei prodotti alimentari verso l'estero, in particolare verso la Colombia; l'improvvisazione delle politiche economiche che il Governo ha delegato a Fedeindustria (l'equivalente della Confindustria italiana), il cui presidente, Miguel Ángel Pérez Abad è oggi il super Ministro dell'Economia.

Screenshot della pagina di FEDEINDUSTRIA con Miguel Perez Abad, Presidente del Consiglio di Amministrazione per il periodo 2014-2016

La siccità in Venezuela

Da oltre due anni il Venezuela è colpito da una terribile siccità, frutto del cambio climatico e dei ben noti fenomeni del niño e della niña; mentre altri paesi sono interessati da piogge intense, il Venezuela è vittima di questa terribile siccità; purtroppo è la seconda volta che si verifica nel giro di pochi anni. Nel 2010 fecero enorme scalpore in tutto il mondo le foto della diga Uribante Caparo, nello stato Tachira. La diga fu costruita nel 1984 con il fine di produrre energia elettrica. Per la sua costruzione rimasero sommersi 5 villaggi, tra i quali Potosí, il cui edificio più alto era il campanile della chiesa, che rimase completamente sommerso. A causa della siccità il livello della diga si abbassò progressivamente facendo emergere prima il campanile e poi una volta rimasta senz'acqua le rovine della chiesa e l'intera area dove era il villaggio. Nella sequenza fotografica il progressivo abbassamento delle acque di questa diga (Foto tratte da un articolo di Fidel Ernesto Vasquez).






La siccità che sta colpendo oggi il Venezuela è peggiore di quella del 2010, con la principale diga del Venezuela "El Guri", un bacino di 4.250 kmq, che presenta un livello delle acque molto al di sotto di quello medio. Qui sorge la centrale idroelettrica "Simon Bolivar", terza più importante del mondo per capacità produttiva, che produce il 64% dell'energia elettrica del Venezuela. 

A causa della siccità e dell'abbassamento del suo livello, il Governo del Venezuela per ridurre il consumo di energia ha decretato una serie di provvedimenti: incentivo economico alle utenze che riducono i consumi; sostituzione gratuita delle vecchie lampadine ad incandescenza con quelle a risparmio energetico; orario ridotto per gli uffici pubblici; l'orario normale di apertura degli uffici pubblici è dalle 8 alle 16, dal lunedì al venerdì, ma per risparmiare energia il governo ha decretato dapprima la chiusura alle 13, poi la chiusura totale il venerdì; durante le settimane più critiche gli uffici pubblici sono rimasti aperti solamente due giorni (lunedì e martedì); tutte le scuole, pubbliche e private, rimarranno chiuse il venerdì per tutto il mese di maggio; ai centri commerciali, grandi consumatori di energia elettrica, è stato imposto un orario ridotto di apertura; dato che tutto ciò si è dimostrato insufficiente di fronte alla criticità della situazione, a partire del 25 aprile è scattato il razionamento dell'energia: a rotazione turni di 4 ore senza energia, che in alcune zone più critiche arrivano ad 8 ore.

La situazione è talmente critica che il Presidente Maduro ha chiesto aiuto tecnico all'ONU. Tutto ciò, ovviamente ha influito anche sulla produzione di alimenti. I prodotti agricoli non crescono senza l'acqua e quindi anche la siccità ha influito sulla scarsità degli alimenti.

Venezuela vittima delle antiche politiche coloniali

Il Venezuela, ancora oggi sconta secoli di dominazione coloniale. In effetti, da tempo il Venezuela ha cessato di essere una colonia, ma è ancora vittima della politica coloniale. Vediamo perché. Il colonialismo e la politica della "divisone internazionale del lavoro" ha imposto ai paesi sottomessi la specializzazione nella produzione di un solo prodotto; al Venezuela venne inizialmente imposta la specializzazione nella produzione di cacao e caffè; a partire degli anni venti del secolo scorso, con la scoperta del petrolio, al Venezuela venne imposta la specializzazione nell'estrazione del petrolio. In questo modo un paese producendo un solo prodotto è costretto ad importare tutto il resto e queste importazioni provengono in massima parte dal paese che lo dominava, che è anche il paese verso cui esporta il prodotto in cui è specializzato.

In definitiva i paesi un tempo colonizzati, pur avendo raggiunto l'indipendenza, continuarono e continuano ad essere sottomessi alle potenze dominanti. E' per questa ragione che Chávez parlava della necessità di una seconda indipendenza.

Al Venezuela venne imposto di specializzarsi nell'estrazione dell'oro nero; ovviamente l'imposizione non fu indolore, con feroci dittature, che si susseguirono nel corso di tutto il Novecento, fino all'avvento di Chávez. Quando alle dittature si alternano regime democratici, in realtà sono sempre dittature, anche se mascherate, come è il caso dei regimi "democratici" della IV Repubblica in Venezuela; i 40 anni di finta democrazia (dalla caduta dell'ultima dittatura formale, quella di Perez Jimenez, il 23 gennaio del 1958, fino all'avvento al governo di Hugo Chávez, il 2 febbraio del 1999) sono una ennesima dittatura, con migliaia di avversari politici "desaparecidos" e assassinati.

Dunque al Venezuela fu imposto di produrre petrolio, esportato quasi interamente verso gli Stati Uniti e da cui importa la gran parte dei prodotti. Ciò ha determinato la dipendenza (totale fino all'avvento di Chávez) del Venezuela dagli USA. Non solo il Venezuela dipende dai prezzi del petrolio, ma dipende quasi totalmente dalle importazioni USA.

Con la caduta del prezzo del petrolio venezuelano, che in alcuni momenti è arrivato a toccare i 22 dollari al barile, si sono ridotte fino al 90% le entrate in dollari. Mancando i dollari, ovviamente il Venezuela ha potuto importare meno prodotti. Di qui la scarsità sul mercato venezuelano di gran parte dei prodotti e quindi l'alta inflazione.

Come abbiamo visto, il Venezuela è fortemente dipendente dalle importazioni USA. La scarsità di prodotti dipende anche da un altro fattore poco citato: un vero e proprio blocco economico imposto dagli USA; si parla spesso a livello internazionale del blocco economico statunitense verso Cuba, ma mai si cita quello verso il Venezuela. In realtà non si cita perché non è mai stato dichiarato apertamente! E' un blocco di fatto. Quando Obama il 5 marzo del 2014 dichiarava il Venezuela una minaccia insolita e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera degli USA impone di fatto anche il blocco economico o meglio lo incrementa a tutti i prodotti, visto che di fatto gli USA da anni avevano un blocco economico verso il Venezuela per quanto riguarda prodotti armamentistici e pezzi di ricambio per veicoli militari. Molti degli aerei militari ed altri mezzi in dotazione alle forze armate venezuelane di provenienza USA, oggi sono praticamente fermi a causa della mancanza di pezzi di ricambio; il blocco economico è scattato quando il Governo di Hugo Chávez si è avvicinato a Russia e Cina. Gli USA non solo hanno smesso di trasferire i pezzi di ricambio, ma hanno imposto tale blocco anche ai paesi alleati; qualche anno fa, imprese spagnole erano disposte a commercializzare col Venezuela, fornendo pezzi di ricambio per veicoli militari, ma dovettero desistere perché i pezzi contenevano brevetti USA.

Tale blocco economico dopo il decreto di Obama si è di fatto esteso a molti altri prodotti, determinandone la scarsità.

L'abbandono del Venezuela da parte di varie imprese internazionali

Numerose imprese hanno abbandonato il paese, a partire da quelle del trasporto aereo. Alitalia, Air Canada e Lufthansa hanno cessato i collegamenti diretti con Caracas; altre compagnie, come Air France e Iberia pur continuando ad effettuare un volo da e per Caracas hanno chiuso la sede in Venezuela, vendendo i biglietti solo tramite Internet ed in Dollari/Euro.

Le compagnie aeree assumono come scusa per abbandonare il paese i grandi crediti che vantano dal governo venezuelano: vendevano i passaggi aerei ai cittadini venezuelani in moneta locale, in Bolivar, ottenendo poi dal governo i dollari; il governo, però ad un certo punto non avendo più dollari, non ha più potuto trasferire dollari alle compagnie che quindi vantano crediti per centinaia di milioni di dollari.

Oggi, le compagnie con il permesso tacito del governo vendono i passaggi aerei internazionali con partenza da Caracas in dollari ed a prezzi notevolmente più alti rispetto al mercato internazionale; inoltre, essendo il dollaro acquistabile unicamente al mercato nero, il prezzo di un passaggio aereo in Bolivar è praticamente impagabile per la stragrande maggioranza dei cittadini; in definitiva un volo per l'europa con partenza da Caracas costa dai 3 milioni di Bolivar in su e dato che la stragrande maggioranza delle persone ha stipendi che non arrivano a 30.000 o addirittura a 20.000 Bolivares al mese, si comprende che sono ben pochi quelli che possono permettersi il lusso di prendere un aereo.

Ad abbandonare il Venezuela non sono solo le compagnie aeree, ma anche tante imprese produttive, come la FIAT, che aveva un proprio stabilimento in loco e da già da qualche tempo ha chiuso i battenti. La fuga di imprese straniere riguarda soprattutto quelle statunitensi, molte delle quali hanno già chiuso o hanno annunciato che chiuderanno. Tra le grandi multinazionali che negli ultimi anni hanno abbandonato il Venezuela, oltre alle citate imprese aeree, troviamo: Louis Vuitton, Bridgestone, Brahma (Birra), Wonder (settore tessile), Clorox (Prodotti per la pulizia), Pine-Sol (prodotti per la pulizia), EFCO (Metalmeccanica); molte altre, come Mead Johnson Nutrition, Marathon Petroleum (MPC), Coca-Cola, Halliburton, Ford Motor, Procter & Gamble, Zara ecc. hanno ridotto la produzione, annunciando che potrebbero abbandonare il paese.

In definitiva la produzione locale già di per se scarsa si è ridotta ulteriormente per l'abbandono di queste imprese. Bisogna anche aggiungere che l'abbandono del paese da parte delle imprese straniere rientra in realtà nella "guerra economica" scatenata dall'oligarchia venezuelana, che trova così nell'oligarchia internazionale un valido alleato. Insomma non sempre l'abbandono è giustificato da motivi economici.

La "guerra economica"

La "guerra economica" ha dunque un ruolo importante nella scarsità di prodotti, soprattutto di cibo. L'abbiamo analizzata tante altre volte (vedasi ad esempio nostro articolo "La carta igienica come strumento di pressione politica").

Riassumendo brevemente, con la morte di Hugo Chávez, nel 2013, l'oligarchia pensava di riprendersi il potere politico, dopo 14 anni. Nell'elezione presidenziale dell'aprile 2013 invece del suo rappresentante veniva eletto come Presidente Nicola Maduro. A questo punto si scatena la violenza di strada da parte dei simpatizzanti dell'opposizione e contemporaneamente l'oligarchia, che controlla gran parte della produzione, importazione e distribuzione dei prodotti, in particolare degli alimenti, lancia la "guerra economica", ossia riduce enormemente la produzione e distribuzione dei prodotti, specialmente di quelli alimentari, al fine di provocare profondo malcontento nella popolazione, dando ovviamente la colpa ad un governo inetto. Ovviamente l'oligarchia possiede anche i mezzi di comunicazione e quindi riesce a far passare facilmente questa idea nell'opinione pubblica.

Infatti, nel momento dell'elezione del Parlamento (6 dicembre 2015) il profondo malcontento verso il governo si trasforma in voti per l'opposizione, che ottiene la maggioranza assoluta dei parlamentari. 

L'obiettivo per l'oligarchia ed i suoi rappresentanti politici è perpetrare questa guerra economica, questa situazione di scarsità dei prodotti e quindi di malcontento della popolazione fino al momento del Referendum revocatorio del Presidente, previsto dalla Costituzione a metà del periodo costituzionale.

Insomma questa "guerra" è uno dei principali fattori che ha determinato la scarsità dei prodotti.

Oltre a tutti questi fattori ci sono anche altri che stanno incidendo, come la corruzione, l'esportazione illegale dei prodotti alimentari verso l'estero, in particolare verso la Colombia e l'improvvisazione delle politiche economiche che il Governo ha delegato a Miguel Ángel Pérez Abad, già presidente di Fedeindustria, come dire la Confindustria in Italia.

Le politiche improvvisate e contraddittorie del governo

Indubbiamente non si può tacere l'inefficienza del governo e le sue politiche improvvisate e contraddittorie. Innanzitutto va detto che spesso il Governo chiama il popolo ad affrontare la "guerra economica" e lottare contro l'oligarchia, ma poi dialoga e stringe la mano ai principali rappresentanti dell'oligarchia; tutti hanno visto in TV come il Presidente Nicolas Maduro incontrava e stringeva la mano a Lorenzo Mendoza, uno dei principali responsabili della mancanza di prodotti alimentari, oligarca ed uno degli uomini più ricchi dell'America Latina e del mondo. Forbes, per il 2016, lo ha inserito al posto n. 1.198 fra gli uomini più ricchi del mondo, con un patrimonio stimato in 1,5 miliardi di dollari; occupava il posto 690 nel 2015 e 446 nel 2014. Mendoza è proprietario di "Empresas Polar", la principale impresa di alimenti del Venezuela, che tra l'altro è al quarto posto tra le imprese che ha ricevuto più dollari dallo stato fra il 2004 ed il 2012. In questi 9 anni ha ricevuto dallo stato venezuelano più di 3 miliardi di dollari!

Stretta di mano fra l'oligarca Lorenzo Mendoza ed il presidente Nicolas Maduro

Riunione nel Palazzo Presidenziale di  Miraflores del Presidente Nicolas Maduro con i grandi capitalisti del Venezuela, fra i quali Lorenzo Mendoza

Il Governo di Nicolas Maduro si autoqualifica come socialista e antimperialista, ma poi mantiene forti relazioni con le compagnie imperiali; si dice anticapitalista ma poi vive nella assoluta contraddizione di stimolare il capitalismo, finanziando grandi imprese capitaliste.

Dal governo ereditato da Chávez e da importanti istituzioni dello stato ha cacciato alcuni dei principali ministri, collaboratori ed amici di Chávez, come Jorge Giordani, Edmée Betancourt, Héctor Navarro, Rafael Ramirez, Ana Elisa Osorio, ecc.. e li ha sostituiti con capitalisti, come appunto il citato Miguel Angel Perez Abad, a cui ha affidato la direzione della politica economica del governo; i suoi ministri praticamente quotidianamente dichiarano a favore dell'imprenditoria, della necessità di stimolare ed appoggiare la produzione delle imprese private; si dice socialista ed umanitario ma poi emana il Decreto legge n. 1.425 pubblicato in Gazzetta Ufficiale Straordinaria della Repubblica Bolivarina del Venezuela n. 6.151 del 18/11/2014 finalizzato ad attirare capitali stranieri, in particolare cinesi. Con tale decreto legge si istituiscono “Zone economiche speciali”, denominate “Zone di sviluppo strategico nazionale”; i guadagni generati dall’attività produttiva e commerciale di queste zone non confluiranno nel bilancio dello stato, ma saranno amministrati in modo speciale. Chávez ha dovuto vibrare una lunga lotta contro l’oligarchia per far in modo che i guadagni di PDVSA (l’industria statale del petrolio) confluissero direttamente nel bilancio dello stato e non fossero amministrati in modo speciale; ha subito un colpo di stato che lo ha estromesso dal potere per due giorni (11/13 aprile 2002) e quasi ci rimetteva la vita; adesso, il suo successore trasforma intere zone del paese in aree ad amministrazione speciale, i cui introiti non confluiranno nel bilancio dello stato.

Per favorire l’afflusso e l’esportazione di capitali, in queste zone sarà abolito il controllo del cambio; si potrà modificare l’aliquota della tassa sul reddito, l’IVA e le tasse d’importazione ed esportazione. Tra gli incentivi alle multinazionali che investiranno in queste zone è stato previsto anche un regime speciale e straordinario per la contrattazione dei lavoratori. Insomma le multinazionali che decideranno di investire in queste zone speciali del Venezuela oltre a pagare meno tasse ed imposte, potranno contrattare forza lavoro economica e da sfruttare come meglio credono, senza alcun limite.

Inoltre, sta per essere smantellata totalmente tutta l'impalcatura della politica economica di Chávez, che si reggeva sul controllo del cambio. Come segnalato sopra il responsabile economico del governo, l'impresario Miguel Angel Perez Abad ha annunciato che nei prossimi mesi sarà appunto abolito il controllo del cambio.

Infine segnaliamo un fatto sintomatico: mentre con Chávez tutte le iniziative venivano annunciate, comunicate al popolo attraverso la sua trasmissione domenicale "Aló, Presidente" e altre trasmissioni molto popolari come "Contragolpe" diretta da Vanessa Davies o "Dando y Dando" diretta da Tania Diaz e Alberto Nolia, oggi importanti iniziative vengono annunciate attraverso il sitio web di Fedeindustria o Globovision, come appunto la notizia dell'eliminazione del controllo del cambio. Va segnalato anche che molti di questi programmi, come i due citati sopra, sono stati chiusi e molti giornalisti a cui si rivolgeva spesso Chávez per i suoi annunci o che venivano citati, letti, presi in considerazione da Chávez hanno perso il posto che occupavano in TV, alla Radio o nella stampa.

In definitiva chi soffre a causa della scarsità di prodotti e della crisi economica è la parte più debole del popolo, i lavoratori dipendenti, il proletariato, ma anche una parte della classe media, dei commercianti che a causa della crisi e della forte riduzione dei consumi hanno visto ridotti i propri introiti.
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