domingo, 15 de febrero de 2015

Alcune tesi sull’imperialismo e sulla questione siriana

Red Militant, 09/09/2013

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Come comunisti abbiamo il dovere di fare un’analisi corretta dell’imperialismo evitando di cadere nella semplificazione e negli slogan che caratterizzano tanta parte della cosiddetta “sinistra antagonista”. Altrimenti si corre il rischio di essere trascinati nella confusione teorica e politica, a rimorchio dei ciarlatani (più precisamente degli opportunisti) che tanti danni hanno fatto ai movimenti di lotta negli anni passati e nel più recente presente.
  • Oggi persino i fascisti parlano di antimperialismo e di solidarietà alla Siria. Che fare allora? Inseguirli affannosamente, distinguendoci da loro per numero di iniziative e quantità dei partecipanti? O per una analisi e per obiettivi politici radicalmente diversi dai loro?
  • Non è neanche corretto andare ad inseguire tutto quello che si muove, proprio perché per noi “il fine è tutto”, al contrario di Bernstein e degli opportunisti, vecchi e nuovi. In particolare i nostalgici della Costituzione, fuori dal tempo e dalla storia, non sono interlocutori credibili per la costruzione di piattaforme di lotta, intrise di parole d’ordine arretrate capaci di generare solo confusione e disorientamento.
  • L’imperialismo è sicuramente centrale e caratterizzante nelle vicende attuali, autentica chiave di lettura per orientarsi correttamente. Ma non nel senso che comunemente viene diffuso, quello dell’aggressione militare di uno Stato (USA) nei confronti di un altro (Siria).
  • L’imperialismo è un assetto economico materiale, non il mero dominio di uno Stato nei confronti di altri Stati. Chi non comprende questo ignora la lezione di Lenin, le ragioni fondanti della sua, attualissima, contrapposizione a Kautsky e le fondamentali implicazioni politiche che ne conseguono. Kautsky sosteneva che l’imperialismo era il riflesso della dominazione politica di alcuni paesi imperialisti su colonie e semicolonie che avevano perso l’indipendenza politica ed erano sfruttati economicamente. Lenin sosteneva, invece, che l’imperialismo era un fenomeno mondiale al di sopra degli Stati, un vero e proprio assetto che il capitalismo si dava per estendersi in tutto il pianeta. La lezione di Lenin ci chiarisce che non va fatta confusione tra indipendenza politica ed indipendenza economica. Autodeterminazione nazionale è l’indipendenza politica cui si giunge con la rivoluzione democratico borghese (indipendenza politica delle nazionalità oppresse). Molti paesi, politicamente indipendenti, sono economicamente dipendenti dall’imperialismo e questo problema si risolve – con Lenin – solo con la rivoluzione proletaria.
  • Nel corso degli anni gli opportunisti e i revisionisti hanno ricordato solo la prima parte dell’insegnamento di Lenin, rimuovendo, per comprensibili motivi, la seconda; hanno sposato la tesi di Kautsky – ma anche di tutto il pensiero liberale – per cui l’imperialismo era un dato politico e non economico. Sulla scorta di questo, ad esempio, nell’ultimo decennio, tanti hanno chiamato globalizzazione tutto ciò che fa parte del capitalismo moderno, cioè il mercato mondiale, le multinazionali, il debito internazionale, gli organismi di controllo planetario e imperialismo la politica di Stati imperialisti e quindi le aggressioni armate contro Iraq, Libia e, oggi, Siria.
  • Ne è conseguito che i vari Saddam, Gheddafi e, oggi, Assad sono stati elevati al rango di campioni dell’antimperialismo. Persino la Russia (o la Cina) vengono talvolta considerati una sorta di contrappeso all’imperialismo. E si potrebbe proseguire l’elenco dei travisamenti e delle sciocchezze.
  • Per quanto riguarda Assad in tanti si sono dimenticati (o ignorano) il carattere liberista della sua politica economica, con l’intensificazione dello sfruttamento da parte del capitale privato, la privatizzazione di banche ed assicurazioni, fino ad arrivare alla cancellazione del mistificante articolo 13 della Costituzione, redatto in funzione di ben altri equilibri internazionali nel 1973, dove si parlava, del tutto impropriamente, di “economia socialista”.
  • In questo senso condividiamo quanto scritto sia nella risoluzione del 22° seminario di Bruxelles, sia nel documento, recentemente sottoscritto dal KKE e da altri partiti comunisti, dove, giustamente, si esprime solidarietà al “popolo siriano” ma non alle fazione della borghesia siriana che fa capo ad Assad.
  • Riteniamo, inoltre, necessario rifuggire dalle illusioni di quanti propagandano, fuori dal socialismo, l’esistenza di modelli economici e sociali alternativi, nell’attuale quadro internazionale. Nel corso dell’ultimo decennio abbiamo visto nascere (e sfiorire) i modelli del Chapas e quello della Bolivia, solo per citarne alcuni, come esempi da imitare. Si è trattato solo dell’ennesimo fumo negli occhi perché l’alternativa si realizza quando si rompe con i rapporti di proprietà capitalistici, quando non si ruba più il plusvalore ai lavoratori, quando si opera per costruire il socialismo.
  • L’antiamericanismo non è garanzia, in nessuna maniera, di alternativa sociale, ma è funzionale, consapevolmente o inconsapevolmente, agli interessi di saccheggio di risorse e materie prime di sfruttamento di paesi satelliti che caratterizzano le altre potenze imperialiste con in testa Russia e Cina.
  • Conseguentemente per i lavoratori la differenza non è data dall’essere sotto il giogo dell’imperialismo a stelle e strisce o sotto quello del capitalismo locale ma sta nelle condizioni di vita esistenti, nella messa in discussione della proprietà. L’oppressione economica si contrasta con la lotta di classe per evitare la “rapina” dei salari e la guerra tra poveri.
La lotta antimperialista ha senso e portata costruttiva se è lotta contro il capitalismo in tutte le sue manifestazioni, a partire dalla lotta contro la propria borghesia nazionale. Oggi è centrale la parola d’ordine: il nemico è a casa nostra!
Costruiamo e rafforziamo la mobilitazione contro l’imperialismo, i suoi stati, i suoi governi, il potere economico che li caratterizza. Massima solidarietà al popolo siriano, contro le fazioni borghesi in lotta e gli imperialismi che li sostengono. L’unica alternativa all’assetto imperialista che opprime il popolo siriano è il socialismo.
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