Ruggero Rognoni, Partito Comunista dei Lavoratori, 05/02/2016
Ancora una volta un compagno viene brutalmente ucciso. Compagno è un termine legato alla coscienza, alla lotta di classe e alla militanza diventato per molti inusuale in questa ultima fase storica. Giulio Regeni aveva scelto il suo modo per essere un compagno e di esprimere la sua vicinanza alla lotta di classe e ai lavoratori. La sua vita di studente prima e di ricercatore marxista dopo è stata tutta protesa verso l’analisi e l’evoluzione dei movimenti operai. La sua ricerca l’ha portata direttamente sul campo, in uno dei luoghi dove la lotta di classe è più dura e difficile, l’Egitto.
Collaborava con il giornale il Manifesto e puntualmente arrivavano le sue analisi e i suoi reportage che venivano pubblicati sotto uno pseudonimo. L’hanno ucciso gli apparati di sicurezza egiziani del regime del generale Al Sisi che hanno cercato di camuffare poi quella che è stata un’esecuzione al termine di lunghe torture lo scorso 25 gennaio, anniversario della rivolta di piazza Tahrir.
Non è la prima volta. Si parla di 600 oppositori fatti sparire dagli “squadroni della morte”. Un anno fa veniva uccisa per la strada Shaimaa el Sabbagh, giovane giornalista e militante del partito egiziano "Alleanza popolare socialista”.
Giulio aveva appena inviato un articolo pubblicato dal manifesto sulla riorganizzazione dei sindacati indipendenti oggi in Egitto sotto il regime di Al Sisi. Un'analisi lucida e precisa che metteva in luce come la lotta di classe da parte dei lavoratori organizzati in quel paese sia ancora attiva e come covi sotto le ceneri di una repressione violentissima. Con queste parole terminava il suo pezzo:
“sfidare lo stato di emergenza e gli appelli alla stabilità e alla pace sociale giustificati dalla «guerra al terrorismo» significa oggi, pur se indirettamente, mettere in discussione alla base la retorica su cui il regime giustifica la sua stessa esistenza e la repressione della società civile."
Il regime di Al Sisi oggi è un alleato del governo italiano e del capitalismo occidentale. Basterebbe ricordare l’accordo commerciale sugli enormi giacimenti di gas egiziano da parte di ENI o gli otto miliardi di euro in interscambi commerciali con gli imprenditori italiani. Non solo, ma Al Sisi sarà la colonna portante del prossimo intervento occidentale militare in Libia.
La morte brutale di Giulio è un bastone tra le ruote per il governo Renzi che deve essere rimosso al più presto: non deve essere messa assolutamente in discussione l’immagine di questa alleanza strategica.
Noi sappiamo che il mandante di questo omicidio non ha altro nome che quello del capitalismo. La classe operaia egiziana sarà sempre di più organizzata, come Giulio ha messo in luce nella sua analisi. La lotta di classe in Egitto e nei paesi arabi del Mediterraneo non può essere fermata come hanno dimostrato le mobilitazioni delle ultime settimane dei giovani tunisini.
Non dimenticheremo Giulio Regeni, che ancora una volta ci ha mostrato che la lotta di classe è fatta di coscienza, passione e organizzazione, e che la vittoria del movimento operaio è sempre possibile.
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