Fonte: Libera Mente Servo, 05/02/2017
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Storie invisibili ma assolutamente vere, questo è l’orrore che accade ogni giorno intorno a noi. Per quanto sia facile, non è giusto ignorare le conseguenze delle nostre abitudini alimentari (e non solo), laddove a pagare sono sempre gli animali. Per favore, usa questo video per fare breccia nel cuore di chi conosci!
Fonte Video: Facebook Essere Animali
Testimonianza diretta di una studentessa in veterinaria, in visita ad un macello.
Italia, 2012
«Sono studentessa in Medicina Veterinaria, per noi sono previste esercitazioni e tirocini pratici in tutti i campi della veterinaria, non solo quelli relativi alla cura dei nostri cosiddetti animali d’affezione: tra questi c’è l’analisi e l’ispezione di alimenti di origine animale.
Per questo ci hanno portato al macello: per assistere alle fasi di macellazione, dallo stordimento fino al completo disassemblamento dell’animale e per insegnarci a fare una visita ispettiva su certi organi e parti degli animali macellati, in modo da escludere la presenza di eventuali patologie o trattamenti illeciti con farmaci che possono danneggiare la salute del consumatore.
Inizialmente avevo deciso di non andarci, non avevo molta scelta ma preferivo “faticare” a passare questo esame piuttosto che assistere all’uccisione di animali innocenti. Poi mi sono fatta coraggio e ho deciso di andare e di vedere in prima persona cosa succede, per sapere e per poter diffondere quello che ho visto e sentito.
In questo macello vengono uccisi circa 120 animali all’ora: 700 al giorno e quasi 120.000 all’anno.
Gli animali arrivano al macello trasportati su camion che penso prima o poi a tutti sia capitato di vedere in autostrada. Qui vengono fatti scendere e rimangono in attesa nelle “stalle di sosta“, dove possono rimanere al massimo 24 ore. In queste stalle gli animali possono solo abbeverarsi, non mangiare, perché altrimenti il contenuto stomacale potrebbe creare poi problemi igienici in fase di macellazione. Queste prigioni sono vicinissime al luogo di stordimento e uccisione, e gli animali possono sentire i rumori e i versi dei loro compagni che vengono uccisi.
Li ho guardati negli occhi ed è stato terribile sapere che entro pochi minuti quegli animali che stavo vedendo lì vivi sarebbero stati letteralmente smontati per finire sullo scaffale di un supermercato.
Uno per uno i maiali o i bovini vengono spinti da un operatore, che spesso si aiuta con un bastone che emette scariche elettriche, in un corridoio che li porta su una pedana dove vengono poi bloccati tramite delle transenne. I maiali vengono storditi tramite elettronarcotizzazione, cioè viene loro inflitta una forte scarica elettrica in testa: l’animale, ancora vivo, cade a terra, vicino a quello che è appena stato ucciso prima di lui e gli vengono tagliati i grossi vasi del collo per permettere al sangue di uscire mentre ancora il
cuore sta funzionando, cosicché l’animale muore per dissanguamento.
Mentre questo succede, l’animale, benché stordito, si muove ed è in preda a convulsioni e quello a cui toccherà poi la stessa sorte lo può vedere e può percepire la sua agonia.
Dopo la morte, i maiali vengono immersi in una vasca di scottatura a 60 gradi, che serve per rimuovere le setole (ma non tutti arrivano lì già morti …). Successivamente, vengono appesi e viene passata una fiamma sui loro corpi per alcuni secondi in modo da togliere i residui di pelo.
Da qui in poi ho assistito ad una vera e propria catena di smontaggio dove alla fine dell’essere vivente che provava emozioni e sentimenti non è rimasto che una carcassa fredda e dura, pronta per essere lavorata e diventare prosciutto, mortadella, salsiccia, lardo e quant’altro. I bovini invece vengono storditi mediante un colpo in mezzo alla fronte fatto con una pistola a proiettile captivo. Ho potuto vedere da vicino uno di loro, un vitello di circa 1 anno: aveva capito quello che gli stava per succedere e cercava in tutti i modi di evitare la pistola che gli avrebbe fatto un buco nel cervello. Ma anche per lui non c’è stato niente da fare ed è caduto a terra in pochi istanti, sotto gli occhi del suo compagno in attesa e sotto i miei occhi impotenti.
A questo punto è stato appeso per una zampa e l’ho guardato per l’ultima volta negli occhi ormai vitrei ma ancora vivi … e anche a lui è stata tagliata la gola.
Ho visto litri di sangue uscire e sgorgare a terra mentre lui finiva così la sua triste e breve vita. Anche lui, come tutti gli altri prima e dopo di lui, è stato scuoiato e fatto a pezzi. La sua pelle finirà nelle concerie, per fare le giacche, le scarpe o i divani in pelle che arredano le nostre case, la sua carne finirà nel piatto di qualcuno, a casa o al ristorante o a qualche grigliata tra amici. Mentre la sua testa e gran parte delle sua interiora verranno buttati in quei cassonetti che sono fuori dallo stabilimento … tante teste ammassate una sull’altra, senza pelle, con gli occhi aperti e con quel foro nel cranio che li ha portati via dal mondo.
Io non voglio fare il veterinario per lavorare in un macello. Voglio essere un veterinario che cura gli animali per salvarli, per farli stare bene e per far avere loro una vita bella, sana e che sia la più lunga possibile. Non voglio curare gli animali per far stare bene un allevatore e i dipendenti della sua azienda. Purtroppo tutto questo all’università e ai professori che ci insegnano il mestiere non interessa: il veterinario è anche e soprattutto questo e se vuoi far parte di questo mondo devi essere presente alle esercitazioni pratiche, come questa e come tante altre, e devi sostenere esami che ti insegnano le tecniche di allevamento e i metodi per macellare gli animali, indipendentemente dal perché tu voglia curare gli animali. Va bene. Per riuscire a fare quello che si vuole nella vita bisogna sempre andare incontro a degli ostacoli, grossi o piccoli che siano. Questo per me è un grosso ostacolo, perché niente e nessuno potrà mai cancellare dalla mia memoria quello che ho visto e sentito oggi e in questi anni di studio.
Rimarranno sempre nel mio ricordo gli occhi dolci e impauriti di questi animali sfortunati, nati per servire e per soddisfare i gusti e la moda di una specie ignobile di cui mi vergogno di fare parte. Ma dal momento che ormai queste cose sono impresse in me in maniera indelebile, voglio farne buon uso, a favore degli animali che sono morti oggi, di quelli morti ieri e negli anni passati e di quelli che moriranno domani e negli anni futuri … sperando che un giorno tutto ciò non esista più.
Ho deciso di condividere con chi leggerà le mie sensazioni, le mie sofferenze. E ancora di più di trasmettere a voi quello che ho visto e sentito, nella speranza che anche solo uno di voi apra gli occhi e si renda consapevole di cosa succede ogni giorno nel mondo, con la convinzione che anche una piccola goccia di acqua che si muove in senso contrario possa trascinare con sé altre gocce in un fiume in piena, fino ad invertirne il corso».
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